PROLOGO: Salisgraveshire, Scozia nord occidentale

 

Il paese, oggi chiamato Cape Cliff, giaceva sull’estrema costa dell’isola britannica, a ridosso di un precipizio naturale battuto dalle più feroci e gelide correnti che il mare del nord potesse offrire. I suoi abitanti erano i più collaudati pescatori, che imparavano fin da piccoli che ogni cosa che venisse dalla terra o dal mare era un dono prezioso, conquistato solo perché ti era permesso da una madre natura tutt’altro che remissiva.

Da duemila anni, Cape Cliff era un paese riservato, ostile agli estranei, che solo periodicamente ammetteva nuovo sangue per prevenire la degenerazione della prole. I suoi affari erano vigilati, nel bene e nel male, da un’unica, continua dinastia che per solidità avrebbe fatto l’invidia di qualunque regale. Una dinastia che aveva dato il proprio nome alla contea.

I Salisgraves vigilavano dall’alto del loro castello -una struttura come nessuna, scavata nella roccia viva della costiera, dotata di un proprio faro e porto, l’unico punto d’accesso dal mare, nelle epoche in cui non c’erano che le barche per coprire le lunghe distanze.

Non che i Salisgraves, una dinastia che affondava le proprie origini in ere in cui la magia non era ancora tecnologica, non avessero mai disposto di altre forme di difesa.

Difese che, purtroppo, oggi erano entrate in rivolta.

 

“Miosignore miosignore miosignore! Ohh, checosaorrenta! Sta succetento stasuccetento, mio signore!”

Non fosse stato per la tragicità della situazione, l’atteggiamento trafelato, ipercinetico della creatura sarebbe stato addirittura comico, mentre correva e rimbalzava da una parete all’altra.

La creatura era una specie di incrocio fra un gargoyle e una lucertola, il corpo fatto di mercurio, fluido. Le pupille erano spalancate fino a riempire gli occhi di nero. Una lingue biforcuta penzolava dal muso a becco.

La creatura procedeva lungo un corridoio enorme, deserto, illuminato da bracieri posti alle pareti e nelle lampare pendenti dal soffitto. Era diretta a tutta velocità verso la solida porta in legno alla fine del corridoio.

La porta si aprì spontaneamente, e una figura umana iniziò ad emergerne.

La creatura serrò la mascella, e cercò disperatamente di frenare con le zampe –tralaltro scavando un solco orrendo nel tappeto con i suoi potenti artigli. Pur di evitare lo scontro con il suo padrone, finì con l’’appiattirsi’ contro il muro adiacente la porta!

Il padrone della creatura era un uomo di presenza degna della dinastia cui apparteneva –alto, atletico, i capelli neri e lunghi su una carnagione forgiata dal mare. Indossava un severo abito nero, azzurro e verde, i colori della casata, coronato da una corta mantellina che arrivava sotto le spalle.

Sir Victor di Salisgrave si aggiustò il monocolo dal bordo di zaffiro, e fece un sospiro alla creatura, che si stava goffamente mettendo in piedi, con un ebete ghigno di scuse. Il Conte di Salisgrave si era ormai rassegnato: il suo Pladex non sarebbe stato, caratterialmente, come quello dei suoi predecessori -per quanto sapesse svolgere bene il suo compito di famiglio.

Sir Victor si mise a camminare nella direzione da cui il famiglio era venuto, a passo sostenuto ma controllato, segnato dal suo bastone d’ebano il cui pomolo era una testa di unicorno –particolare curioso, zanne spuntavano dalla mascella della bestia. Il Pladex lo seguiva, agitato, ma lui non si fece coinvolgere; nel suo ‘mestiere’, la fretta era la peggiore consigliera. Persino la sua voce era controllata, clinica, nel critico giudizio. “Sono perfettamente al corrente degli eventi, Claudius. Sapevo che quegli inutili lupi non sarebbero riusciti, alla fine, a impedire il ritorno di Thulsa Doom.”

“Forse non è tutta colpa loro, signore. Forse...”

“I dettagli a dopo, Claudius. Adesso, lasciami esaminare il grado di gravità della situazione. Forse non tutto il male viene per nuocere.”

 

Per quanto, onestamente, a una prima impressione, sarebbe stato difficile dirlo. Di certo c’era, che di colpo l’intero castello sembrò accendersi di energia, energia che si condensò in una colonna luminosa fino al cielo!

 

VALERIO presenta

Episodio 1 – L’eredità Sterling

 

Montagne dell’Himalaya, India

 

Il villaggio non aveva un nome. I suoi abitanti lo consideravano niente di più di un insignificante assembramento ai piedi della più vasta catena montuosa del mondo. Un luogo dove espandere il proprio spirito, per i suoi abitanti. Un prezioso punto di rifornimento, per i pochi turisti che osavano sfidare quest’area –tornandone inevitabilmente sconfitti.

Questo turista era un’insolita novità, persino per gli ascetici abitanti del villaggio. Era giunto da solo. Non possedeva ramponi, chiodi o corde, ma solo uno zaino vuoto sulla schiena. Il suo abbigliamento era corretto, dato il freddo e la quota, ma era il minimo indispensabile. L’uomo cosiddetto moderno non avrebbe resistito un giorno.

Ma gli abitanti del villaggio sapevano che l’uomo giunto fra loro era un essere speciale. I suoi abiti erano talmente tesi sul suo corpo enorme, robusto, guizzante di muscoli, da sembrarvi dipinti. Ogni suo movimento tradiva una grazia innata, felina. I suoi occhi erano freddi, verdi come giade, in un volto esotico e mediterraneo.

Il capo del villaggio si avvicinò allo straniero. Uno scambio di brevi inchini, poche parole sussurrate in una lingua che solo gli abitanti delle montagne si tramandavano, poi lo straniero mostrò qualcosa nella propria mano. E, seppur riluttantemente, lo straniero ebbe il permesso di procedere.

 

La caverna era stata accuratamente sigillata con solide pietre, pazientemente saldate fra loro fino a formare una barriera che solo potenti esplosivi avrebbero potuto infrangere –e anche così, sarebbe stata una vittoria di Pirro, perché le vibrazioni avrebbero causato una frana tale da vanificare il tentativo.

Il capo del villaggio, un uomo anziano, vestito di una tonaca rossa tenuta su da un medaglione d’argento, rivolse uno sguardo allo straniero –invero, l’anziano sapeva che quel giorno sarebbe giunto, fin dal giorno in cui altri stranieri portarono lì colui che ora giaceva nella caverna.

Nessun altro avrebbe avuto solo il diritto di avvicinarsi alla caverna. Ma lo straniero conosceva la Parola, e l’oggetto che portava con sé non era un falso, non poteva esserlo.

Lo straniero, senza tradire emozione alcuna, senza alcuna ulteriore fretta nei propri movimenti, si avvicinò all’imboccatura della caverna. Allungò verso di essa la mano che reggeva l’oggetto al centro dei pensieri dell’anziano –un caudiceo, dove al posto del bastone c’era un lupo e al posto del serpente un drago dalle ali spiegate. Le code di entrambe gli animali si univano a cerchio intorno al loro abbraccio.

L’uomo appoggiò il caudiceo alla pietra. Forze arcane fecero brillare il metallo, e lo tennero fermo al suo posto.

L’uomo iniziò a mormorare. Nella magia, l’uso della Parola era fondamentale –conoscere il giusto nome e pronunciarlo correttamente era il fondamentale gradino per la composizione di un efficace incantesimo. E anni erano stati spesi perché l’uomo imparasse fino alla più sfuggente intonazione quel canto di grande potere...

La luce spontanea del caudiceo iniziò a brillare di maggiore intensità, mentre l’amuleto stesso iniziò ad affondare nella roccia, come fosse stato acqua assorbita da una spugna...fino a scomparire del tutto. Niente rimase ad indicare che fosse mai stato lì.

Improvvisamente, una dopo l’altra, lame di luce emersero da ogni singolo interstizio delle pietre! L’ostruzione della caverna sembrò esplodere un secondo dopo –ma le pietre, invece di schizzare in tutte le direzioni, rimasero a levitare placidamente, prima di ricadere.

Emerse dal buio della caverna, una fonte di luce a sé stante, un corpo di due metri dalla pelle dorata, luminosa, vestito di stelle e dalla folta chioma d’argento altrettanto scintillante e mossa da energie proprie.

Lo straniero si avvicinò al gigante. I nativi restavano indietro, a formare un semicerchio, tutti in reverente posizione in ginocchio.

“Salute a te, Nebulon, Uomo Celestiale.” Un inchino. “Il mio nome e Hector, e giungo a te in questo tempo di crisi perché il tuo potere possa soccorrere questo mondo in pericolo.”

Il risorto Nebulon squadrò freddamente il terrestre di fronte a lui. Le sue prime parole dopo il lungo sonno furono, “Cosa ti fa pensare che dovrei crederti? E perché la mia compagna giace ancora nel suo letto di morte?”

Hector ricambiò lo sguardo senza vacillare. “Nell’ultimo spasmo concessole dalla propria volontà, la tua compagna ha assorbito in sé quanto più possibile delle letali energie intese per entrambi. Non eri morto, ma l’incapacità di toccare la biosfera ti aveva precipitato in un coma simile alla morte. Il caudiceo che porti al petto ti rende nuovamente capace di usare i poteri che ti furono tolti. Il caudiceo è un dono della mia signora, che previde l’avvento della nuova invasione.”

Nebulon soppesò le parole, poi, “Parlami dell’invasione.”

“Non sarà necessario,” fu la risposta di Hector. “Basteranno i fatti.”

Come a comando, in quell’esatto momento, in mezzo alle montagne delle nevi eterne, si accese una stella!

 

Eli-Piattaforma dello SHIELD

 

“E’ in tutto il mondo, signore!” l’operatore era pallidissimo, mentre ascoltava quanto trasmesso la stessa notizia dai più disparati distaccamenti SHIELD.

Nicholas Fury non aveva bisogno, del resto, ne’ dell’operatore ne’ della mappa elettronica sullo schermo a parete, per averne la conferma.

Bastava guardare fuori dalle finestre, per capire la portata del fenomeno! Senza alcuno schema apparente, ma in tutto il globo terrestre, nuove stelle a terra nascevano una dopo l’altra. Erano piccole, non più grandi di un isolato, ma ognuna di esse brillava come il cuore di un’esplosione nucleare, troppo abbagliante per fermarvi lo sguardo, a meno di volere rimanere ciechi. La cosa strana (se si poteva ardire un simile aggettivo) era che alcune di essere apparivano singolarmente, altre a grappoli interi –come in Gran Bretagna. E su tutte, svettava la colonna di luce che dalla Scozia si lanciava verso l’infinito, come un faro malefico. E ogni punto era l’epicentro della propria tempesta; altrove, calma piatta!

Il computer si stava dando da fare, sfornando le ipotesi più improbabili. E una di esse fu trasmessa al palmtop di Fury. “Ley Lines,” mormorò. E, in un mondo che di stranezze ne vedeva quotidianamente, quella sembrava l’ipotesi più probabile. Le Ley Lines erano state ipotizzate nel 20° secolo da Alfred Watkins, un uomo d’affari dell’Herefordshire, quando questi notò quasi per caso un’ipotetica connessione fra i luoghi più antichi dell’Inghilterra su una mappa. La sua non era proprio una ‘scoperta’, ma la conferma di alcune filosofie che vedono vari punti del mondo connessi da un’invisibile ‘rete’ di energie. I più estremisti di tale corrente, addirittura credevano che la ‘rete’ fosse stata posta dagli alieni in tempi remotissimi...

Tutto un mare di cavolate, per Fury. Fino ad oggi. Il Direttore dello SHIELD si voltò verso un tecnico. “Quei punti luminosi interferiscono con la colonna di luce nella Scozia?”

“Negativo, signore.”

“Una qualche possibilità che siano connessi con quel casino che sta accadendo in Antartide?[1]” Ma era una domanda retorica, più volta a sé stesso.

“Direttore,” disse un altro tecnico, “l’ONU in linea. Erano in seduta plenaria quando è iniziato, ed ora chiedono spiegazioni!”

Poi, ci fu l’allarme! Luci intermittenti si accesero in una sezione della mappa olografica della piattaforma. “Direttore!” gridò qualcuno dall’interfono. “Direttore! La cella di contenimento 7E è stata distrutta! Il detenuto è scomparso!

Fury sbuffò fumo, digrignando i denti. Il detenuto in questione era il dottor William Allen. Magnifico! Che nessuno gli chiedesse che cosa pensasse del proprio lavoro, adesso!

 

New Orleans, Louisiana

 

Nel cielo, la tempesta stava crescendo di intensità. Ancora non pioveva, ma le nuvole erano una coperta, e c’erano fulmini luminosi da leggerci il giornale, senza contare un vento che presto avrebbe rischiato di strappare i tetti.

Ma questo avveniva fuori. All’interno della casa, l’unica occupante era preoccupata per ben altro.

Lo specchio rifletteva una donna ancora giovane, magra, scattante, dai capelli neri e tagliati alla mohicana, invece del ‘rasta’ a cui si era abituata. Il volto ovale era di qualcuno che le numerose, e non felici, esperienze non avevano visibilmente segnato –a meno di non volerla fissare negli occhi, trovandovi un acciaio da cui guardarsi.

La donna indossava un body nero, lucido, aderente come fosse stato dipinto. Vicino a lei, stava un tavolino su cui era adagiato un curioso assortimento di oggetti –orecchini, lenti a contatto di vari colori, gemme (sintetiche), gel, forbici, e soprattutto una siringa riempita a dovere di un siero incolore.

La donna si riguardò nello specchio. E si vide per quello che era.

Brutta. Poco importava, che avrebbe fatto sbavare più di un maschio umano, lei non si sentiva degna del proprio corpo! E dire che aveva sprecato il suo tempo a creare un harem degno di lei, a esaltare gli altri, quando doveva essere lei stessa, il soggetto delle sue ricerche!

La donna conosciuta come Dr. Nightshade prese la siringa. Si chiese se non ci fosse stata qualche contaminazione, nel preparare il siero. Teoricamente, dato il donatore, le trasformazioni avrebbero dovuto attivarsi solo con la Luna Piena, invece non sembravano esserci limiti al tempo o al modo...Lei ridacchiò –Dio, era stato così spassoso fare ‘bu’ a quella coppietta in pieno giorno!

Nightshade si puntò la siringa al braccio con mano ferma ed esperta. Al diavolo con la sua vecchia vita, nei prossimi mesi avrebbe avuto di meglio da fare, del tipo vivere.

Premette lo stantuffo. Dalla sua esperienza a Starkesboro[2], aveva imparato alcune cose. Primo, che il siero poteva essere reso stabile al punto di non essere aggredibile da alcun antidoto. Secondo, che i suoi soggetti si comportavano come degli invasati solo perché quel pazzo di Dredmund aveva fatto una specie di lavaggio del cervello generale. Ne era sicura: quando Jameson l’aveva iniettata, si era sentita lucida, non in preda ad alcun delirio animale!

Un’ondata di calore terribile la percorse da capo a piedi, insieme come ad una sensazione di avere cavi elettrici per nervi! Le era già successo, ma mai con simile intensità! Cadde in ginocchio, reggendosi l’addome. Il body venne letteralmente sfracellato dall’esplosione di muscoli coperti di pelliccia nera. Contrasse una mano, e i suoi artigli scavarono nel pavimento. Dalla gola, le uscì un verso che già non aveva quasi nulla di umano, e questo la fece sentire già meglio, mentre trascorrevano gli eterni secondi

verso la fine!

Quando si mise in piedi, ancora leggermente tremando, scosse con soddisfazione le triangolari orecchie nere, lunghe. Come aveva previsto, il body speciale si era rotto solo dove doveva. I capelli erano ora una cresta dai riflessi bluastri. Si reggeva su piedi/zampe digitigradi, bilanciata da una bella coda folta.

Sorrise con delle zanne lucide come marmo. Perfetta! Finalmente, aveva raggiunto la perfezione! E ora, l’ultimo tocco.

Allungò una mano al tavolino, prendendo uno ad uno gli oggetti di abbellimento –tutti tranne uno. Con tutti i ‘super’ in giro, non si era mai abbastanza prudenti!

Prima le lenti –una sola, quella rossa, sarebbe bastata.

Poi gli orecchini: le scapparono dei gridolini, mentre si perforava le orecchie con gli artigli, ma ne sarebbe valsa la pena.

Per terminare, la ‘gemma’. Quel capolavoro di nanotecnologia le era costato un occhio, faceva meglio a non deluderla!

Si rigirò davanti allo specchio, una pin-up molto speciale...Quando se ne accorse! I suoi sensi, ovviamente, erano molto più potenti, ma ad essi non aveva badato, persa negli atti di vanità. Adesso Nightshade si girò, assalita dall’odore che riempiva la stanza!

L’odore era più forte in direzione dell’angolo d’ombra –un angolo che adesso era visibile come fosse stato giorno. Eppure, com’era possibile che non ci fosse...

“Bù!”

YELP!” Nightshade fece un salto che quasi la mandò a sbattere contro la parete opposta. Come aveva fatto a venire dietro di lei così in fretta?!

L’intruso era un’altra donna. Un altro esemplare fisicamente perfetto, dal volto affilato, incorniciato da una folta capigliatura nera e bianca, con quegli occhi dalle pupille rosse come gocce di sangue. Più che un costume, indossava un abito rosso e nero, dalle spalle scoperte, con una splendida collana d’oro che terminava in un pipistrello pure d’oro. Coronava il tutto una mantellina nera semisbrindellata.

La ‘donna’ sorrise, mostrando un lampo di canini un po’ troppo lunghi, e applaudì. “Milady aveva ragione, dunque,” disse con una voce che sembrava uscita dritta dall’oltretomba. “E io stessa sono impressionata, mortale: pochi della tua specie hanno il coraggio o il desiderio di affrontare spontaneamente un simile cambiamento. Andrai benissimo.”

Di riflesso, Nightshade ringhiò. “’Benissimo’ per cosa, tu...” e come la chiamava? Per un uomo, non avrebbe avuto odore, ma per la neo-licantropessa puzzava di qualcosa di atroce, come fosse stata morta e sepolta...Le si abbassarono le orecchie. “Oddio.” Le venne voglia di nascondersi da qualche parte, rintanarsi –quell’essere era l’antitesi di tutto ciò che c’era di buono nella vita..!

La ‘donna’ si avvicinò, i tacchi sinistri sul pavimento. Passò un dito, sensualmente, sotto la gola impellicciata. “I tuoi sensi ti dicono il giusto, dolcezza: mi chiamo Lilith, e sono un vampiro. E, per quanto detesti ammetterlo, io...noi abbiamo bisogno anche di te.”

Nightshade era a un passo dal farsela addosso. Quasi per caso era finita a studiare scienza, da ragazza, per sfuggire al caos dei racconti di magia che la sua famiglia si tramandava da generazioni. Era diventata il Dottor Nightshade per potere controllare la propria vita, lontana dalle superstizioni...o per piegarle ai propri voleri, come per la creazione dei licantropi. Per questo aveva poco apprezzato l’alleanza con Dredmund. Con la magia non voleva avere a che fare, nossignore!

E quell’essere era l’incarnazione di tutti i babau di cui non si era ancora liberata! “Cosa...vuoi...”

Lilith si allontanò. Andò al tavolino, studiando distrattamente le lenti a contatto. A riprova della sua natura, lo specchio non rimandava immagini di lei. “Una donna che...rispetto molto, ultima discendente di una stirpe così antica da avere fatto affari con Diablo  e il mio ‘caro’ padre Dracula, ha in qualche modo previsto questo giorno, l’avvento di un Male così antico e profondo da spingere persino me ad allearmi con dei mortali per fermarlo.”

Nightshade seguì lo sguardo di Lilith verso la finestra...Dio, doveva essere cotta forte per non essersene accorta prima. In distanza, fra le paludi, brillava una luce brillante come il sole! E nel cielo, la tempesta senza pioggia era un fulminante turbinare di nuvole liquide come acque.

La mannara ansimava. Stava tutto succedendo troppo in fretta –sì, aveva sentito qualcosa di sfuggita alla radio, nel pomeriggio. Qualcosa riguardo a un tremendo terremoto nell’Antartide...Ma cosa c’entrava..?

Si sentì prendere una mano/zampa in quelle fredde di Lilith. Potevano sembrare mani delicate, ma la loro fermezza era indiscutibile. “Non possiamo perdere altro tempo. E scegliere è un lusso che non ci si può permettere, adesso.”

 

Boston, Massachusetts

 

A+B=C

Per quanto discutibili possano essere le definizioni di ‘C’, quando si parla di magia, l’equazione resta. Causa ed effetto.

La lapide senza nome sovrastava una tomba scavata di fresco, vuota. La pioggia battente già aveva trasformato la tomba in una pozzanghera macabra.

Una vita fa, l’uomo in piedi davanti a quella tomba ne aveva commesse, di nefandezze. Abbandonare suo figlio era stata la più leggera. Era stato mercenario, assassino, supercriminale...E ancora non bastava, non era sceso abbastanza in basso.

La causa. Una vita fa, i demoni avevano invaso Manhattan. La realtà era impazzita, l’anarchia imperava assoluta.

Per Phillip Jason Macendale, che all’epoca già indossava i panni di Hobgoblin, era stata nient’altro che l’ennesima opportunità di aumentare il proprio potere.

Fare un patto con il capo di quei demoni gli era sembrato poco più di un altro affare...Fino a quando non era stato trasformato egli stesso in un demone.

A tutt’oggi, non aveva parole per definire l’orrore della sua condizione. Non durò molto a lungo, ma abbastanza per farlo impazzire, focalizzare ulteriormente il suo odio per il suo vecchio nemico, l’Uomo Ragno. Alla fine si liberò del demone, convinto di essere guarito dal ‘dono’ di N’astirh.

L’effetto. Era diventato immortale -fantastico, vero? Uno crede che sia il sogno di ogni essere umano, sfidare il tempo per sempre...Macendale fece una risata strana, quasi un singhiozzo, subito ammutolito dalla pioggia.

L’effetto. Per rinascere, doveva morire. Ovvio, naturale.

Mostruoso. Una volta era bastata, tante grazie! Aveva ancora dei soldi, fondi segreti...Una bella casa in qualche isola lontanissima da tutto...

“Contemplare i giorni, andare verso la vecchiaia, morire, e rinascere ancora, e attendere la nuova morte. Consapevole, di ogni vita, mai benedetto dall’ignoranza. Incapace di dare un senso a un ciclo vitale aberrante. Sicuro di volersi rinchiudere in un simile, marcio guscio, signor Macendale?”

Macendale si voltò, per incontrare la figura di Hector, che stava sotto un ampio ombrello, vestito della familiare uniforme da autista. “Ho un’offerta valida per lei, signor Macendale.”

 

Hotel CarBest, sull’autostrada 66, Arizona.

 

Un fulmine, se possibile ancora più potente di quelli che già illuminavano a giorno la notte fece tremare i vetri più forte del solito. Gli allarmi di tutte le auto parcheggiate si decisero ad unire il proprio lamento al vento.

Ma la tempesta, la cacofonia delle auto, le grida allarmate dal corridoio di alcuni clienti –niente di tutto questo riguardava l’uomo sdraiato su un letto singolo, che aveva visto tempi migliori.

L’uomo era caucasico, se ci si voleva fermare ai capelli tagliati corti e alla pelle. Ma il suo volto, i suoi lineamenti, tradivano la percentuale di sangue indiano. L’uomo stava sdraiato così da quando si era messo a letto, ore prima, le braccia incrociate dietro la testa, a contemplare il soffitto come fosse stato uno schermo cinematografico.

La sua tribù lo chiamava ‘destino’. E lui lo aveva scritto nel nome.

Secondo quei vecchi bacucchi!

E lui non era stato da meno, naturalmente! Si era fatto addirittura addestrare, trascinare come un ormonedipendente di fronte alla top majorette!

Zachary Moonhunter, cacciatore di lupi mannari. Ragazzi, che stronzata!

Oh, sicuro, lui era il top. Si era impegnato, tanto impegnato che quel gran puzzone di Dredmund se lo era preso sotto i propri artigli. “Il lavaggio del cervello è compreso nel prezzo, Sig. Moonhunter, non per sfiducia, sa, ma perché temo che lei possa ripensarci.” “Oh, certo che va bene, in fondo stavo appena appena cominciando a dubitare di mio della mia ‘santa’ missione, sa, Doc? A proposito, avrò una macchina dell’azienda?”

Moonhunter lanciò uno sguardo alla valigia adagiata sul piccolo tavolo nella stanza. Per la prima volta, il suo contenuto gli fece paura –lo aveva dato per scontato fin da ragazzo, anzi trovava divertente che quella roba fosse sempre con lui, come il martello di Thor.

Moonhunter chiuse gli occhi. Nella sua mente poteva sentire il sangue accumularsi in pozze sul soffitto, cadere prima in gocce, poi in spessi, oleosi rivoli sul suo corpo e tutto intorno a lui. Sangue innocente, sparso in nome dell’orgoglio e del pregiudizio, il sangue dello Stige.

Era stato ingannato, ma aveva importanza? La colpa restava.

Una cosa era certa. Il suo livello di attenzione non era calato, così come i suoi riflessi. Prima ancora di riaprire gli occhi, improvvisamente, Moonhunter stava già contemporaneamente mettendosi seduto, facendo saettare il pugno verso l’intruso –doveva comunque fargli i complimenti, per essere riuscito a sgattaiolare*

Una mano coperta di pelliccia maculata lo afferrò saldamente per il polso.

Moonhunter finì di aprire gli occhi, per incontrarne un paio di giada, dalle pupille a fessura. Un lampo tremendo riempì la stanza –il sistema elettrico dell’albergo ormai fuori uso a causa della tempesta- e il cacciatore vide il predatore. Era avvezzo ai mannari, quindi anche un uomo-leopardo non era poi così nuovo, anche se gran parte del suo corpo era coperta da un costume blu. L’essere era atletico, un fascio di muscoli scattanti, e trasudava sicurezza di sé.

L’essere lasciò la mano di Moonhunter. Con una voce insolitamente dolce e ferma insieme, con un sottofondo come stesse facendo le fusa, l’essere disse, “Io sono Tagak, e sono qui perché c’è bisogno della tua opera, Zachary Moonhunter.”

Hunter si massaggiò il polso –cavolo, quel tizio aveva una bella presa! “Sì? Sai, micio, sono appena diventato un pensionato-baby. Disoccupato. Demotivato. Entiende? Però, se tanto ci tieni, puoi trovarti un altro pollo e dargli i miei giocattoli. Mi faresti un...”

Tagak andò a prendere la valigia che il cacciatore gli stava indicando. La afferrò...e la lanciò al proprietario!

Moonhunter la prese al volo, e tale fu l’impatto che fu sbattuto contro il muro. “Dico, capo, sei..-Gulp-?”

Tagak si mise muso-a-faccia con l’uomo, le zanne leggermente scoperte, le narici frementi. “Non è mia abitudine essere brusco, umano. Ma la posta in gioco va molto al di là dei tuoi piccoli desideri. L’Interregno vive di esseri codardi, e se tu ti provassi essere uno di essi, ti ucciderò piuttosto che lasciarti diventare loro servo. Chiaro?”

Moonhunter non ebbe bisogno di farselo ripetere. Primo, perché non era un codardo, e secondo perché era stanco di spargere sangue, e terzo, se quel tizio fosse stato dei cattivi, lui non starebbe più respirando.

Moonhunter aprì la valigia, rivelandone le componenti in lega d’argento di un’armatura, oltre a un vasto assortimento di armi. Lanciò una breve occhiata alla porta e alla finestra, che erano ancora chiuse. “Solo per curiosità, micio: da dove sei arrivato? Teletrasporto?”

Tagak fece un cenno verso il grande specchio. “Da lì sono venuto, e da lì andremo.”

Moonhunter fece una mezza smorfia. Capitavano tutti a lui!

 

Cape Cliff

 

Era uno spettacolo tremendo e bellissimo. La colonna di luce era avvolta da una spirale di acqua, come se il mare del nord volesse unirsi alla luce verso l’infinito. E il cielo stesso faceva la sua parte, contribuendo con fitti strati di nuvole e fulmini.

Ma quello spettacolo era un canto di morte. La colonna era la sola...per adesso. Quando non fosse più stato così, il Secondo Avvento si sarebbe compiuto!

 

L’uomo stava lì, nel cielo, sfidando la tempesta soprannaturale seduto sul suo nero destriero. Il cavallo agitava le sue ali rettiliane, ed emise un verso a metà fra il nitrito ed il ruggito, spalancando una bocca irta di zanne.

Dreadknight passò una mano fra la criniera del suo fido animale. Presto, gli altri sarebbero arrivati, e toccava a lui spianare la strada...

 

Episodio 2 - Il cuore di questo male antico

 

I: Palazzo dei Vendicatori della Costa Ovest, Los Angeles, California

 

“121…122…123…Nngh!”

Il dolore arrivò all’improvviso, inaspettato, intenso.

La gigantessa di giada lasciò cadere i pesi, la cui massa andò a scavare due nuovi fori nel pavimento rinforzato, mentre lei cadeva in ginocchio, il volto contorto dalla fitta. She-Hulk si sentì fortunata, ad essere sola in palestra, in quel momento. Per più di una ragione.

Odiava trovarsi in imbarazzo era una. La meno importante.

Ansimando, la donna si portò una mano al collo, da dove il dolore era partito…E fu sicura di sentire il proprio cuore fermarsi, per un secondo, nell’avvertire il calore, al contatto!

Non aveva bisogno di uno specchio, lo sapeva. In quel punto, c’era…

 

II: Chiesa Cattolica dello Spirito Santo, New York City

 

Tandy!

La giovane donna bionda, nel suo costume di un bianco immacolato, con uno spacco anteriore riproducente un pugnale, era nota ai più, ormai, come Dagger, del team paranormale Cloak and Dagger. E Cloak, il suo partner, amico ed amante, Cloak il cui corpo era un’unica, grande cappa, si stava chinando su di lei, il volto normalmente cupo stravolto dalla preoccupazione.

Dagger era svenuta, improvvisamente, dopo avere emesso un gemito. Nel chinarsi su di lei, Cloak vide la causa.

Un tatuaggio a forma di serpente. Splendeva di luce propria, incandescente…

 

III: Scuola per Giovani Dotati del Professor Xavier, Westchester County, New York

 

…Ma scomparve un attimo dopo, come la scheggia impazzita di un incubo remoto.

Ma Jean Grey, detentrice della Forza Fenice, e che nella sua vita aveva addirittura avuto una conversazione con la Morte, era sufficientemente disincantata da riconoscere quel marchio, e gli incubi che lo avevano accompagnato…

 

IV: Palazzo dei Vendicatori, Manhattan

 

Il Marchio di Set. Il marchio che il suo sacerdote di turno, il Deviante Ghaul, aveva messo su di lei e su altre sei donne paranormali, per assoggettarle al volere dell’Antica divinità, ma anche per diventare ricettacoli della sua infernale progenie!

Wanda Maximoff, Scarlet, si chiese in che modo una simile apparizione fosse connessa al disturbo temporale avvertito non molto tempo prima[i]

 

V: Oceano Indiano, in volo verso Genosha

 

…Ma forse era solo lo stress. Troppe cose le erano successe, in così poco tempo –la più terribile ed importante delle quali l’invasione alla sua mente, ai livelli più intimi, del Re delle Ombre. Ororo Munroe, Tempesta, aveva trovato rifugio dalla follia fra le braccia di Pantera Nera[ii], ma non era possibile rigettare d’un colpo un simile fatto, le cui conseguenze erano state pagate care proprio da coloro che per una vita avevano adorato la mutante nera dai bianchi capelli.

Cosa poteva fare?

 

VI: New York, Atlantide, in una piega temporale sconosciuta

 

Niente, naturalmente! Per quanto Susan Storm, la Donna Invisibile, ne sapeva, era stato lo stress a causare un involontario flashback. Era diventata una Sposa di Set proprio durante un ennesimo attacco di Atlantide ai danni di NY…E adesso si trovava nell’Atlantide di un mondo parallelo!

Susan si toccò la di nuovo il collo…Sì, il marchio e il suo bruciore erano scomparsi. Fece spallucce –chissà, magari un giorno si sarebbe vista allo specchio, e vi avrebbe trovato il riflesso di sé stessa come Malice.

Ne’ lei, ne’ le altre donne erano consce di quanto avrebbero dovuto stare attente, per il futuro…

 

Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia nord-occidentale

 

Per ora, agli otto super-esseri radunati su un lato del grande salone, del diametro di una piccola piazza, illuminato da ampi bracieri che emanavano potenti odori aromatici, importava solo di risolvere la crisi presente.

Una crisi incarnata da una colonna di luce, che dalla scogliera, in cui il nero castello era stato intagliato, si levava come un oggetto solido verso il cielo. La colonna veniva letteralmente eruttata dal letto oceanico. L’acqua alla sua base si univa ad essa in un vortice alto centinaia di metri, apparentemente destinato a questo matrimonio verso lo spazio esterno…fino a quando la gravità non reclamava la sua posizione, trasformando quel getto in una fitta cortina che si andava ad aggiungere alla già tremenda tempesta che vorticava intorno alla colonna. Ironicamente, quella luce era l’unica fonte di visibilità. La pioggia era talmente fitta da impedire di vedere oltre i 5 metri. I tuoni erano assordanti, capaci di fare tremare persino le solidissime mura del castello, mura levigate e fortificate nei millenni da un mare che raramente conosceva la pace.

L’anfitrione, nonché proprietario del castello e discendente in linea diretta dei fondatori del Salisgraveshire, sedeva al centro del salone, nel mezzo di un pentacolo d’argento, le cui punte erano segnate da fuochi fatui. Stava nella posizione del loto, e sospeso ad un metro dal suolo. Indossava un’ampia tunica scarlatta e nera, bordata d’oro, agitata da forze arcane.

Sir VictorSalisgrave, Conte di Cape Cliff era un uomo dal volto affilato e segnato da una vita di mare, incorniciato da lunghi e neri capelli. Teneva gli occhi chiusi, le labbra contratte in un sorriso carico d’ironia.

“E voi sareste il meglio che Lady Sterling potesse offrire? –Tsk- E’ proprio il caso di dirlo, ‘a caval donato…’

Il ‘meglio’ in questione ricambiò l’osservazione con varie emozioni:

-        Nebulon, l’Uomo Celestiale, la pelle dorata ulteriormente accesa dai riflessi del pentacolo, rimase impassibile nel dire, “Ho personalmente imparato, al più caro prezzo, il costo di sottovalutare un avversario quanto un alleato, terrestre.”

-        Carrion, ovvero il terzo individuo a portare in sé l’omonimo virus senziente, rispose con la sua voce roca e sibilante, “Parole grosse, per un uomo che ha comunque bisogno di aiuto.”

-        Nightshade, la neo-licantropa, non smetteva di tenere il pelo del collo dritto come una gatta. In qualche modo, sentiva che c’era qualcosa, in quella stanza –no, qualcuno...Ma era come cercare di vedere un fantasma, come cercare di mettere a fuoco un’immagine sfocata e alla periferia della tua visione....

-        Lilith, la Figlia di Dracula, cercò di sondare i pensieri del loro anfitrione...solo per scoprire che il pentacolo, qualunque invisibile assalto stesse tenendo a bada, le impediva di scoprire alcunché a sua volta...Senza contare lo sforzo di doversi concentrare in quell’ambiente saturo delle stesse ‘energie’ percepite da Nightshade.

-        Dreadknight e Moonhunter, a loro volta tacquero. Per personali, dolorose esperienze, obbedire non riusciva loro facile...Ma anche buttarsi a testa bassa contro l’ignoto non era la mossa più savia, non quando si aveva a che fare con l’occulto...

-        Hobgoblin, invece, non aveva dubbi. “Non so loro, ‘milord’, ma io sono il meglio. Se hai da ridire...”

-        Tagak, il Signore dei Leopardi, fece un passo avanti, puntando i suoi occhi di giada su Salisgrave. La sua voce era come miele colato sull’acciaio. “Siamo pronti in qualunque momento, e non ho ragione di dubitare della saggezza della nostra scelta. E i miei compagni sono informati sulla natura dell’Interregno.”

Gocce di sudore imperlavano la fronte di Salisgrave, che tuttavia manteneva la barriera eretta. Il suo sorriso assunse una piega più sinistra. “Informati, forse. Ma, pronti? Vedremo...”, poi abbassò la barriera –o meglio, una sua parte...

E FU IL CAOS! Ogni angolo del salone, tutt’intorno al pentacolo, dal pavimento al soffitto –la stanza era piena di demoni, mostri neri e decomposti, urlanti, che brandivano spade di fiamma e armature fatte di braci, ardenti come le loro orbite vuote e le bocche spalancate in smorfie che riassumevano ogni sfumatura possibile del male!

Lo sciame da incubo tentava di infrangere il pentacolo, arrivando ad accumularsi su di esso a mo’ di atroce piramide, come a volerlo schiacciare con il mero peso. Le energie del pentacolo, ora visibili sotto forma di cupola, incenerivano i demoni a diretto contatto con esso, ma era chiaro che era solo questione di tempo, prima del collasso: Victor Salisgrave si affaticava col passare dei secondi...

Lo stupore dei super-esseri durò poco, giusto il tempo di lasciare che ogni pensiero venisse spazzato via dall’istintiva, irrefrenabile volontà combattiva che li caratterizzava.

La scelta di Mary Elizabeth Sterling si rivelò invero ottimale: pur mancando di esperienza come gruppo, ognuno di loro aveva fatto del combattimento una ragione di vita, non una risorsa a cui sperare di non dovere ricorrere.

In uno spazio chiuso, Hobgoblin non aveva bisogno dell’aliante, per risultare letale. Un gesto veloce, e le nuove bombe-zucca volarono sul mucchio più vicino al pentacolo. Le esplosioni che produssero scossero l’etere più che l’aria –risultato visibile attraverso la sofferenza dei demoni.

L’attenzione dei demoni fu, come previsto, canalizzata dal nuovo fattore fino a quel momento ignorato...Non che potessero farci molto, onestamente, salvo lanciarsi con tutta la forza del numero.

 

Un numero che Nebulon provvide a ridurre nel suo stile. Avvolse interi gruppi di demoni in sfere di bio-energia, sfere che poi fece ardere del proprio potere, di fatto incenerendo gli sventurati.

 

Lilith non aveva bisogno di preoccuparsi. Ridendo, si trasformò in impalpabile nebbia, proprio mentre i mostri le venivano addosso. La loro fine fu decretata dalle armi combinate di Dreadknight e Moonhunter –in particolare, il fucile a doppia canna mozza dell’ex cacciatore di licantropi emise una serie veloce di raffiche mistiche, che passarono i suoi bersagli da parte a parte come fossero stati fatti di carta.

Moonhunter diede un’occhiata all’arma ancora fumante. “Però.”

 

Tagak rispose al numero col numero. Contro dieci demoni, apparvero altrettante ‘riflessioni’ dell’uomo-leopardo, tutte in negativo...Ma ugualmente veloci e letali dell’originale!

Nel suo stato, Carrion era di fatto un morto vivente. Per quanto grave ogni colpo, non solo il portatore non sentiva dolore alcuno, ma il virus rigenerava all’istante le carni lacerate. E Carrion sapeva rispondere con una forza fisica sufficiente a trattare i demoni come bambole!

 

Woo-oooww!” poteva anche essere terrorizzata da quelle mostruosità che le ricordavano i fratelli maggiori e cattivi dei babau della sua infanzia, ma per Nightshade era un’esperienza decisamente più esaltante, riuscire a sfruttare appieno le capacità del suo nuovo corpo! Tutti i freni inibitori liberi, colpiva e scalciava come un mulinello impazzito. Sembrava danzare nell’aria, senza toccare il pavimento nelle sue eclettiche manovre. Il corpo decideva, e lei lo lasciava fare...

Emise un guaito di dolore, quando una spada di fuoco la colpì al fianco. Rotolò via, e velocemente verificò che il polimero di sua concezione, di cui era fatto il costume sbrindellato, fosse rimasto integro... “Oh oh.”

Urlando, un demone le si stava lanciando addosso, a spada tratta e levata come una mannaia!

La reazione di lei fu veloce come il suo pensiero. La gemma sintetica sulla sua fronte concentrò e amplificò in unico colpo le sue bioenergie, secondo lo stesso meccanismo con cui la Vendicatrice Wasp emetteva il proprio ‘pungiglione’.

Il demone ne venne dissolto.

Una serie di vittorie, importanti per il morale, certo…Ma di fronte a un nemico il cui numero non era comunque stato significativamente diminuito, mentre la sua determinazione era rimasta inalterata, anche il più puro degli spiriti era destinato al fallimento.

E gli otto difensori oscuri del signore di Cape Cliff, circondati, stavano per verificarlo sulle proprie vite. Solo il potere di Nebulon riusciva efficacemente a tenerli a distanza…per ora. Era, purtroppo, il turno dell’alieno di mostrarsi sempre più affaticato, al punto da non potersi neppure permettere lo sforzo di parlare, mentre teneva serrati i denti.

Il potere dell’uomo celestiale derivava dalla sua capacità di assorbire la bioenergia planetaria, e quelle mostruose entità fungevano come da schermo, indebolendolo con la sola propria, mefitica presenza…

Gli altri super esseri contribuivano come potevano, ma era come tappare con un dito una diga piena di fori…

Poi, l’intera stanza fu riempita da un’esplosione di fuoco argenteo! L’ultimo verso dei demoni fu di indescrivibile, breve agonia, mentre venivano dissolti. Il gruppo, invece, non subì danni peggiori di un temporaneo abbagliamento –per chi di loro avesse bisogno degli occhi, naturalmente.

Carrion e Lilith furono i primi a contemplare la scena del carnaio. Uno spesso strato di polvere fumante, nera e sottile, copriva il pavimento e velava le pareti. Persino i bracieri erano stati estinti dallo strato depositatovisi…

“Dio, ma c’è un fetore osceno!” commentò Nightshade, mettendosi a starnutire. “Ma cosa erano?”

Victor Salisgrave stava in piedi, in un’oasi di pulizia delimitata dall’ormai estinto pentacolo. Il Conte si ripulì le maniche con le mani. “Una parte dell’Armata Tenebrarum del Generale Yarlia del Sesto Regno. Ma avete fatto un buon lavoro, date le circostanze. Credo siate pronti per il prossimo passo. Claudius?”

Dal piano superiore, venne lo scricchiolio di una porta. L’attenzione degli ‘ospiti’ di Salisgrave venne attirata dalla singolare figura del rettiliano gargoyle dalle scaglie metalliche che si avvicinò a timidi passi sulle 4 zampe. Il suo muso era curvo e appuntito come un becco, e aveva l’espressione più colpevole che si fosse vista, anche su una creatura come quella.

Salisgrave sospirò. “Claudius, il mio familiare. Non è un cuor di leone, ma è molto prezioso per tessere certi incantesimi e come assistente. Non lascerei mai pulire i residui di uno scontro mistico alla mia servitù umana. E ora, seguitemi, prego. Il cuore del problema ci attende al faro.”

 

“Credevo che il castello di Destino fosse un labirinto intricato,” disse Dreadknight, mentre il gruppo, Salisgrave in testa, procedeva in fila indiana lungo un cunicolo saturo di umidità. “Ma questo posto gli fa concorrenza. Quanto manca al faro?”

Salisgrave illuminava la strada con una torcia, sempre aromatizzata d’incenso, che in quello spazio ristretto stordiva i sensi. “Dovremmo esserci sotto…Sì, eccola.”

Gli altri seguirono la torcia, puntata verso la nera scala metallica a spirale che collegava il tunnel a una grossa botola.

“Solo un nativo di Cape Cliff sa come raggiungere il faro senza perdere la barca, e usare il tunnel per raggiungere la terra ferma. Un passaggio estremamente utile, quando il dominio dei mari faceva la differenza nella gerarchia del potere. Non avrei mai creduto di poterlo riutilizzare.”

“Non capisco,” disse Hobgoblin. “Se la colonna di luce parte da qui, perché non…”

“La stessa ragione per cui, in una stanza piena di demoni, non avete potuto fare più che percepirli. La colonna è una semplice conseguenza dell’enorme potere scatenato nel faro, non una qualche barriera. Naturalmente, contiene abbastanza energia da consumarvi, ma per evitarla, sarà sufficiente aggirarla.”

“Questi demoni non hanno neppure predisposto una difesa qui, per…” fece Carrion, anche lui prontamente interrotto dal Conte.

“Scoprirete che hanno ragioni per non sentire molto il bisogno di difendersi da meri mortali. A voi provare che si sbagliano. Pronti?”

“Non siamo sufficientemente addestrati,” disse Hobgoblin seccamente. “E…”

Cenno d’impazienza. “Gli Antichi dell’Interregno non attenderanno il vostro arrivo, per portare a compimento la lettura delle Parole sparse per il mondo. Qualunque addestramento non vi preparerebbe adeguatamente, adesso, a una lotta sul loro piano. Dovrete improvvisare, adattarvi.

“Il vostro obiettivo è il Lettore, un’entità preposta a interpretare le Parole. Dovete eliminarlo, o quantomeno metterlo in condizioni di non usare il suo talento.”

“Già che ci siamo, ci dai anche il suo indirizzo o lo troviamo sotto le pagine gialle locali?” disse Nightshade, fissandolo negli occhi con ostilità. “Perché non ci fai strada? Risparmieremo tempo prezioso, giusto?”

Lui sorrise. “Se sarete vittoriosi, avrete bisogno di un faro molto diverso da questo, per tornare indietro. Perché neppure io potrei orientarmi, una volta varcato questo confine. Altre domande?”

Tutti tacquero.

 

Non era stato difficile. Non quella parte, almeno: nessuna trappola lungo la scala, Salisgrave non si era trasformato in un mostro alle loro spalle per mangiarseli d’un boccone, e la botola si era aperta su cardini assolutamente oliati, senza che venisse sollevato il minimo velo di polvere. E nessun mostro di guardia si era parato davanti a loro ruggendo e sbuffando.

Quasi quasi lo avrebbero preferito.

Perché niente poteva essere più sconcertante dell’inaspettato. Anche se era il Giardino dell’Eden.

“Seconda stella a destra e dritti fino al mattino,” osservò Moonhunter, la sua maschera trasformata in un arcobaleno di riflessi di piante tanto belle quanto esotiche. “Non scherzava, quando diceva che anche lui si sarebbe perso, qui.”

Il ‘giardino’ in questione era un’isola, letteralmente,

 

un’oasi fitta di verde e altri colori, un’oasi sospesa nel bel mezzo dello spazio stellato. L’isola era circondata da un anello d’acqua corrente, che si riversava a cascata all’interno di un infinito mare di nuvole perlacee in basso.

Il resto del cielo era occupato da altre, fantastiche strutture –alcune simili a uova il cui guscio conteneva l’universo, altre pianeti veri e propri, ma in condizioni che la fisica non avrebbe mai contemplato...

 

Il cielo sopra l’isola era sovrastato da un mondo, vicino abbastanza da distinguerne i particolari.

Era un pianeta di tipo terrestre, brillante di luce propria, diviso esattamente a metà in un emisfero verdeggiante e azzurro, splendente di vita, ed uno nudo, asciutto, gli abissi oceanici rivelati fino all’ultimo dettaglio. Nella linea di confine, era come se l’area della vita fosse stata letteralmente affettata. Si poteva vedere l’oceano tenuto al suo posto da un’invisibile diga...

“Improvvisare, proprio...” fece Hobgoblin. Neppure quando aveva dovuto dividere la sua mente con l’abominio che era Demogoblin, aveva visto cose del genere. C’era il caos puro, in questa bellezza, un equilibro basato su forze di natura a dir poco...

La voce di Nebulon lo scosse dal trance. “Tagak, cosa vedono i tuoi occhi?”

L’uomo-leopardo era non meno perplesso. “Sul piano astrale, la mia vista è normale...ma qui continuo ad essere cieco. Non posso che percepire le forme intorno a noi fino a una certa profondità. Ma posso ancora avvertire la qualità delle forze in gioco in questo regno. E quel mondo ne è il centro. Vita e anti-vita. Caos e Ordine. Bene e Male. Una condizione che so essere connessa al solo Nesso di Tutte le Realtà.”

“E i cattivi stanno vincendo,” disse Lilith. “Nebulon, hai il potere di portarci su quel mondo?”

Tagak le mise una mano sulla spalla. “Prima, lasciate che io e lui, insieme, troviamo questo ‘Lettore’. Se ci gettiamo alla cieca, avremo solo perso tempo.”

Nebulon annuì, avvicinandosi al guerriero felino. Portò i palmi delle mani alle tempie maculate –sarebbe stato facile, questo regno era vibrante di bioenergie. Gliene sarebbe bastata una frazione infinitesima, per amplificare i sensi di Tagak... “Sei sicuro di potere resistere?”

“L’elasticità mentale è un requisito indispensabile, tra la mia gente, per arrivare al mio rango. Posso farcela.”

Contatto!

Tagak sussultò. La sua coscienza si espanse in un istante al livello cosmico, portandolo a vedere con una chiarezza assoluta quelle ‘piste’ di energia che aveva solo percepito...

Purtroppo, quello che non aveva previsto, era che, a conti fatti, la sua mente, per quanto affinata da una vita di addestramento, era del tutto incapace di reggere una simile massa di informazioni di natura totalmente estranea a qualunque esperienza mai affrontata.

In altre parole, Tagak ruggì. Il corpo si tese come percosso da migliaia di volt di corrente, prima di afflosciarsi nella totale perdita di conoscenza fra le braccia di Nebulon.

“Ora siamo nei guai, vero?” chiese Moonhunter.

 

“Mio signore, cosa potrai fare se i campioni di Lady Sterling riescono nell’impresa? Vorrà dire che sono troppo potenti, per...” Claudius deglutì, rendendosi conto della gaffe.

In piedi davanti alla finestra, le braccia incrociate dietro la schiena, Victor Salisgrave sorrideva compiaciuto. Conosceva il familiare, e solo per tale ragione, gli permise di vivere dopo un simile affronto verbale.

Se i Supernaturals, come Lady Sterling li aveva chiamati, fossero riusciti ad eliminare il Lettore, sarebbe stato lui a prendere il posto che gli spettava nel pantheon che sarebbe venuto. Avrebbe potuto reclamare il suo posto a capotavola degli stessi Primi Dei..!

 

Episodio 3 - Il cuore nemico

 

Villa Sterling, New York City

 

La donna era una creatura di rara bellezza, capelli corvini dai riflessi blu, il volto pallido ma dall’espressione intensa, e vestita di un severo abito nero e lungo. “Innanzi tutto, signori, vi ringrazio per avere risposto al mio appello. Chiedo scusa ad alcuni di voi per lo scarso preavviso, ma come gli altri avranno compreso, la situazione non è delle più favorevoli.”

Una donna bellissima...e un ologramma, al centro del salotto occupato da una ben sinistra congregazione da quando furono Diablo e un demone gli ultimi ospiti[iii].

Fra loro, c’era un solo, genuino cuore puro: Tagak, l’uomo-leopardo cieco da una dimensione aliena. Stava in piedi accanto al camino acceso, le braccia incrociate al petto, lo sguardo di severi occhi di giada. Non vedeva, ma poteva percepire le variazioni energetiche con più efficacia della vista tradizionale.

Avrebbe voluto fare notare quanto fosse sciocco perdere ulteriormente tempo contro il nemico che avanzava verso questo piano dimensionale –ma non aveva molto senso, prendersela con una registrazione!

Mary Elizabeth Sterling continuava, “Questo mondo è sotto la minaccia dell’Interregno. Si tratta di una dimensione tascabile creata dalla generazione di Dei immediatamente successiva ai Primi Dei, nati con questo mondo.

“Non c’è Dio che possa sopravvivere, senza il potere della fede dei suoi seguaci, e gli Dei antichi hanno letteralmente portato i propri fedeli più fanatici con loro, quando le civiltà Pre-hyboriane morirono.

“Ma gli Dei antichi vollero altresì essere sicuri di potere tornare, e diffondere la loro parola, unitamente al loro dominio. A tale scopo, predisposero un portale,” la donna scomparve, e al suo posto apparve un cerchio, un cerchio composto di una fila di caratteri, caratteri così elaborati ed alieni da rendere impossibile determinare se fossero lettere o ideogrammi. Poi, il cerchio iniziò a brillare con un’intensità tale da rivaleggiare con quella del Sole, si fece piccolo, e altri cerchi apparvero su quella che era una fedele riproduzione del globo terracqueo, che risultò essere letteralmente tempestato di quei ‘simboli’.

La voce fuori campo di Lady Sterling proseguì. “Quelli che vedete sono Parole. Elaborare un incantesimo richiede una conoscenza linguistica ed un’intonazione vocale pressoché unici, come le impronte genetiche. Quando tutte le Parole che vedete saranno pronunciate, il portale sarà aperto, e l’invasione diventerà inarrestabile.

“Deve essere successo qualcosa di terribile nella sfera dimensionale occupata dagli Dei post-hyboriani[iv], per permettere un simile avvento. Signori, vostro compito è prevenire l’invasione. Sfortunatamente, tutto quello che le mie conoscenze e le mie finanze possono fare, è fornirvi i mezzi. Le informazioni necessarie si trovano qui,” il nuovo ologramma mostrò in una finestra un castello ricavato in una scogliera, nell’altra una dettagliata mappa della località. “Per la precisione, nella persona di Lord Victor Salisgrave, Conte di Cape Cliff, nel Salisgraveshire, in Scozia. In loco, troverete l’ottavo membro della squadra, Dreadknight.

“Se riuscirete, sarò in grado di compensarvi più che adeguatamente. Fallite, e non ci sarà più nulla di cui preoccuparsi negli eoni a venire. Buona fortuna.”

L’ologramma si spense. A quel segnale, le luci si accesero, e nella stanza fece il suo ingresso un omone a metà fra il latino e l’orientale che sembrava esplodere nei suoi vestiti. L’impassibile Hector spingeva un carrello, grosso quasi come un carretto, senza sforzo apparente.

Sotto gli occhi dei presenti

-        Nebulon, l’Uomo Celestiale, l’alieno dalla pelle dorata redivivo grazie alle magie della famiglia Sterling,

-        Phillip Jason Macendale, il mercenario risorto grazie alla magia acquisita a suo tempo grazie ad un patto con un demone,

-        Lilith, la bellissima figlia di Dracula, un vampiro privo delle debolezze che caratterizzavano la sua specie

-        Zacariah Moonhunter, indiano, ex cacciatore di licantropi

-        Nightshade, la ‘regina dei licantropi’, che aveva deciso di assumere le caratteristiche della specie da lei amata (e che in quel momento occhieggiava il cacciatore vestito d’argento con malcelato nervosismo)

-        Carrion, ovvero il terzo individuo infettato con il virus senziente che lo aveva trasformato in un morto vivente dai letali poteri,

Hector rimosse il pesante drappo che copriva il carrello.

“Ullalà. Abbiamo vinto la lotteria!” disse Moonhunter, fregandosi le mani.

Il piano superiore del carrello era occupata da una ordinata selezione di armi. Il secondo ripiano conteneva un nuovo costume da Hobgoblin per Macendale, e una nuova armatura d’argento per Moonhunter. Il terzo era interamente occupato da un nuovo tipo di aliante a reazione, interamente cromato e hi-tech.

“Adesso si fa sul serio,” disse Macendale, prendendo il pettorale di cotta. Niente di meglio di una missione ad alto rischio, per mettersi i presenti problemi alle spalle…

 

Ora.

 

Immaginate una dimensione a metà fra il Paradiso e la Follia. Immaginate ogni regola fisica violata nei modi più plateali, eppure in un insieme di una bellezza cosmica da mozzare il fiato.

Questo è l’Interregno.

In un cielo stellato e velato come da un eterno tramonto rosato e azzurro, spiccava una immane costellazione di grappoli di pianeti. Nessuna legge gravitazionale poteva giustificare le eclettiche disposizioni di quei corpi celesti delle più svariate forme e dimensioni, splendenti di una propria luce nonostante non stessero orbitando intorno ad alcun sole.

 

In una porzione di tale costellazione, un frammento di ancora più poetica follia,

stavano i cosiddetti ‘salvatori’ del mondo. Qualunque cosa avessero affrontato, qualunque cosa si fossero aspettati, non era certo un angolo di paradiso terrestre, circondato da un anello d’acqua, acqua che si riversava a cascata verso il sottostante, infinito mare di nuvole perlacee.

Sospeso nel cielo, a una distanza tale da permettere di distinguere i particolari della superficie, stava un non meno impossibile pianeta di tipo terrestre, diviso esattamente a metà fra una zona oscura, arida, pura roccia morta, e una metà di luce, verde e azzurra, vibrante di vita.

Ma perfino quello spettacolo passava in second’ordine, di fronte a una ben più immediata emergenza.

 

Il gruppo dei Supernaturals era radunato intorno al corpo esanime di Tagak. Questi, per rintracciare il cosiddetto Lettore, l’entità preposta a formulare la frase che avrebbe aperto il Portale, si era offerto per sondare il pianeta sovrastante, i sensi ampliati dal potere di Nebulon.

Il solo risultato ottenuto, era stato il ‘cortocircuito’ della coscienza di Tagak, sovraccaricata dall’input di informazioni.

“Ora siamo nei guai, vero?” chiese Moonhunter.

In quell’istante, l’aria fu percorsa...da una risatina. Un verso più simile a uno squittio, nella cui allegria c’era qualcosa che ti faceva accapponare la pelle...

Ma nei cuori oscuri di questi guerrieri, non c’era spazio per la paura spicciola. La loro sola reazione fu di tendersi, finalmente pronti a un vero combattimento...

...E si scoprirono circondati dalle fate. Tanti minuscoli esseri umani femminili, luccicanti, dalle ali iridate. Stavano dappertutto, posate fra le foglie, i rami, sui sassi...E ridevano. Sorridevano con volti angelici nei cui occhi non brillava alcunché di buono.

"Andatevene" dissero all’unisono, con una voce echeggiante e gelida come il vento in una landa desolata "Lasciatelo qui, lasciatelo a noi, e' nostro. Andatevene e vivrete"

Come quelli di squali che avessero odorato il sangue, i loro occhietti malevoli erano puntati su Tagak. Fremevano, la loro luce di un bagliore sempre più intenso.

“Messa in termini così gentili, come fai a dir loro di no?” chiese Moonhunter con una scrollata di spalle. Fece per rimettere il nuovo fucile in spalla...E sparò un assordante colpo al gruppo di fate dietro di sé! I proiettili di natura mis-tecnica si sparpagliarono in una rosa che disintegrò gli esserini. “Ops. Senza rancore, mostriciattoli?”

La loro risposta fu di scattare in avanti, urlando orrendamente, i volti ormai deformati in espressioni sataniche!

Hobgoblin e Dreadknight reagirono per primi e all’unisono, digitando un pulsante sul palmo della mano –tempo di verificare che le promesse trasmesse da Hector per conto di Lady Sterling corrispondessero a verità.

Un momento dopo, le matrici mis-tecniche di teletrasporto fecero il miracolo, e l’aliante di Hobgoblin e Valgard, il cavallo/drago del cavaliere, fecero la loro comparsa al fianco dei loro padroni.

Valgard spalancò la bocca, e una sfera di fuoco investì il primo gruppo di minidemoni, incenerendoli.

Hobgoblin scattò in avanti, usando le affilate ali dell’aliante per falciare mostri. Spalancò le mani, e dalle dita fuoriuscirono raffiche mistiche che con millimetrica precisione ebbero ragione di quelli sfuggiti all’aliante. Era strano sentire le dita muoversi per conto proprio alla ricerca del bersaglio, ma finché funzionava...Hobgoblin sorrise: ora sì che si andava bene!

“Non intendi fare la tua parte?” chiese Nightshade, impegnata a tenere a bada minidemoni a colpi di artigli –col cavolo che si sarebbe messa ad azzannarne qualcuno!- “Hai avuto anche tu la tua cadillac, mi pare!”

“Questione di stile, pupa. Ho imparato a fare ‘sto lavoro senza supporto aereo...” Moonhunter mise il fucile in spalla, mentre con l’altra mano srotolava una frusta metallica dalla vita. Un rapido movimento del polso, e l’arma si estese come un serpente, irta di microlame.

E come un guizzante animale, la frusta andò a colpire con ‘volontà’ propria i singoli microdemoni senza fallo. Eseguito il suo lavoro, andò ad avvolgersi intorno al polso del cacciatore. “...e non credo sia saggio lasciare scoperto più di tanto il nostro caro micino.”

Fu Carrion, che non aveva attivamente partecipato alla lotta, limitandosi a vegliare sul corpo di Tagak, ad accorgersi della nuova presenza vivente. Nascosta fra il fitto dei cespugli, in qualche modo invisibile persino a Nebulon, anche se a suo discapito c’era da dire che era alquanto impegnato a distruggere gli ultimi componenti dello stormo diabolico...

Sorrise. Durante il suo periodo di prigionia, per quanto prigioniero di un tubo di stasi, era rimasto comunque cosciente. Cosciente, e capace di esplorare le proprie potenzialità...

Estendere la sua aura anti-vita era un trucco acquisito da ben prima della sua liberazione. Si voltò di scatto e la proiettò attraverso il braccio teso. La vegetazione sul suo cammino fu letteralmente putrefatta in un batter d’occhio. La figura estranea incassò il colpo, ma non cadde.

Invece, essa si fece più definita, visibile a tutti i presenti.

E tutti si voltarono a guardarla.

Pensarono a una donna, solo a causa del suo impassibile volto vagamente femminile. Perché, per il resto, sembrava uscita direttamente da un incubo –le braccia scoperte, come il collo, erano avvolte da una pelle rugosa, del colore del cuoio, con protuberanze ossee sulle spalle. I suoi capelli erano una chioma di serpenti.

E il suo vestito...no, non era un pezzo di tessuto, ma un qualcosa pulsante, coperto di un suo sistema venoso, il cui ‘cuore’ era un ghignante volto demoniaco all’altezza del petto!

“Siete stati bravi,” disse il ‘cuore’, con voce roca e divertita. “Per quanto inutile sia stato il vostro sforzo. Io sono Exilitos, Luogotenente del Generale Yarlia, dell’Armata Tenebrarum del Sesto Regno. E voi siete miei: il vostro cimento termina qui.”

“Sì? Permettici di dissentire!” disse una voce dietro di lui. Allo stesso tempo, un pugno coperto di pelliccia lo colpì in pieno!

Il demone barcollò, ma non cadde. Invece si voltò, e si trovò faccia a muso con un nuovo mannaro, un’altra femmina dal pelo rosso...ma dai canini come sciabole.

“Tsk.” Il demone fece un cenno, e la vegetazione prese vita per avvolgere Lilith.

Una mossa inutile, per un vampiro, capace di trasformarsi in nebbia!

Veloce come era svanita, Lilith si rimaterializzò, questa volta in una forma transitoria di chirottero. Piombò dall’alto, menando un fendente dai lunghi artigli. Solo la prontezza di riflessi del demone gli permise di sacrificare solo una spalla, il cui osso sporgente si spezzò come vetro.

Exilitos urlò, con la propria voce e allo stesso tempo una seconda voce, femminile.

Nebulon era già pronto a dare il colpo di grazia. Il suo potere si basava sull’assorbimento delle bioenergie, e quella dimensione ne era piacevolmente ricca. Sarebbe stato un piacere esorcizzare il mostro a proprio modo...

Una mano coperta di pelo maculato afferrò il polso già saturo di energia. “Fermo!”

Debole, provato, ma capace di stare in piedi, Tagak scosse la testa. “E’ il demone, il nostro nemico, non colei che esso possiede.”

Reggendosi la spalla, Exilitos rise. “E’ così, protettori della Terra. Per quanti sforzi possiate fare, non potrete vincere senza sacrificare esistenze innocenti. È stato il vostro punto debole in più di un’occasione, e abbiamo capito come sfruttarlo!”

La chioma serpentina emise un sibilo. I serpenti guizzarono in avanti, le bocche spalancate e fiammeggianti.

Quasi non si videro gli oggetti che li fecero a fette in un lampo. Exilitos barcollò, lamentandosi, reggendosi la testa dolorante, coprendosi del proprio sangue.

Gli oggetti erano due pipistrelli-boomerang di Hobgoblin, in un nuovo design, con delle rune incise sulle ali. Le armi tornarono docilmente nelle mani del loro proprietario, che disse, “E voi non avete capito una cosa: che noi non siamo un branco di moralisti con la puzza al naso. Se per arrivare al Lettore dobbiamo passare su un paio di cadaveri di innocenti, peccato per loro. La vita è ingiusta, sai?” E lanciò.

Un fitto intreccio di rami spinati tentò, invano, di bloccare le lame ad alta velocità. Exilitos indietreggiò istintivamente, pur sapendo di non avere scampo...

All’ultimo istante, fu gettato a terra da un potente calcio al volto pettorale. Le lame passarono sopra la testa, per poi andare a tornare da Hobgoblin.

Non c’era tempo, per Tagak, di spiegare il perché delle sue azioni. Poteva solo sperare che lo lasciassero fare...

Exilitos era un luogotenente, il più basso grado fra i Comandanti dell’Armata Tenebrarum. Il suo scopo doveva essere solo trattenere il nemico. Avrebbe potuto facilmente tenere a bada un esploratore inesperto, ma Tagak e il suo popolo avevano saggiato bene le capacità dell’Armata. E sapeva come vincere questa lotta.

Iniziò una lotta serrata. Il demone poteva avere una passabile resistenza, ma l’attacco di Tagak era fatto di mosse e colpi sferrati a una velocità impossibile, imprevedibili., eclettici. Ogni tentativo di arginare l’avversario si risolveva solo in nuove ferite…

E, finalmente, Exilitos cercò di parare una finta…trovandosi faccia a muso con il suo avversario!

Tagak dovette solo fissare gli occhi della creatura posseduta. E, trovando in essi il proprio riflesso,

vi si immerse!

Il corpo di Exilitos

“E la peppa!” fece Moonhunter. Estrasse il fucile. “Prepariamoci, gente, scommetto che…”

Infatti, in quel momento, l’entità posseduta parlò…e lo fece con la voce dell’uomo-leopardo! “Nebulon! Colpisci il suo cuore, adesso!”

L’alieno non se lo fece ripetere 2 volte. Dalla mano, partì una raffica che avrebbe potuto facilmente distruggere lo stesso Hulk

Il volto pettorale fu investito in pieno. Exilitos lanciò un ultimo urlo di agonia. In qualche modo, il colpo di Nebulon non trapassò la vittima posseduta, ne’ le recò alcun danno, mentre l’energia dissolveva ogni traccia del suo possessore!

Quando fu finita, la donna crollò a terra –non più un’atroce caricatura di sé, ma una ninfa nuda dalla lunga chioma bionda e la pelle d’avorio.

Un attimo dopo, Tagak emerse dal corpo esanime. Sopra di lui, Hobgoblin applaudiva sarcasticamente. “E bravo il nobile cavaliere. A parte farcii perdere tempo, cosa abbiamo ottenuto? E meno male che eri tu, quello con il pepe al…”

Fu colto di sorpresa dal balzo di Tagak, che lo raggiunse sull’aliante. Subito, l’eroe lo afferrò per il bavero, snudando le zanne. “Imbecille! Non so come funziona sul tuo mondo, ma su questo, la morte di quell’entità avrebbe significato solo più potere per i nostri nemici!” Lo lasciò bruscamente. “Senza contare che da viva, questa creatura può aiutarci a raggiungere il Lettore. Come mercenario, dovresti conoscerlo, il valore di una fonte di informazioni!”

Mentre Tagak saltava giù, Hobgoblin, saggiamente, tacque –non per rispetto della dialettica dell’altro, ma per la resistenza e le doti guerriere appena esibite. Ma che si lasciasse prendere una volta con la guardia bassa...!

Tagak si rivolse a Nebulon. “Sei in grado di restituirle le forze?”

Nebulon annuì, e si chinò sulla figura supina. Non andò oltre.

Perché tutti svanirono in un lampo di luce.

 

Riapparvero, in un altro lampo,

nel mezzo di una vallata. Solida pietra, niente altro che sterile, scura roccia e sabbia e ciottoli tutt’intorno a loro. La stessa roccia di cui erano fatti gli innumerevoli pinnacoli che sembravano volere svettare fin oltre il cielo. Picchi colossali, o colonne assurdamente sottili, resi lisci come vetro da miliardi di anni di erosione, o rugati dagli ultimi resti di un vulcanismo estinto da eoni.

Non ebbero bisogno di guardare in alto, verso l’’oasi’, per capire che erano stati portati sul lato oscuro e morto del pianeta soprastante.

 

Salisgrave Castle, Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia

 

Nessuna nuova, buona nuova, recita il proverbio.

Pessime nuove, nel caso di Victor Salisgrave. Fuori della finestra, il tempo non era cambiato. La colonna di luce in cui si era trasformato il suo faro continuava a perforare l’atmosfera. La tempesta continuava a vorticare intorno ad essa con ferocia sufficiente ad affondare il Titanic e a fare tremare le pareti del castello.

Il Conte di Cape Cliff contemplava la furia degli elementi dal terrazzo della propria camera. Era letteralmente zuppo, l’acqua correva a larghi rivoli lungo il suo corpo, la sua lussuosa vestaglia da camera era ridotta a uno straccetto sbattuto dal vento feroce. Ma il nobile avrebbe potuto essere una statua, per l’attenzione che dedicava al tempo. Ben altre erano le sue preoccupazioni.

Se quegli stolti super-esseri fossero riusciti nella missione, lo avrebbe già saputo. Il tempo era un fattore assolutamente critico, e quel Tagak sembrava averlo capito. Sembrava.

La figura argentata da gargoyle rettiliano di Claudius gli si avvicinò con molta prudenza. Il familiare disse, “Padrone, non crede sia il caso di...aiutarli? Non possiamo aspettare ancora.”

Aiutarli. Oh, sì! Salisgrave ci aveva pensato, eccome!

Senonché, aiutare quegli inetti rischiava di scoprire le sue vere capacità, i suoi mezzi. Il suo piano.

“Padrone..?”

Salisgrave serrò il pomolo a testa di unicorno del bastone. “Attenderò ancora, Claudius.”

 

L’illusione di essere soli in quel nulla di desolazione durò poco. Giusto il tempo di accorgersi delle migliaia di punti luminosi che apparvero, uno dietro l’altro, nelle pareti della vallata e in cima ai picchi.

Erano circondati.

Poi, fu la volta del terreno! Una serie di brevi scosse precedette la comparsa di fratture localizzate, fratture dalle quali emersero figure demoniache di roccia nera dai larghi occhi fiammeggianti. Figure armate chi di lancia, chi di spada, chi di alabarda. E tutte accomunate da un largo ghigno dai lunghi canini. Ne emerse una dozzina, in un cerchio perfetto intorno ai Supernaturals.

“Benvenuti, mortali!”

La potente voce veniva dalla parete più ampia del canyon di quell’abisso oceanico.

Dalla gigantesca testa nella parete –un altorilievo dai tratti umanoidi, corredato di un’ampia barba e un elmetto dalle quattro corna. Da solo, quel volto, per le sue dimensioni, avrebbe potuto rivaleggiare con un Celestiale. “Benvenuti al termine della vostra futile impresa. Io sono Sarzabar, Signore del Sesto Regno.”

E cosa potevano dire, loro? Di fatto, non erano in condizioni di emettere alcuna frase spavalda. Erano fritti.

Cionondimeno, fu Nebulon a fare un passo avanti, e dire con la massima tranquillità, “Sai chi siamo e quale sia il nostro scopo, Sarzabar. Perciò, saprai anche che portarci alla tua presenza è stato un errore.”

La testa di pietra sorrise, causando una frana nella parete. Le rocce caddero in un silenzio assurdo. “Nobiltà d’animo...E’ passato così tanto tempo da quando qualcuno è giunto a me con il coraggio nel cuore.

“L’errore, mortali, lo avete fatto voi nel venire qui. Vi ho concesso il privilegio di uccidere il mio luogotenente solo per divertirmi a vedervi lottare. E vi ho portato nel mio regno solo per farvi comprendere l’inutilità dei vostri sforzi. Da qui, non potrete mai giungere al Lettore; in compenso, potrete assistere dalla migliore posizione alla fine del vostro mondo.

“Ma Sarzabar non è incapace di giudicare il valore del nemico. Conosco l’oscurità che alberga nel vostro spirito, insieme al vostro coraggio. Mettetevi a mia disposizione, e potrete ascendere a elevate posizioni nella mia Armata.”

Ci fu un rapido scambio di occhiate. Quali che fossero le motivazioni dei singoli individui, la risposta collettiva per bocca di uno solo, Nebulon, fu un freddo, “No.”

Non poté pronunciare altro, non per mancanza di parole...ma perché, improvvisamente, la bolla atmosferica che li aveva circondati cessò di esistere!

Guardando i suoi nemici colti dagli spasmi dell’agonia, Sarzabar disse, “Come ho detto, so apprezzare il valore, così come i giusti metodi di persuasione. Accettare o morire dipende solo da voi, ora.”

 

Episodio 4 - Una svolta inaspettata

 

Si chiamava William Allen. Un tempo, una vita fa, era uno scienziato, un biologo abbastanza preparato ed ambizioso da ottenere un posto prestigioso nello SHIELD.

Ma non bastava. Voleva, doveva ampliare il suo bagaglio di conoscenza! A tale scopo, si era maniacalmente dedicato, in gran segreto, allo studio per lo sviluppo delle potenzialità del virus senziente Carrion. I suoi due precedenti portatori erano in qualche modo stati dominati dalla personalità-sciame dello Sciacallo, il creatore del virus.

Allen era determinato a fare di meglio, e quando si era sentito pronto, aveva assimilato il Carrion.

Non un successo, ma neanche un fallimento. Aveva ottenuto i poteri di Carrion, anzi, li aveva addirittura potenziati come aveva sperato, aveva mantenuto una propria personalità...Ma lo Sciacallo continuava ad esistere, in quella macabra dicotomia, influenzando i suoi pensieri, facendogli odiare l’Uomo Ragno senza altra ragione che per osmosi.

Proprio l’Uomo Ragno lo aveva sconfitto[v], e lo aveva affidato, per colmo di ironia, alla custodia dello SHIELD.

Custodia durata fino a quando un alieno non lo aveva liberato.

Il prezzo da pagare per quella libertà? Sconfiggere un branco di demoni nella loro tana, una specie di dimensione tascabile chiamata Interregno, un luogo che faceva barcollare la mente scientifica ed analitica di Allen. Ironicamente, solo la fantasia malata di Warren, dello Sciacallo, lo poteva sostenere in quei momenti...

...Non che tale supporto fosse servito più di tanto. Di fronte alla vera prova, al momento culminante, avevano fallito. Miseramente. Come dei dilettanti. Degli stupidi.

E il peggio era, che se fossero stati fortunati, i neocostituiti Supernaturals sarebbero morti lì e subito, mentre il resto del mondo...

Morti?

Com’era possibile?

Lui non poteva morire.

Non poteva stare morendo, soffocando per la mancanza d’aria su un mondo sterile.

Lui era già morto. Era un cadavere vivente, animato dal virus; non aveva bisogno di ossigeno!

L’illusione s’infranse. E la realtà non fu meno sconcertante...

 

“Sapevo che ce l’avreste fatta,” disse una voce femminile dietro di lui –dietro di loro. L’intero gruppo stava riprendendosi dall’allucinazione creata da colui chiamato Sarzabar, autoproclamato ‘Signore del Sesto Regno’. Un Regno posto, apparentemente, su un pianeta di tipo terrestre, un pianeta che per la sua esatta metà era un gioiello splendente di vita, e per l’altra il suo esatto opposto...

Considerazioni irrilevanti, al momento. Era chiaro che non erano nel Sesto Regno.

Immense e delicate strisce di nuvole solcavano un cosmo avvolto in un’eterna alba. Miriadi di pianeti e di isole grandi come continenti, queste ultime di ogni forma e colore immaginabile, alcune addirittura con una propria atmosfera, ruotavano intorno a un sole di un abbagliante colore dorato, la cui luce, frammentata dalle nuvole, creava gli effetti più meravigliosi...Cristalli di ghiaccio danzavano nell’etere, creando moltitudini di microstelle la cui luce sembrava cantare...

E loro si trovavano su uno di quei continenti.

I Supernaturals si misero in piedi, faticando a staccare gli occhi da quella bellezza letteralmente ultraterrena. Fu Nebulon a rivolgersi per primo

alla donna...alla familiare figura femminile nuda, dalla pelle d’avorio e una chioma di capelli biondi impossibilmente lunga, che faceva da mantello per quasi tutto il corpo. I suoi occhi erano larghi, interamente bianchi, e un paio di...antenne –delicate strutture a ‘L’- spuntavano dalla fronte.

“Il male che circondava il Sesto Regno non è presente, qui. Dobbiamo ringraziarti?” chiese il redivivo Uomo Celestiale.

La creatura chinò il capo. “Il mio nome è Iasurra, e sono una Custode di questo Primo Regno, il cuore di questa dimensione. Da me non avete da temere, mortali: dovevo sdebitarmi, per essere stata salvata da Exilitos.”

“Messa così,” fece la bella Lilith, la Figlia di Dracula, “parrebbe che il tuo intervento a nostro favore non era cosa certa.”

Iasurra annuì nuovamente. “Il vostro coraggio è ammirevole. Da molti dei vostri eoni, non si vedeva simile determinazione e saldezza di spirito: entrare nell’Interregno è sempre stata causa di follia, per i vostri simili...”

Le menti dei guerrieri furono attraversate da una sola considerazione: ne avevano passate fin troppe, per potersi permettere il lusso della follia a ogni situazione nuova:

-        Nella sua vita, alla continua caccia di mondi da depredare delle proprie risorse naturali, Nebulon aveva già incontrato cose meravigliose e non.

-        Phillip Jason Macendale, cioè Hobgoblin, aveva vissuto l’esperienza di una possessione demoniaca, ed era stato in seguito ucciso. Quello che aveva provato, nell’aldilà, era sufficiente a ridicolizzare qualunque meraviglia avesse da offrire l’Interregno.

-        Lilith? Lilith aveva vissuto orrori a sufficienza a forgiarla contro gli stati emotivi della paura, che per lei era una debolezza irriconoscibile.

-        Tagak, l’uomo-leopardo, aveva già incontrato le forze dell’Interregno che avevano devastato la sua dimensione natia. Ed era semplicemente troppo pragmatico per preoccuparsi delle meraviglie ambientali.

-        Dreadknight era cresciuto sotto il giogo di un padrone malvagio, il Dottor Destino. Il suo cuore già indurito dalla posizione di schiavo ereditata dalla madre, era stata ulteriormente chiusa dalla orrenda maschera che gli era stata fusa molecolarmente al volto.

-        Moonhunter era stato cresciuto a pane e paranormale, destinato ad essere un cacciatore di lupi mannari. Possedeva una mente molto aperta, e un senso dell’umorismo molto utile quale valvola di sfogo.

-        Fra tutti, Nightshade era quella più a disagio. Che cavolo ci faceva lei, in quel posto, in questa banda di pazzi? Lei era una scienziata, si era trasformata in licantropa solo per assaporare la gioia di essere come i suoi ‘soggetti di ricerca’, non per fare l’eroina del macabro! Teneva duro solo per non dare a ‘Hunter la soddisfazione di vederla uggiolare!

“...Ma per quanto coraggiosi,” stava continuando Iasurra, “Le vostre speranze sono davvero malriposte. Siete del tutto impotenti, qui.

“Hai ragione, Lilith: se non fosse stato per riconoscenza, non avrei avuto ragione di intervenire. Dopotutto, sono una Dea dell’Interregno, e come i miei simili desidero tornare sul vostro piano, nutrirmi delle energie dei nostri fedeli per riprendere a vivere un’esistenza stabile.

“Vi sorprende? Noi siamo Dei, per così dire, di seconda generazione. Gaea, Set, Chton...essi ci partorirono quando le prime menti senzienti apparvero sulla Terra, perché fungessimo da tramite fra il vostro e il loro piano...Ma non avevano tenuto conto di un fattore critico.

“Come gli Dei delle successive generazioni, abbiamo bisogno dell’adorazione incondizionata, della fede, della vostra fantasia, per mantenere una forma concreta, focalizzare il nostro potere. Noi, e poi gli Asgardiani, i Celtici, Maya, Indu...A differenza dei nostri genitori, non possediamo una mente autonoma, ma siamo come dei ‘fantasmi’ di energia, bisognosi di essere nutriti.

“Quando le civiltà umane che ci avevano sostenuto caddero, dovemmo fuggire qui, per continuare a esistere con le energie fino a quel momento accumulate...Ma era solo un rimandare l’inevitabile. Alla fine, saremmo sbiaditi, consumati dalla nostra fame.

“Per questo abbiamo invaso il tuo regno, Lord Tagak. Il Lettore che era nascosto presso di voi era la nostra sola speranza, e non ci saremmo fermati di fronte a nulla.”

Tagak ringhiò. L’unica cosa che gli importava, era che la sua gente era stata cacciata, sterminata...E che fermare l’imminente invasione era la sua ragione di vita, adesso!

Iasurra scosse la testa. “So cosa pensate, e ve lo ripeto: non avete speranza. Osservate.” Un cenno appena impercettibile con le dita...

E un viluppo di radici coperti di spine aguzze di ogni dimensione, esplose dal terreno. Veloci come il pensiero, avvolsero i paranormali in una morsa di atroce dolore! E nonostante ognuno di loro avesse i mezzi o i poteri per liberarsi, era come essere paralizzati, privati di ogni potere decisionale o forza...

“Ora capite?” fece Iasurra. “Queste spine penetrano la vostra anima, mentre le radici immobilizzano il corpo rivoltando la vostra stessa forza contro di voi. Anche vincendo me, dovreste arrivare al Lettore, e superare altri quattro Regni e i loro Custodi, prima di arrivare al Lettore...E il tempo non è dalla vostra. Guardate.”

Veloci come erano apparse, le radici spinate si ritirarono, e gli eroi caddero, alcuni di loro pesantemente sanguinanti –quelli di loro che il sangue ce l’avevano, cioè.

I Supernaturals seguirono la mano puntata verso l’alto. Ormai, si vedevano squarci di cielo azzurro, la cima di una montagna che Dreadknight identificò come il Monte Bianco. In cima, fra le nubi, come un piccolo sole brillava un disco perfetto, la sua superficie incisa al negativo, tale era il bagliore, di complesse rune intrecciate fra loro in una specie di geroglifico dalle geometrie impazzite.

La bocca di Iasurra era contratta in un ghigno enorme, orrendo che contrastava ferocemente con la sua bellezza –era un’espressione irta di zanne impossibili e nere. Le sue antenne fremevano...e la sua voce continuava a mantenere degli assurdi toni caldi e gentili. “La lettura delle Parole che lasciammo sul vostro mondo per comporre l’incantesimo di attraversamento è quasi ultimata. Sarete i primi mortali ad assistere al ritorno dei vostri...” il sorriso si spense d’un colpo, cancellato, rimpiazzato altrettanto velocemente da genuino stupore.

E ne aveva ben donde, perché il glifo si era spento. Era solo, di nuovo, un complesso disegno che presto sarebbe stato coperto dalle nevi e dal ghiaccio.

Le finestre sul mondo si chiusero. L’Interregno era di nuovo isolato.

Iasurra si voltò a guardare i suoi prigionieri. “Voi! Siete stati voi, a rovinare tutto! Come YEARGH!” L’urlo di dolore sgorgò non appena fu avvolta da abbaglianti raffiche di energia. L’entità fu presto in ginocchio, trovando appena la forza di fissare il suo aguzzino.

Nebulon, che stava sparando attraverso la mano protesa, i capelli argentei illuminati da scintille e mossi da un vento invisibile. “Conosci il tuo nemico, Iasurra. In questo regno saturo di bioenergie il mio potere, che è da esse alimentato, trova la massima espressione.” Il peggio era stato lasciarla fare, lasciarle credere di averli in pugno, mentre l’Uomo Celestiale si ‘sincronizzava’ con le energie arcane di questo posto.

Ma lei non era in grado di commentare. Era troppo occupata a cercare di resistere alla propria stessa fonte di potere, che ora le veniva rivoltata contro...

 

Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia Nord-Occidentale

 

Nel mare in tempesta, con una forza che non si ricordava da generazioni, la colonna luminosa che si stagliava fin oltre il cielo trascinava con sé, in un moto vorticante, quantità indicibili di acqua e fauna marina. Tale processo diventava reversibile solo nel momento in cui la gravità reclamava il maltolto, facendo delle piogge un fenomeno tanto intenso quanto singolare. Sarebbero stati non pochi, i pescatori di Cape Cliff che il giorno dopo non avrebbero avuto bisogno di gettare le reti…

 

Ma tutto questo, così come lo spettacolo delle impervie scogliere che sembravano venire divorate dalla furia elementare, non interessava la figura intenta ad osservare dalla terrazza di un castello scolpito nella stessa scogliera. La figura fradicia ma salda, incurante dei venti e dei fulmini abbastanza potenti da incenerirla, se l’avessero colpita, di un uomo nei cui occhi grigi brillava una luce cupa, determinata.

Victor Lord Salisgrave era giunto alla sua decisione: sarebbe intervenuto personalmente! I suoi piani sarebbero dovuto essere rimandati sine die, ma era un prezzo minore, paragonato al fallimento totale…

Mosse le labbra. Termini arcani, antichi e dimenticati iniziarono a danzare nella sua bocca, mentre la sua volontà focalizzava quelle parole in una potente stregoneria.

E in quel momento, come un miraggio, la colonna tremolò e si spense. Al suo posto, svettava l’antico faro del castello

La sorpresa sul volto dell’uomo sarebbe stata quasi comica, non fosse stato per la sinistra soddisfazione che la rimpiazzò un attimo dopo. “Così, ce l’hanno fatta,” sussurrò apparentemente a nessuno in particolare.

La tempesta si era smorzata con altrettanta velocità. Le piogge erano cessate, il vento la familiare sferza naturale di quella regione.

Alle spalle del Conte di Salisgrave, l’aria tremolò e si solidificò nella familiare figura semirittiliana, argentea, del suo familiare. “Il tuo piano procede alla perfezione, mio signore. Ora, puoi procedere…”

Victor si voltò, per rientrare a larghi passi. “Una cosa per volta, Claudius. Non sono tranquillo: ho percepito come un turbamento, come se le Ley Lines si fossero disallineate. Voglio verificare.”

 

I due procedettero lungo i tortuosi corridoi del castello –giù, sempre più giù, lungo un budello di roccia frastagliata. L’umidità era impassibilmente alta, tanto da giustificare le piccole stalagmiti che pendevano dal soffitto. La luce veniva fornita da Claudius, la cui pelle brillava di propria energia come quella di un organismo fotoforo.

 

Finalmente, giunsero davanti a una massiccia porta di legno attraversata da strisce di nero ferro battuto. Ogni striscia era venata di rune e geroglifici, in uno stile non dissimile da quello delle Parole.

Immediatamente, Claudius volle farsi piccolo piccolo; praticamente, si rifugiò dietro al suo padrone. Emetteva dei versi schioccanti inframezzati a sibili che un individuo che non lo conoscesse avrebbe classificato come spaventosi. Non spaventati.

“Come temevo,” sospirò Salisgrave, scuotendo la testa. “Una forza esterna deve avere rotto o cancellato una delle Parole[vi]. Nel loro fallimento, i Supernaturals hanno avuto la fortuna del principiante.”

“E ora che si fa, padrone?”

Un sospiro. Purtroppo, l’uomo lo sapeva benissimo cosa si doveva fare..!

 

“Vi prego…Basta!” i versi di Iasurra erano ridotti a grugniti animaleschi. “Smettetela. Farò quello che volete, lo giuro!”

La morsa intorno a lei si allentò quel tanto da permetterle di rialzarsi, ma il dolore permaneva. “E’ semplice,” disse Nebulon. “Facci uscire da qui. Niente trucchi. Oramai siete di nuovo prigionieri, e non abbiamo ulteriori ragioni di combattervi.”

La chioma della creatura fremette, e lei se la rise di gusto. “Stolti! Siete entrati qui solo perché le barriere si erano indebolite! Ora siete prigionieri con noi, e nessuno nell’Interregno o fuori di esso è in grado di aiutarvi! Vi siete scavati la fossa con le vostre mani!”

Nel gruppo, ci fu uno scambio di sguardi allarmati. Potevano anche non reclamare alcun merito, a questo punto, ma non avrebbe fatto alcuna differenza. Erano fritti!

 

“Tirarli fuori ugualmente? Ma, mio Si…”

Victor stava in piedi, al centro di una stanza dalle pareti nere, senza finestre, letteralmente tappezzate di simboli mistici. “Una cosa che ho imparato, in questi anni di osservazione, Claudius, è che i paranormali di questo mondo riescono a trovare le più inaspettate vie di fuga dalle condizioni più ostili. A differenza degli Dei dell’Interregno, i Supernaturals non sono vincolati dalle stesse imposizioni di isolamento. E se aprissero una breccia al di fuori del mio controllo, sarebbe una catastrofe. E ora, Claudius, taci e assistimi.”

 

“Es uno scherzo di cattivo gusto, giusto?” fece Moonhunter. “Insomma, quel Conte dei miei stivali ci avrebbe mandato qui a fare i kamikaze?”

“Così parrebbe,” disse Dreadknight, guardando verso il fantastico orizzonte. “Ma se c’è una cosa che ho imparato sotto Destino, è che una via di fuga alternativa esiste sempre…Per esempio, come hanno fatto a raggiungere il mondo di Tagak, se ancora dovevano leggere il loro incantesimo liberatorio?”

Nebulon sottolineò la domanda rinnovando con ancora più forza la presa su Iasurra, che si contorse pietosamente. “L’Interregno è solo…” ansimò/ringhiò lei “…solo una delle tante dimensioni che costituiscono il Crocevia delle Realtà. Ogni dimensione, dotata delle proprie caratteristiche, è perfettamente isolata dalle altre, e dall’esterno vi si può accedere solo attraverso pochi portali.

“E’ stato uno dei vostri stregoni, a fornirci i mezzi per superare la barriera con il Regno di Tagak, perché arrivassimo al Lettore. Si tratta di un talismano, ed è adesso in mano a Sarzabar. E lui è potente a sufficienza ad impedirvi di arrivarci.”

“E sta dicendo la verità,” proruppe una voce, che sembrava venire da ovunque. Una voce neutra, potente, che riempiva il cielo.

Una voce che si consolidò in un volto umano immenso. “Io sono Umat-Bar, Signore del Primo Regno.”

Tutti con manie esibizionistiche, da ‘ste parti,” mormorò Hobgoblin.

Il volto del Dio si aggrottò. “Siete ancora vivi perché questo è il Regno della Giustizia e della Conoscenza. Nessuno dei custodi può farvi del male senza il mio permesso. Tocca a me, decidere in quale dei Sei Regni mandarvi a scontare gli eventuali gradi di colpa, e vedo che la purezza non abita nei vostri cuori.”

“Se sei il dio della Giustizia, Umat-Bar,” disse Nebulon, “allora sai che la nostra missione non è di ingiustizia.” E qui, Nightshade appiattì le orecchie immaginando il gran ‘bum’, tanto era grossa. “Il vostro tempo è trascorso, il mondo dei mortali è percorso da altre fedi.”

“Forse era vero, fino a poco tempo fa.”

Thulsa Doom, il Gran Sacerdote di nostro padre Set, è tornato a vivere per spargere nel mondo la sua parola. Molti mortali a tutt’oggi perseguono il Culto del Serpente. Nostra madre Gaea è adorata nelle sue tante forme da milioni di individui. Il nostro posto nel mondo è legittimo. Perché avete invaso l’Interregno? Voi non rappresentate alcuna fede, e la giustizia non è una vostra virtù.”

“’Vista spettacolare, vicini tranquilli, affitto economico…’ vatti a fidare degli annunci,” disse Moonhunter.

 

Agganciati! Adesso, per Victor sarebbe solo stata questione di una manciata di secondi, per focalizzare le energie in quel mare di caos. Calma…con calma…

 

“Vi ho esaminati, e vi ho trovato colpevoli di gravi atti di arroganza contro degli Dei, e di tradimento di un atto nobile da parte di un dio. Il vostro posto è per l’eternità nei più profondi gironi del Sesto Regno. Possa la vostra sofferenza essere dolorosa quanto lunga.”

 

Adesso!

 

Elementi per un disastro: due volontà indomabili, la stessa intenzione, gli stessi metodi…due destinazioni diametralmente opposte!

Umat-Bar trasportò via i Supernaturals nello stesso, esatto momento in cui Victor Salisgrave faceva lo stesso. In quel fatale istante, fu come avere avvicinato materia ed antimateria. L’etere fu scosso da un’esplosione magica di rara potenza, nella sovrapposizione delle due stregonerie. I Supernaturals sparirono nell’occhio del neonato maelstrom, verso una destinazione nota solo al caso.

Ma per quanto riguardava l’Interregno, quell’esplosione aveva fatto, per somma ironia, quello che per eoni si era cercato di evitare. Le energie interdimensionali create da Victor Salisgrave erano diventate un tracciante, una strada aperta!

 

“NO!” Victor tentò disperatamente di chiudere il portale involontariamente creato…Ma tutte le rune gli si rivoltarono contro, guidate non da una ma da centinaia di volontà antiche quanto la civiltà! E per quanto sottile ed abile potesse essere il misterioso Conte Negromante, era solo uno contro un esercito.

Come acqua, le rune cambiarono forma, si agitarono, si mossero a grappoli l’una verso l’altra,

a formare

l’ultimo sigillo.

Padrone!” Urlò Claudius, gettandosi su di lui. Atto eroico, freddo calcolo dettato dal più bieco egoismo, logica conseguenza…il familiare-gargoyle, composto vivente di arcane energie, mettendosi fra il suo padrone e il varco in formazione, interruppe l’assorbimento delle preziose energie vitali di Victor, che fungevano da ‘tracciante’ verso l’oscuro regno.

 

Il risultato di tale azione, fu immediatamente visibile sul ponte di comando dell’elivelivolo dello SHIELD.

La crisi in Arizona aveva di colpo preso la precedenza su ogni altro ordine del giorno. Tutti i mezzi disponibili offrivano copertura 24 ore su 24, costretti a fare di straordinari non solo per il territorio Nordamericano, ma per qualunque luogo nel mondo collegato agli USA. La possibilità di atti terroristici era semplicemente troppo grande, adesso, per permettersi di abbassare la guardia!

In tale contesto, un buon grado di attenzione era stato dedicato a Cape Cliff, in quanto epicentro del presunto fenomeno di teletrasporto del colossale alieno responsabile della fine di Phoenix.

Paranoia rinnovata dalla formidabile esplosione luminosa che trasformò ogni singola apertura del castello nella scogliera in un cratere da cui eruttava una lancia abbagliante!

Il fenomeno, che i sensori, purtroppo mai programmati per le sottili sfumature dell’etere astrale, non poterono che constatare essere innocuo a tutti gli effetti, lanciarono un allarme, nel contesto della crisi, non-prioritario. L’operatore addetto reagì prontamente, ma a quel punto, il Castello era nelle stesse condizioni del pre-allarme. In assenza di altre situazioni, l’uomo fece l’unica cosa logica: attendere, e nel frattempo disporre la segnalazione nella lunga lista di falsi allarmi che si ingrossava col passare dei minuti.

Lo SHIELD non avrebbe mandato uomini a Cape Cliff per diverso tempo.

 

L’aria puzzava di ozono e di energie arcane. C’era fumo ovunque, ma la stanza era fredda. Uno scansore avrebbe notato la vistosa assenza di ogni forma microscopica di vita. A parte il suo solo occupante, la stanza era perfettamente sterile.

Una mano dalla pelle grinzosa, di pergamena, coperta di macchie, le dita piegate come artigli dall’artrosi, spinse contro il pavimento con un residuo di forze.

Il corpo devastato dal tempo si mise in ginocchio, tremando. Gli abiti lussuosi erano rimasti inalterati, uno stridente contrasto,

con quello che era diventato Victor Salisgrave, mentre questi si trascinava in piedi, appoggiandosi alla nera, nuda parete. I suoi capelli erano un grigio sipario che gettava ombra su un volto in cui spiccavano le nere scintille degli occhi. “C…Claudius…” la sua forte voce era poco più di un rantolo al limite dell’afono.

Improvvisamente, una mano lo prese per l’arto avvizzito, aiutandolo gentilmente a rimettersi in piedi. “No, temo che il tuo prezioso animaletto non possa più esserti di aiuto.” La voce era maschile, matura. Minacciosa.

Le scintille di Victor si mossero verso l’intruso. Poteva essere invecchiato per il prosciugamento del suo Mana, ma i suoi sensi magici erano ancora all’apice. E in questa nuova figura, il Conte avvertiva una allarmante dualità –era un mortale, ma anche un essere mistico…No, non uno…Provava nei suoi confronti la stessa sensazione che aveva provato di fronte alla colonna di luce…

L’uomo era di razza caucasica, con spioventi baffi alla cinese e un appropriato pizzo alla Faust. La metà superiore del volto era coperta da una maschera dorata, che alle tempie si allungava in un paio di corna. La testa era coronata di lunghi capelli corvini. Indossava un costume rosso, su cui spiccava il pulsante sigillo, impresso nella cintura dorata.

Con un frusciare dell’ampio mantello, l’uomo portò a sé il Conte, fissandolo negli occhi, con un sorriso sinistro. “Ma tu lo sei stato a me, e di questo, il potente Pandemonium ti ringrazia!” Poi rise, e la sua voce era quella di milioni di anime dannate e demoni tormentatori…

 

Da qualche parte nell’Europa Centrale…

 

“Sapete, a questo punto gli eroi si trovano o a casa loro, pronti per un bel tè freddo, o in qualche ameno vicolo, dove il problema più tosto è quello della spazzatura su cui sono atterrati…Insomma, potremmo riprovare la scena e amici come prima?”

In tutta risposta, la foresta di lance e spade si strinse ulteriormente attorno agli otto paranormali, ancora troppo sopraffatti dalla sorpresa e dalla confusione per capire cosa fare.

“Facci un favore, pellerossa,” ringhiò Nightshade. “Amputati la lingua, va bene?”

Erano circondati da una visione anacronistica: decine di Guerrieri Templari armati fino ai denti, con tanto di tonache bianche, anche se al posto della croce scarlatta, sui petti mostravano una elegante rosa d’oro…

 

Episodio 5 - Il sangue della rosa (I parte)

 

Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia Nord-Occidentale

 

Il trionfo e la disperazione.

Due individui, ognuno ad incarnare uno di tali stati.

Da una parte, lo sconfitto: Victor Salisgrave, Conte e Negromante. Fino a pochi minuti prima impegnato in una complessa strategia che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto vederlo dominatore fra gli Dei...

Come un principio di Murphy, tutto quello che poteva andare storto lo aveva fatto. Il risultato era un guscio avvizzito, che qualunque medico avrebbe dovuto dichiarare morto a tutti gli effetti...Ma la volontà del Conte di Cape Cliff era ancora una forza indomabile, capace di vincere una piccolezza come la morte corporea. Anche se nel presente stato –i capelli radi e bianchi, la pelle scavata come la scogliera in cui era eretto il suo castello, le labbra ritratte su una dentatura gialla ed irregolare, gli occhi ridotti a puntini scintillanti in orbite nere- non poteva fare più di reggersi in piedi.

Dall’altra parte, il vincitore. Un uomo di razza caucasica, con spioventi baffi alla cinese e un appropriato pizzo alla Faust. La metà superiore del volto era coperta da una maschera dorata, che alle tempie si allungava in un paio di corna. La testa era coronata di lunghi capelli corvini.

L’essere chiamato Pandemonium stava in piedi al centro della stanza, le cui pareti erano state fino a poco prima coperte di potenti rune.

Le stesse rune che ora, in nuove, elaborate disposizione, come a formare sia parole che geroglifici, erano impresse nel pulsante sigillo sulla cintura metallica del costume rosso e oro.

“Non ha bisogno di temermi, Milord,” disse, sarcastico, Pandemonium. “So essere clemente con chi mi aiuta. Anche se involontariamente.

“Ahh, lei non sa quanto sia bello, essere vivi! Io lo ero, un tempo: ero un attore, un uomo famoso, giovane e con una vita di gloria avanti a me...Una vita sacrificata in uno stupido incidente stradale, come l’ultimo dei perdenti! Un incidente a cui, come scoprii con mio sommo orrore solo tempo dopo, non sopravvissi.

“Era stato lo stesso Mefisto, a tenermi in vita, per giocare con me, per farmi credere di avere una possibilità. Trasformò il mio corpo in quello che sono, la Dimora di tutti i demoni. Naturalmente, dal sadico che era, Mefisto mi disse che avevo una possibilità di sfuggire alla maledizione, di tornare ad essere umano!

“Mi costrinse a cercare i frammenti della mia stessa anima, sparpagliati in modo che dovessi combattere contro innumerevoli supereroi, per riprenderli. Ed io lo feci, soffrendo duramente, un pezzo alla volta...fino a quando, nel momento del mio trionfo finale, la verità mi fu rivelata: Mefisto mi aveva usato per ricostruire sé stesso. Io fui gettato via per quello che ero, un giocattolo usato![vii]

“Ma persino Mefisto mi aveva sottovalutato: durante la mia nuova esistenza, avevo acquisito molti segreti delle arti arcane, e le usai per trasformarmi in pura energia, in attesa di un involontario recipiente che mi avrebbe riportato al mio presente stato.

“E il tuo animaletto Claudius era quel recipiente, Milord. Hai usato grandi quantità di energia dalla mia dimensione, per modellare quello che credevi dovesse essere il tuo fedele familiare. Mi hai dato una forma, ma essa era ancora troppo debole per fare più che assorbire piccole quantità di energie per volta, durante i tuoi riti.

“L’imminente liberazione delle entità dell’Interregno mi ha ispirato a contattarle per fornire loro una via di fuga alternativa, un ‘Piano B’ per così dire.”

Pandemonium accarezzò il volto di Salisgrave, prima di abbracciarlo. Nell’orecchio, gli sussurrò con la voce di Claudius, “Povero Padrone, credevi di avere avuto tu l’idea di mandare quegli inetti nell’Interregno, mentre ero stato io ad ispirarti, a guidarti nella scelta con sottili suggerimenti. E tu, in preda del tuo vanitoso orgoglio, non hai mai sospettato.”

La risposta di Victor fu un sibilo avvizzito.

Pandemonium prese l’uomo per un braccio come fosse stato il partner in un osceno valzer, e lo costrinse a una serie di volteggiamenti per la stanza. “Adesso sono libero,” disse Pandemonium, “Sono vivo ed integro, anima e corpo, e più potente che mai, perché ora porto con me la sola via d’accesso funzionante da e per l’Interregno. Ho in me il potere degli Dei stessi! Prima sistemerò le tue involontarie pedine, poi chiuderò i conti una volta per tutte con i maledetti Vendicatori e i loro alleati Rangers!”

La stanza fu riempita della sua risata.

 

Transilvania, Europa

 

Il castello si ergeva fieramente con tutta la possanza dei suoi 1500 anni su quella che, prima di esso sorgeva la cima di una collina. La foresta era ancora lussureggiante, miracolosamente risparmiata dalle piogge acide e dall’inquinamento. Formava una barriera naturale impenetrabile, alimentando l’impressione di potenza della fortezza di pura, granitica roccia.

Una struttura imponente, costruita in una posizione remota, inaccessibile, priva di ogni valore tattico. Ai suoi tempi, era chiamato ‘Il Monastero’. Per gli appassionati del turismo naturistico ad oltranza, era una meta degna di essere vista, anche se nessuno era mai riuscita a visitarla. Se chiedevate informazioni ai locali del più vicino villaggio –a chilometri di distanza- vi sarebbe stato risposto che persino nella loro memoria non vi era più posto per il Monastero. Solo qualche anima ardita avrebbe osato dire che talvolta, nelle giornate di nebbia, il Monastero scompariva.

Insomma, il Monastero era una struttura inviolata, tranquilla.

Fino ad ora.

Per la prima volta in secoli, un’esplosione scosse la parete nord del castello! Il fumo non fece in tempo a dissiparsi, che una figura umana ne schizzò fuori a tutta la velocità consentita dall’aliante posto ai suoi piedi.

 

Hobgoblin si guardò intorno, più curioso che sorpreso –era stato trasformato in un demone, ucciso, uscito da una bara e aveva appena visitato un regno ultraterreno degno di un allievo di Picasso e Bosch, e una foresta Dio-solo-sapeva-dove gli faceva un baffo! Era più preoccupato dal portare la pelle a casa e in fretta! Il contratto era annullato, e cyborg o no, Phillip Jason Macendale non aveva più voglia di giocare a fare il salvatore del mondo per conto terz*

I suoi pensieri furono troncati dalla tremenda ondata di dolore che pervase il suo corpo! Hobgoblin perse il controllo, e iniziò a precipitare a spirale...

Un attimo prima di finire impalato contro la cima di un pino, riprese il controllo. Il dolore era ancora presente, ma meno intenso –che diavolo era successo? Doveva essere stata qualche magia di quei pazzi là dentro, senza dubbio...

Hobgoblin serrò i denti appuntiti della maschera. Voleva dire che doveva sbarazzarsi degli idioti, prima!

Invertì la rotta e tornò verso il Monastero...quando vide uno spettacolo più interessante nel cortile...

 

“Lo dicevo io, che isolarsi dal mondo fa male! Con chi credono di avere a che fare, questi? Con dei contadini?!”

La lingua sciolta nel bel mezzo di una battaglia poteva essere un difetto per molti, ma non certo per Nightshade. Una dose del siero da lei stessa creata l’aveva trasformata definitivamente in una lupa mannara, e potersi scatenare con un corpo capace di forza e di agilità come fino a quel momento si era solo sognate, era un’occasione troppo bella per farla passare sotto silenzio!

All’interno di un salone grande quanto una palestra, l’intero gruppo dei Supernaturals era impegnato in uno scontro frontale contro un’orda di uomini vestiti come antichi templari, che sulle bianche tonache, al posto della croce scarlatta, mostravano una rosa dorata.

La rissa era indescrivibile, con Nightshade, nel suo contrastante look da punk –body di pelle nera stracciato erraticamente, criniera a cresta, orecchini, e lenti a contatto di diverso colore- intenta a saltare sulle teste della folla degli avversari, menando ogni tanto un colpo che andava a segno solo per fortuna, per giunta senza causare più di qualche escoriazione –memo, allenarsi di più...

Una specie di esplosione alle sue spalle la spinse a voltarsi...e ad incontrare lo sguardo vacuo di un templare, ‘freddato’ nell’atto di abbassare la spada. Poi, l’uomo cadde, la schiena perforata da un enorme squarcio fumante!

La neo-mannara fece un esitante cenno di ringraziamento al suo angelo custode, Moonhunter. La giacca e pantaloni di pelle nero-blu dell’indiano erano squarciati là dove le lame avevano colpito –senza del resto scalfire l’armatura d’argento che ricopriva ogni centimetro del suo corpo. Moonhunter sparò un altro colpo col suo fucile a doppia canna magicamente potenziato. Templari caddero, ma nessuno fu ucciso. Non era necessario andare a vedere sotto la maschera d’argento dagli occhi rossi, per verificare la sua determinazione: quando agiva così, chirurgicamente, senza sprecare un movimento, senza mormorare una parola –lui che aveva una lingua più sciolta della sua frusta!- allora era meglio stargli alla larga, sissignore!

Un altro templare all’attacco! Nightshade lo colpì con un calcio a rotazione –almeno le lezioni di Kung-Fu non erano state denaro buttato via!. Si chiese come mai colui che era un dedicato cacciatore di licantropi ci tenesse tanto alla sua salute...O forse era vero quello che dicevano del fascino animale!

 

Per conto suo, Lilith non aveva nulla di che stare allegra.

Conosceva bene il Monastero e la fama che lo circondava, e non poteva finire in luogo peggiore! L’intera struttura era benedetta, e la vampira non poteva neppure trasformarsi in nebbia per fuggire. Il meglio che poteva fare era la pallida imitazione di quella pseudo-mannara! Colpire il primo che si avvicinasse troppo, schivare, e stringere i denti ogni volta che una lama benedetta la sfiorasse solamente. Il suo elegante corpo pallido era già costellato di cicatrici annerite...Almeno, le veniva risparmiata l’umiliazione di essere vista da suo padre, Dracula...

Combatteva bene, Lilith, nonostante le forze le venissero sempre meno, ma la situazione non aveva bisogno di spiegazioni. Lei era una contro un esercito dedicato alla sua distruzione. Era solo inevitabile, che alla fine venisse messa all’angolo. Inevitabile, che un templare riuscisse a portarsi in posizione, per sferrare il colpo di grazia con una mazza chiodata...

Meno inevitabile che anche l’angelo oscuro avesse il suo angelo custode –nello specifico, Tagak, il Principe-Leopardo. La creatura felina atterrò dall’alto, con entrambi i piedi, sulla schiena del templare, in un rumore di metallo e ossa rotte! “Milady, tutto bene?” La sua voce era come sempre acciaio coperto di velluto. Tagak era un raro esempio di autocontrollo nelle situazioni più difficili.

Tagak si mise in posizione d’attacco davanti ai templari schierati. Inutile chiedere loro di ragionare, le loro espressioni spiritate erano sufficienti a chiudere ogni dialogo!

Urlando, si lanciarono! Un numero sufficiente a tranciare due soli avversari...

Tagak ebbe bisogno di 1 solo secondo –il tempo di scorgere il proprio riflesso nella dozzina di lame, e diventare una sola cosa con quelle ombre speculari!

Emersero dalle armi stesse, dodici ombre al negativo del Principe Leopardo. In un attimo, le sorti dello scontro furono ribaltate decisamente a sfavore per i sorpresi templari, che dovettero combattere contro un’orda di gatti inferociti e veloci come il fulmine!

 

L’unico dei Supernaturals a divertirsi un mondo era Dreadknight. Il cavaliere dalla nera armatura, con un sinistro teschio bianco alato per elmo stava falciando avversari con la sua nuova spada. La vibrolama tagliava l’acciaio rinforzato dei Templari come fosse stato burro, e ormai più d’uno era andato a nutrire le fila dei caduti. La nuova, più robusta armatura che fungeva da esoscheletro era già una buona protezione, ma per colmo di scrupolo il cavaliere stava dandoci dentro con uno scudo tondo su cui capeggiava, come sul petto, il suo simbolo personale stilizzato di teschio su tibie incrociate.

Era imbarazzante, per i Templari, che non riuscivano ad avere ragione di quell’Errol Flynn che sembrava danzare in mezzo a loro, parando con la stessa abilità con cui riusciva a colpire...Ma anche qui, era l’entropia a decidere in sfavore di uno contro molti. Finalmente, non una spada incontrò quella di Dreadknight, ma un’alabarda! La combinazione di forza insufficiente e di angolo d’intercettazione bloccò la lama del cavaliere che trovava ora un degno avversario in un templare dai muscoli ben torniti.

Le lame avversarie balenarono, metallo tintinnante contro metallo. Lo scudo parò il più dei colpi, ma Bram Velsing non ci teneva a verificare fino in fondo la solidità dell’armatura. Digitò un pulsante sull’elsa.

Dalla lama partì una potente scarica elettrica! Questa passò attraverso l’alabarda fino al corpo del templare. Sarebbe anche finita lì, non fosse stato per la vicinanza fisica dei compagni dell’uomo, che sperimentarono sulla loro pelle il principio della conduttività dei metalli!

Dreadknight rinfoderò l’arma, soddisfatto –chissà se avrebbe funzionato altrettanto bene con Iron Man. Aveva ancora un sospeso, con quello lì...

 

Distaccato dalla battaglia, in tutti i sensi, se ne stava Carrion: questi non solo era di fatto un morto ambulante, ma poteva corrompere e repellere ogni sostanza organica. Applicando tale principio alla biosfera stessa, Carrion poteva levitare. Non era certo al sicuro dalle frecce, ma il suo corpo esile, dalla carnagione giallastra, non poteva soffrire alcun danno, anche se le frecce avevano una punta e l’anima d’argento... °Che cosa stai facendo? Perché non colpisci?!°

William Allen ignorò la voce maligna di Miles Warren, la cui volontà era incarnata nel virus senziente che faceva di Allen Carrion. “Se non te ne fossi accorto, Warren,” rispose, apparentemente parlando all’aria, “anch’io sono uno scienziato, e analizzare la situazione ha più importanza che precipitarla a vuoto. Sprecare le risorse in inutili dimostrazioni non ha valore per me. Preferisco occuparmi delle minacce più immediate. Per esempio...”

Diversi tiratori si erano portati alle sue spalle, pronti a tirare dalle ringhiere del piano superiore. Mirarono il cranio del nauseabondo simulacro di un essere umano.

Non arrivarono neppure a lanciare. Un’ondata del potere di decomposizione di Carrion li investì in pieno, trasformandoli in cadaveri raggrinziti. “Idioti,” sibilò Allen, mentre Warren esultava.

Poi, la battaglia si fermò.

 

Lo ‘spettacolo’ era costituito da una specie di danza della morte fra l’ottavo membro dei Supernaturals, Nebulon, l’Uomo Celestiale, e un gruppo di...frati? Non indossavano alcuna armatura, ma delle tonache nere dalle maniche a sbuffo e ampi cappucci. Sembravano tanti spiriti del malaugurio. E se anche sembravano essere –come poi erano- privi di qualsivoglia arma mistica, gli incantesimi che lanciavano erano talmente potenti da scuotere l’aria stessa tutt’intorno al teatro della battaglia!

Hobgoblin mise il suo aliante in posizione di parcheggio, e decise di aspettare con calma come si metteva.

 

Nebulon dovette ammettere con sé stesso di avere sottovalutato questi particolari terrestri. Anche se erano meno potenti del suo migliore avversario versato nelle arti mistiche, il Dottor Strange, sapevano lavorare in gruppo. Appena uno prendeva anche solo un paio di secondi per comporre una nuova stregoneria, un altro colmava efficacemente il gap. Era l’equivalente di una mitragliatrice magica.

Ma neanche Nebulon era un dilettante. Il suo potere derivava dall’assorbimento delle energie della stessa biosfera, e sarebbe potuto andare avanti fino alla consunzione del pianeta...Se avesse nutrito un simile pensiero!

Come Hobgoblin, Nebulon era da poco tornato a nuova vita dopo avere tentato con apparente successo il suicidio per gli errori commessi in vita. Prima di spegnersi per quella che credeva l’eternità, aveva gridato al cielo il suo pentimento, ed era ora deciso a non rinnegare la sua redenzione, costasse quel che costasse!

“E’ scorso abbastanza sangue!” disse ai sacerdoti, mentre usava una serie di scudi per parare ogni attacco. “Per favore, tutto questo è folle! Non eravamo giunti qua con alcuna intenzione ostile!”

“I fatti smentiscono le tue parole,” disse l’unica donna di quel gruppo, una creatura giovane, di una bellezza severa come quella di una moderna Giovanna d’Arco. Era anche l’unica ad essere armata di una spada, che usava per convogliare i suoi attacchi. “La stessa Figlia di Dracula milita fra le vostre mostruose fila. È prova sufficiente delle vostre intenzioni!” E con la spada fiammeggiante tracciò un arco.

Nebulon dovette parare, impoverendo di un altro frammento il mondo su cui camminava –era inutile, c’era un solo modo per fermarli, fare loro capire, anche se ormai il danno era fatto...

Nebulon scomparve.

I sacerdoti si distrassero, per un solo, fatale momento.

Un momento che l’Uomo Celestiale usò per apparire sopra di loro ed avvolgerli in una bolla di energia solida! “E questo dovrebbe sistemarvi. La bolla è composta con le vostre stesse energie vitali. Cercate di infrangerla, e sarete solo voi, a soffrirne.” Poi, rivolse la sua attenzione al castello. Fece un cenno.

 

La battaglia terminò perché, improvvisamente, tutti i templari si trovarono avvolti ognuno in una bolla!

Il resto dei Supernaturals era conciato male a vari stadi –particolarmente Lilith, che ora doveva appoggiarsi a Tagak per stare in piedi e tremava per le ferite ricevute. Nightshade non era messa molto meglio, essendo stata ferita a colpi di argento...E non poteva certo appoggiarsi a Moonhunter!

“Se l’è presa comoda,” disse il cacciatore di mannari, ansando.  “Qualcuno ha un’aspirina? Con tutte le botte che mi sono preso in testa...”

“Non che faccia molta differenza, lunatico,” fece Nightshade, ottenendo un ringhio da ‘Hunter. “E adesso?”

Le bolle si dissolsero. La voce di Nebulon riempì le menti dei presenti. <Adesso parleremo, come avremmo dovuto fare fin dall’inizio.>

 

Nonostante il dispiego di forze e di sangue, i morti erano effettivamente una dozzina...Un tantino più alti i feriti, tanto che di fatto il castello era mezzo sguarnito, quando finalmente sacerdoti e Supernaturals si sedettero al tavolo del salone centrale.

Fiducia o no, comunque nessuna facilitazione fu concessa a Lilith, che dovette restare in quell’ambiente a lei ostile quale prova di ‘buona volontà’.

A nome del gruppo, Nebulon spiegò le circostanze del loro arrivo –era comunque il più qualificato, non soffrendo delle inibizioni culturali che avrebbero fatto sentire ridicolo chiunque altro ne avesse parlato.

Alla fine, ci fu un momento di silenzio, durante il quale gli anfitrioni soppesarono la validità del racconto. “Non è nostra abitudine, prenderci gioco delle parole altrui,” esordì il più anziano dei Sacerdoti –che a dire il vero assomigliava un tantino a Fra’ Tuck- afferrando una ciotola in legno contenente del vino. “Lo sa Dio, quanto fragile possa essere la realtà vista senza apertura mentale.

“La verità, è che questo è un periodo molto difficile per noi. In questi giorni stanno avvenendo portenti che promettono nuove tenebre non solo per noi ma per il mondo intero. Il nostro spirito è saldo, come avete potuto testimoniare di persona, ma i nervi sono fragili. La nostra Blanca è un buon Comandante, ma la giugulare è una tentazione ancora troppo forte.

“Noi apparteniamo all’Ordine dei Decani. I nostri antenati, secoli fa, si investirono dell’onere di cacciare per sempre il malvagio Diablo da questo mondo...o renderlo inoffensivo fino alla fine dei giorni.

“Questo Monastero fu costruito dalle popolazioni riconoscenti, alle quali i nostri servigi furono offerti nel tempo contro altre forze maligne che infestano questo ‘vecchio mondo’.

“Col passare del tempo, abbiamo deciso di vivere in ritiro, limitandoci ad intervenire in segreto solo se strettamente necessario...Fino ad oggi.” L’uomo bevve un sorso, posò la ciotola e squadrò quel grottesco assembramento con occhi ammonitori. “Vi ho parlato di nuove forze oscure, e non mentivo.

“Dracula vive ancora, e sta già ingrossando le file del suo esercito[viii] nell’isola d’Inghilterra...Diablo, la nostra nemesi, sembra essere scomparso dalla faccia della Terra, ma lo conosciamo abbastanza bene da doverci aspettare un suo attacco in ogni istante[ix].

“Ma il nostro maggiore timore sono i demoni del Limbo. Le barriere con quella dimensione maledetta sembravano essere chiuse per sempre...Ed ora, un’entità maligna sta raccogliendo i mezzi per abbatterle un’altra volta. E non siamo in grado di fare niente.

“Quando vi abbiamo visto comparire così all’improvviso in un luogo che nessuno tranne noi è riuscito ad accedere nel corso dei secoli, non potevamo non pensare a un attacco in grande stile. Vi chiediamo scusa per le nostre maniere.”

Il vecchio suonava sincero. Il punto, espresso negli sguardi che si lanciarono i nostri, era: e allora? Il mondo era sempre in pericolo, per una ragione o l’altra. Risolvi una grana e te ne becchi un’altra, e senza sconti! Loro, la loro parte l’avevano fatta. Adesso dovevano solo tornare a Villa Sterling, dove quel casino era iniziato, e riscuotere la ricompensa...

*!*

Nebbia! Improvvisamente, un tappeto di nebbia si era formato su tutto il pavimento del salone. Una nebbia densa come zuppa, che arrivava fino alle caviglie, nascondendole alla vista.

L’espressione di sorpresa di Lilith, che comunque era troppo debole per tentare quel trucco, era prova sufficiente della sua estraneità al fatto...

I sacerdoti si alzarono in piedi come si fossero accorti di sedere su un nido di tarantole! Tutti mormorarono una preghiera, gesticolarono un incantesimo, ma senza effetto apparente...

...O forse sì? Perché di colpo, la nebbia prese a scorrere con una velocità degna di un fiume, tanto che tutti i presenti si sentirono tirati per le caviglie!

Ma la nebbia non defluì dal castello, bensì si concentrò in una colonna, in una forma sempre più definita, più umanoide...

La forma di un uomo vestito interamente di nero, in una foggia antica, con tanto di mantellina, cilindro e bastone d’ebano. Il volto dell’uomo era elegante, affilato...mortalmente pallido.

L’intruso si aggiustò il monocolo che portava al volto, e sorrise –un’espressione fredda, indubbiamente malevola. “Finalmente ci incontriamo, Lilith, mia bella Signora...Permettimi di presentarmi, sono il Barone D’arby.” Il suo sorriso era appena un lieve piegarsi delle labbra, ma quel poco dei suoi denti che si vedeva, la sua natura non aveva bisogno di spiegazioni.

Vampiro.

 

Episodio 6 - Il sangue della rosa (II parte)

 

Transilvania. A.D. 1452

 

Di fronte agli eventi, si pongono due tipi di uomini.

Quelli che sanno gestirli. E quelli che si adattano, soccombono.

Io appartenevo alla prima categoria. La mia famiglia poteva vantare una tradizione di commercio antica quanto i Romani, ma nel corso dei secoli, tale tradizione era arrivata, il 1 Gennaio 1452, a relegarci al rango della Baronia. Il nostro volere, il nostro destino era vincolato dai capricci di ogni altra nobile schiatta Transilvana, che del nostro commercio di tessuti pregiati e rare spezie dai paesi arabi esigeva la fetta più grossa.

Avevo deciso di cambiare il corso di questo destino. Con qualunque mezzo possibile.

Lo studio delle arti arcane fu il primo passo. La Transilvania era un autentico crocevia di magie ed oscuri segreti. Attraverso i Carpazi, erano emigrate tribù misteriose e creature fantastiche, sia della luce sia delle tenebre. Non era certo un caso che il terribile Vlad Dracula avesse conosciuto la sua maledizione e destino proprio in Transilvania.

Fra le tante creature delle tenebre, i vampiri erano invero i più affascinanti. Per quanto i licantropi fossero più efficienti, perché sensibili fisicamente solo all’argento, essi non possiedono quei poteri che caratterizzano solo i non-morti.

Dal momento in cui ereditai il titolo ed il potere nobiliari, in seguito alla prematura morte di mio padre, il mio scopo divenne quello di collezionare e catalogare ogni possibile informazione sui vampiri...Un’impresa non difficile, in un tempo in cui tale informazione abbondava sulle pagine scritte e sulle labbra di nobili e poveri contadini.

E, a mano a mano che la mia conoscenza aumentava, mi prodigavo altresì di metterla in pratica. Lo scopo era quello di raggiungere un potere non inferiore a quello dello stesso Dracula, naturalmente. Non mi sarei mai permesso di diventare un succubo senza mente, schiavo per il resto dell’eternità.

Potete bene immaginare la mia frustrazione, quando il frutto dei miei sforzi si rivelava evanescente come l’aria stessa. Per qualche ragione, Dracula era unico nel suo genere. E nessun altro vampiro aveva mai raggiunto le sue vette.

Fino a sua figlia, Lilith. Figlia naturale di Dracula l’umano, rinnegata dal sangue del suo sangue, cacciata insieme alla madre stessa.

Ironia della sorte, Lilith crebbe fra gli Zingari, fra la stessa gente che aveva causato la nascita di Dracula il vampiro. E fu proprio una Zingara, Gretchin, a fare della piccola, innocente Lilith, una creatura degna di rivaleggiare ed uccidere Dracula.

Quando venni a saperlo, seppi di avere la vittoria a portata di mano.

Lilith non è un vampiro naturale, ma il frutto di una elaborata e pressoché unica ragnatela di incantesimi persi nelle nebbie del tempo. Controllare anche solo una frazione di quel potere avrebbe fatto anche di me un immortale lucido, potente, invincibile!

Attingendo al sapere del diabolico Necronomicon, costruii la protezione dal dominio che avrei dovuto subire quando fossi stato vampirizzato. Il passo successivo, fu attirare il predatore.

E tu venisti a me, Lilith. Non eri ancora abbastanza saggia da resistere alla tentazione, e ti bastò semplicemente udire di un uomo che non temeva il potere dei non-morti, per raccogliere la sfida.

Ricordo ancora molto bene il tuo ingresso nel salone da ballo. La festa per il primo giorno del nuovo anno, un simbolismo azzeccato, non trovi? Capelli corvini, lunghi, sensuali come il tuo letale sorriso. Al tuo passaggio, gli uomini esitavano, ma non ti staccavano gli occhi di dosso. Ed anche se qualche donna ti lanciava velate occhiate di desiderio, la maggioranza di loro intuiva, e si ritirava.

Io venni a te, fissandogli negli occhi, stuzzicandoti, blandendoti con poche, misurate parole. E tu accettasti la mia mano, ed insieme ballammo fino a perdere la nozione del tempo. Ricordo ancora quanto fosse caldo, il tuo corpo contro il mio, quanto salda la presa delle tue mani, perché non un momento io potessi dimenticare chi guidava la danza...

Povera Lilith, così crudele e così innocente, quando ti dissi in faccia che non temevo il destino che mi avresti inflitto; che diventare tuo schiavo sarebbe stato un onore...Chissà cosa stavi pensando quando, sotto la luna piena, in un angolo del mio giardino, dove nessuno sarebbe giunto a disturbarci, ti espressi il mio ultimo desiderio da essere umano.

Di prendermi come lupa. Trattarmi a tutti gli effetti da preda, come predatrice.

Ricordo la tua risata Lilith, un verso cristallino come il ghiaccio che d’inverno copre le terre, uccidendole senza scampo...Ricordo la tua trasformazione, un corpo perfetto coperto di rossa pelliccia, dagli occhi gialli. Stupendo. E ricordo le tue zanne sulla mia gola, mentre ti stringevo a me. Il dolore delle ferite, e la mia crescente libido mentre ti accarezzavo, sempre più intimamente; bevevi il mio sangue e ti cedevi a me...Eros e Tanatos, l’estasi e la morte. La perdita della mia verginità fu l’ultimo atto del rito. Morte senza trapasso, la vita per sempre sospesa su un filo sottile che nessuna forza potrà spezzare...

 

Transilvania. A.D. 2002

 

“...Ed ora, mia amata, il Barone Serjey D’Arby è qui per sigillare definitivamente il patto.”

La situazione: D’Arby, vestito come lo stereotipo del vampiro, con antichi abiti di lusso nero su bianco, ornato di mantellina, cilindro, monocolo e bastone finemente intagliato, stava in piedi al centro dell’austero salone. Intorno a lui, l’aria era satura di nebbia. Nebbia che si condensava, solida come il più robusto macigno, infida come sabbie mobili, intorno abitanti ed agli ospiti del castello noto come ‘Il Monastero’.

Gli abitanti: i membri dell’Ordine dei Decani, gli elusivi templari che da generazioni dedicano la propria vita all’eliminazione del mastro alchimista Diablo.

Gli ospiti, costretti a terra come i loro anfitrioni: la formazione dei Supernaturals:

-        Nebulon. Suo era il potere di attingere alla stessa biosfera per alimentare il proprio potere cosmico...ma la sola presenza del vampiro fungeva come una sorta di interferenza, o come un contaminante. Ogni volta che l’Uomo Celestiale provava a sifonare il mana, veniva percorso dalla nausea.

-        Tagak. Tutta la sua agilità a nulla serviva contro la nebbia, e non aveva alcun riflesso in cui specchiarsi. Il principe-leopardo era cieco, una mancanza compensata ampiamente dagli altri suoi sensi...eppure, D’Arby era come un vuoto egli stesso, un’oscena assenza.

-        Hobgoblin. Di orrori ne aveva visti e commessi, nella sua vita...Eppure, ora, tutte quelle esperienze, quelle convinzioni –si sentiva come un bambino che avesse appena scoperto la Paura. Il suo corpo di cyborg era debole come quello di un gattino.

-        Carrion. La frustrazione del cadavere vivente era moltiplicata dall’impossibilità di liberarsi da quella condensa che in condizioni normali la sua natura avrebbe repulso senza sforzo.

-        Dreadknight. Un uomo normale, la cui forza e potenza derivavano solo dalla sinistra armatura che indossava. Un’armatura che in quel momento era ridotta a poco più di un pesante mucchio di ferraglia.

-        Moonhunter. Poteva anche essere un talismano vivente contro ogni mannaro, ma non era in condizioni migliori del cavaliere nero, nonostante tutto l’argento che lo vestiva come una corazza sotto gli abiti di pelle nera. La nebbia lo stringeva a tal punto da rendergli difficoltoso lo stesso respirare.

-        Nightshade. I suoi raffinati sensi di lupa erano sommersi dal tremendo odore che emanava D’Arby. Dio, era come se fosse uscito dalla tomba dell’Umanità stessa! Anche la sua voce aveva delle risonanze terribili, come se dietro quel tono morbido, vellutato, sicuro di sé, fosse poco più di un filtro per il male che nascondeva...

Quanto a Lilith, lei era avvolta in un indistruttibile bozzolo di nebbia, costretta sull’attenti davanti al Barone...Ma com’era possibile che

“Che io possa resistere ai sigilli di cui il Monastero è infestato? Su, non fare quella faccia: dovresti saperlo, che entro certi limiti un vampiro è anche un telepate.

“Ci sono sigilli antivampiro, qui, ma niente che possa intaccare noi...Purtroppo, altri sigilli influenzano la magia della Zingara Gretchin...E temo che sia quella la ragione della tua impotenza. Ed ora...” schioccò le dita.

Parte della nebbia prese a turbinare, ad assumere altre forme.

Le forme di lupi! Improvvisamente, erano ovunque. La loro pelliccia era scura, quasi nera, dall’apparenza rigida, setolosa. I loro occhi erano occhi gialli, maligni. Le mascelle erano spalancate, sbavanti, rivelando canini superiori assurdamente lunghi. Le unghie erano pugnali ricurvi. La loro forma era massiccia, enorme persino per un vero lupo, e da vicino si poteva vedere che la loro grottesca anatomia li faceva assomigliare un po’ a degli uomini goffamente sulle quattro zampe.

Erano i temuti Farkaskoldoi!

Qualcuno fra i templari si mise a pregare.

Ad un cenno della testa del Barone D’Arby, i mostri si gettarono sulle loro prede! Persino i più coraggiosi fra quegli uomini non poterono trattenersi dall’urlare, mentre le loro gole venivano praticamente squarciate, ed il sangue veniva bevuto con suoni osceni. La nebbia si tinse di rosso.

D’Arby osservò con un sorriso soddisfatto l’operato dei suoi servitori. Tornando a rivolgersi a Lilith, disse, “Ti ho già menzionato l’utilità dei mannari, vero? Perché credi che ti abbia desiderato nella tua forma bestiale, mia cara, se non per diventare anche un licantropo? Ora, ogni mia vittima, ed ogni vittima delle mie Zanne Nere sarà il mio obbediente vampiro-licantropo.” Accarezzò gentilmente la gola della vampira.

Lilith era fin troppo familiare a simili scene, per esserne impressionata...Lei stessa non era stata diversa nei suoi primi giorni da immortale!

Eppure, c’era qualcosa nel piacere di D’Arby che le riportava alla mente il proprio maledetto padre! Se anche D’Arby poteva essere sufficientemente crudele e potente da annientare la vile razza umana, avrebbe dovuto farlo passando sul cadavere della Figlia di Dracula!

 

I mostri erano ebbri del sangue e del terrore delle loro vittime. Si muovevano freneticamente, in modo assurdamente silenzioso! La loro sola preoccupazione era trovare la prossima preda e ucciderla. Trasformarla.

Blanca del Hierro era umiliata. Aveva ceduto alle sue paure, aveva preferito nascondersi nella sua celletta, mentre fuori i suoi amici, la sua famiglia, morivano fra i tormenti più atroci, consapevoli della maledizione che li attendeva!

La giovane donna, l’unica donna dell’Ordine dei Decani, rimase seduta in un angolo, le gambe rannicchiate fra le braccia, aspettando che da un momento all’altro la porta esplodesse ed i mostri irrompessero.

La sua spada giaceva al suo fianco, completamente dimenticata.

Poi, la porta esplose per davvero. Due delle Zanne Nere stavano sulla soglia, goffamente ritte sulle zampe posteriori, già leccandosi i baffi a pregustare questo giovane sangue...

 

“Leggo la sfida nei tuoi occhi come nelle tue emozioni, mia amata,” disse D’Arby. “E questo mi fa piacere. La tua sottomissione quale mia sposa sarà più...gustosa.” Nei suoi occhi passò una luce dura, fredda. “Tuo padre vive ancora, lo sento. E non può che farmi piacere. La mia unione con te sarà il sigillo che apporremo sulla sua bara una volta per tutte. Ed ora...Cosa?”

Un guaito era sfuggito dalle gole di un paio di Zanne Nere –precisamente, quelle intente su Nebulon e Nightshade. Avevano ritratto i loro musi lordi di sangue come se avessero cercato di mordere un cavo ad alta tensione, ed ora si tenevano a distanza, ringhiando e uggiolando la loro impotenza.

D’Arby si avvicinò alle due candidate vittime, intrigato. “Davvero interessante: la magia che nutre e me scorre nei miei servi dovrebbe permettere loro di ignorare qualunque barriera...” Allungò una mano sulla gola dell’Uomo Celestiale...e il suo braccio fu interamente percorso da un fuoco fatuo!

Il vampiro sibilò di dolore e ritirò l’arto. Accarezzandoselo, disse, “I miei complimenti! Nessuno era mai riuscito in una simile impresa...” poi sorrise. “Voglio proprio vedere che razza di sigillo vi protegge...” mormorò qualche parola in una lingua tanto antica da suonare aliena, e la verità gli apparve sotto una forma che evidentemente non si aspettava di vedere!

I corpi dei Supernaturals, Lilith inclusa, erano avvolti ognuno da un bozzolo di luce dai mille colori! Ed ogni bozzolo si univa all’altro, a formare sopra di loro una forma di pura luce bianca.

La forma di un lupo, la testa volta a sinistra, il muso spalancato in un silente ululato. E, unito al lupo in un intenso abbraccio serpentino, stava un dragone dalle ali spalancate, la testa volta a destra e il muso spalancato in un ruggito. Le code delle due creature si fondevano a formare un cerchio protettivo intorno a loro.

Adesso D’Arby appariva sinceramente preoccupato e furioso al tempo stesso. “Il Caduceo degli Sterling!?” Poi, la sua espressione tornò a mostrare la familiare, tetra soddisfazione. Soddisfazione sottolineata con un sibilo animalesco. “Bene, bene, bene...Sono francamente ammirato. Il caduceo è un simbolo potente, ma deve avere richiesto davvero un grande talento, per unirlo a delle anime nere come le vostre...Un contrasto assai interessante!

Ma torniamo a noi, mia amata Lilith. Forse non lo sai, ma gli Sterling furono fra gli artefici della rovina della mia famiglia quando era all’apice del suo potere in Europa. Non so come tu abbia deciso di diventare loro paladina, ma sarà una decisione che avrò modo di farti rimpiangere!”

Intanto, le Zanne Nere si erano radunate a semicerchio accanto al loro padrone. Quello che era rimasto della nebbia, salvo quella necessaria ad intrappolare i Supernaturals, si dissolse. Il Monastero era stato trasformato in una macabra tomba. Il pavimento era coperto di sangue, e i passi delle bestie e del loro padrone avevano una sinistra cadenza bagnata.

D’Arby si mise seduto al tavolo centrale, incurante dell’ultimo Sole che filtrava attraverso la finestra. “Fra tre giorni, gli arroganti mortali che credevano di avermi imprigionato nei sotterranei di questo maniero per l’eternità diventeranno la mia prima armata..Oh, mi ero dimenticato di dirtelo, Lilith? Sì, purtroppo il mio progetto di creare un mio personale dominio fu...rimandato.

“Come avevo pianificato, i miei uomini intervennero a cacciarti non appena il tuo pasto si fu concluso. Dopo tre giorni, risorsi, e celebrai l’evento con la mia servitù quale pasto principale. Seguirono gli abitanti del villaggio su cui si ergeva il mio castello...ma non riuscii ad espandermi oltre, a causa dell’interferenza dei Decani. Certo, ero abbastanza potente già allora per sopraffarli, ma ahimè inesperto.

“Decisero di portare me ed i miei servi proprio qui, nei più profondi sotterranei, per tenermi sotto controllo con i loro stessi occhi...Fino al tuo arrivo, Lilith.

Non lo potevi sapere, ma il legame che ci unisce mi ha dato anche la forza di spezzare le mie catene...” D’Arby ridacchiò. “Come vedi, ho almeno un’altra ragione in più per non farti del male...Ma ti consiglio di non forzarmi la mano.”

Lilith era troppo saggia per prenderlo in giro su quell’ultima affermazione. Infatti, un attimo dopo, D’Arby fece un cenno, e dalla stanza attigua, arrivarono due Zanne Nere...che fra le braccia reggevano Blanca!

La ragazza era svenuta, ma, se si eccettuavano i graffi e qualche ecchimosi sul volto, senza ferite serie.

D’Arby disse, “A causa della protezione del Caduceo, la mia magia non vi può ferire. Ne’ le creature come me possono farvi del male...Ma una ragazza e una semplice spada lo faranno al posto mio. E prima di te, Lilith, vedrai morire i tuoi compagni. Mi divertirò molto, a fare dei loro resti...Hm?”

Lilith, sulle ultime parole del Barone, aveva cominciato a ridacchiare, per poi trovare inaspettate energie per una genuina risata omerica. D’Arby scattò in piedi. Le si avvicinò, e le prese il mento nella mano. “Credi che stia scherzando, femmina?!”

Lei lo fissò intensamente. “Oh, povero Barone! Forse, non hai ancora dimenticato di essere umano, se credi che una simile minaccia possa avere effetto su di me.” Il suo sorriso stanco sottolineò lo sprezzo negli occhi dalle rosse pupille. “Barone, la loro morte non significherebbe nulla, per me, se non una serie di possibili nemici in meno nella mia vita. Mi faresti un vero favore.”

Se avesse potuto, D’Arby l’avrebbe presa a schiaffi fino a farle saltare i canini...

 

Bravo, continua a restare distratto! Finalmente, la pozza di sangue umano stava lambendo il volto di Tagak –in verità, il Principe Leopardo non avrebbe mai pensato di sperare in un simile, macabro colpo di fortuna...Ma lo si poteva vedere come un interessante simbolismo: proprio l’esecrazione compiuta dal vampiro sarebbe stata la causa della sua caduta!

Il sangue scorse all’altezza dei suoi occhi.

Per quanto opaco, il sangue era un liquido.

E faceva riflesso!

 

Hobgoblin era sì un cyborg, ma era ancora, in parte, una creatura di magia. La stessa magia che lo aveva riportato alla vita. Una magia infusa non da una qualche entità minore, ma dal potente N’Astirh in persona!

Una magia che, francamente, non amava per niente. Sì, il potere era una cosa, ma quando il costo era stato la sua stessa anima, allora era un campo in cui Phillip Jason Macendale non voleva giocare!

Ma, che gli piacesse o no, il nuovo costume-esoscheletro realizzato dalla Sterling non solo conservava, ma addirittura accumulava l’energia del demone del Limbo...L’unico effetto collaterale, se mai Hobgoblin avesse deciso di ricorrere alla magia accumulata, era che più ne usava, più ne sarebbe uscito indebolito. Almeno, questa era quanto le ‘istruzioni’ contenute nella memoria dell’armatura dicevano. E lui non aveva avuto voglia di verificarne la fondatezza.

Finora.

Ma sull’altro piatto della bilancia, in fondo, cosa poteva mettere? Hobgoblin guardò il cadavere a lui più vicino –se gli andava bene, sarebbe morto senza incontrare quel fato!

Era, dunque, una banale questione di sopravvivenza. Aiutare gli altri avrebbe salvato anche la sua, di pelle!

Ironicamente, fece la sua mossa proprio nel momento in cui Tagak faceva la propria.

 

D’Arby fu preso di sorpresa come sperato: dalla pozza di sangue sotto i suoi piedi, emersero quattro paia di mani artigliate che gli serrarono le caviglie! Lo stupore fu non fu certo tale da farlo vacillare...ma fu sufficiente a confonderlo. Per un momento.

Un momento in cui un potente colpo di energia Limbica lo investì come una tonnellata! D’Arby urlò il suo dolore, mentre veniva scaraventato via, contro una parete.

Le Zanne Nere uggiolarono, confuse, mentre la rimanente nebbia si dissolveva, ritirandosi negli angoli e negli anfratti da cui era venuta.

E i Supernaturals furono liberi!

Niente chiacchiere, niente roboanti declamazioni. Moonhunter, saltato in piedi come un gatto, decise di ricambiare la cortesia del suo aguzzino con una scarica di esplosivo ed argento!

Purtroppo, i riflessi di D’Arby non erano da meno, e fu solo una forma di nebbia che venne trapassata dalla raffica del fucile.

Tagak afferrò Lilith, la prese in braccio e si gettò verso una pozza di sangue...nella quale scomparve.

“NO!” fece D’Arby, istintivamente solidificandosi come pipistrello sopra la pozza. “Che razza di magia...AERGH!!”

Il colpo era venuto dalla fonte per lui più inaspettata: Nightshade! La gemma sulla fronte della mannara nerocorvino brillava di luce propria. “Fa male, vero? Nonmorto o no, le tue energie possono essere ancora scombinate...*yowlp!*” due Zanne Nere le furono addosso dai fianchi!

Nightshade riuscì a colpire un mostro al cranio con una gomitata, ma non poté impedire all’altro di azzannarle una coscia! La presa del Farkaskoldoi era salda come una tenaglia, e la biologa era sicura che quegli atroci canini fossero ad un millimetro dalla sua arteria femorale!

Reagì senza nemmeno pensarci: concentrò la sua volontà nella gemma, e lanciò un colpo al cranio del mostro. La creatura si dissolse in una nuvola di cenere!

 

William Allen stava scoprendo, per la prima volta da quando il virus senziente lo fece il nuovo Carrion, il sapore dell’impotenza nonostante tutto il suo potere! In qualità di nonmorti, le Zanne Nere erano praticamente immuni sia al suo tocco corruttore che al suo ‘Sguardo Zombificante’. L’unica cosa che poteva fare era di starsene in disparte, repellendo l’aria intorno a sé.

 

Dreadknight ringraziò mentalmente molte volte Lady Sterling per averlo fornito di armi mistiche! Ogni colpo della spada contro un mostro era, letteralmente, un mostro in meno...Il vero problema era che le creature lo avevano capito, ed ora si avvicinavano sotto forma nebbiosa! Solo l’armatura stava fra lui e una brutta fine!

“Che dici, testabella? Cominciamo a tenere la conta di chi ne fa fuori di più?” fece Moonhunter, al suo fianco, il fucile spianato. Una Zanna Nera si era solidificata per mordergli il braccio...e l’intero muso prese praticamente fuoco! Una fucilata all’argento pose fine alla sua agonia.

Dreadknight ansimava. “Mi accontenterei di vederli fuggire con la coda fra le gambe. Mi sa che qui tiriamo l’alba, di questo passo.”

Era vero: le creature avevano smesso di attaccare, ed ora circondavano i due combattenti, limitandosi a tenerli d’occhio come cani da pastore con delle pecore riottose.

Ma era un’altra, la preoccupazione di Moonhunter: come mai, adesso, la protezione del Caduceo non funzionava?

 

Hobgoblin non se la passava meglio. Fra quelle mura piene di oggetti sospesi, il suo spazio di manovra era troppo limitato per potere usare efficacemente l’aliante! Il branco che lo inseguiva era numeroso, ma ben disperso, veloce.

Dall’aliante, partirono due raffiche di fuoco infernale. Quelli lo evitarono con largo anticipo. Ed era anche inutile usare le armi da lancio, visto che le Zanne Nere erano praticamente invulnerabili.

Restavano le unità-laser nei guanti, alle quali Macendale fece ampiamente ricorso...Ma anche lì, c’era poco da fare: i mostri intuivano la sua mira e si spingevano fuori dal campo di fuoco all’ultimo istante. L’unica cosa buona era che almeno li stava tenendo impegnati...E almeno un’altra era certa.

Non sarebbe fuggito, non avrebbe abbandonato questo gruppo assurdo, se ciò avesse significato togliere dal mondo un mostro come quel sanguinario Barone!

Voltò la testa. A proposito del quale, come se la stava cavando l’intrepido leader?

 

“Potenti lo siete, lo ammetto,” disse D’Arby, nella sua forma di lupo, la pelliccia di un colore terra bruciata, il corpo antropomorfo di una forma nobile ed elegante, in contrasto con quella grottesca dei suoi malvagi servi. “Ma decisamente inferiori. Cedete e sarò generoso con voi, vi garantirò una morte senza resurrezione!”

Nebulon parò l’attacco della creatura, e la investì con un colpo di energia. La respinse, ma di nuovo non riuscì a ferirla!

D’Arby affondò gli artigli nella gola di Nebulon...E questa volta gli artigli fecero presa! Sangue scarlatto colò dallo squarcio alla carotide!

D’Arby ghignò il suo trionfo. Snudò le zanne, pronto ad affondare il muso per il colpo di grazia, che gli avrebbe garantito il più potente dei suoi servi...

Purtroppo per lui, il sangue rosso di Nebulon non era un indice della sua umanità –perché l’Uomo Celestiale era non solo un alieno, ma anche un mutaforma. E la sua reazione istintiva di fronte a quel drammatico sviluppo fu altrettanto spettacolare.

Così, che quando le zanne trovarono la carne, essa si era già trasformata nella spessa corazza naturale

di una creatura che mai la Terra aveva visto sul proprio suolo! Una cosa che solo molto alla lontana avrebbe ricordato un ittiosauro, con il quale condivideva le pinne e la forma tozza, idrodinamica ma del tutto inadatta per il suolo –per il resto, il suo muso era un’atrocità con due bocche irte di denti, gli occhi ciechi sormontati da spesse antenne ciliate, il corpo coperto di scaglie affilate.

D’Arby ruggì, ma indietreggiò. Era rimasto nuovamente sorpreso dall’inaspettato sviluppo, ma nuovamente si riprese abbastanza in fretta da trasformarsi in un intero stormo di pipistrelli. <Avete solo vinto una battaglia, inutili mortali!> Comunicò telepaticamente. <La guerra è appena iniziata, e neppure voi potrete essere dappertutto! Dovrete scegliere! O i vostri ‘protetti’, oppure...> Come una corrente di vento, lo stormo sparì attraverso una finestra. Le Zanne Nere divennero nebbia, e scomparvero attraverso ogni possibile apertura.

“E adesso, che novità è questa?” fece Hobgoblin, scendendo a terra. “Cosa voleva dire? E dove diavolo è andata a finire quella succhiasangue proprio ora che ci serve?”

Nebulon tornò alla sua forma. Senza prestare attenzione al suo compagno, andò alla finestra attraverso cui D’Arby era sparito.

Da lì, poteva distintamente vedere un villaggio, nella valle.

Scegliere.

Avrebbero potuto farlo? Avrebbero dovuto?

 

Episodio 7 - Il sangue della rosa (III parte)

 

Villaggio di Sapanta, Maramures, Transilvania del Nord.

 

Può sembrare strano, ma Sapanta è una delle poche oasi di pace nella tormentata storia della Transilvania. Orde di invasori sono passate, spinte dai più vili ai più reconditi motivi, mille culture hanno tentato di lasciare il segno sulla gente di Sapanta...Ma, al massimo, sono stati gli abitanti di Sapanta ad avere lasciato il segno sugli invasori.

Da tempo immemorabile, Sapanta, come ogni altra comunità di Maramures, vive del suo artigianato e di una filosofia improntata a un ottimismo incrollabile.

Le maggiori attrazioni che Sapanta possa offrire, oltre a un artigianato del legno e del tessuto privo di qualsiasi sofisticazione industriale, al turista in cerca di pace spirituale consistono di poco: una modesta chiesa in legno -poca roba in confronto alle meravigliose strutture, realizzate senza l’ausilio di alcun chiodo, come quella di Budesti e Sarbi- e il famoso Cimitero Allegro.

Il Cimitero Allegro è sì, un cimitero, ma con una singolare caratteristica che mai ha mancato di lasciare un segno nel cuore dei visitatori: le lapidi, rigorosamente in legno, sono vibranti di colori, e su di esse sono incise in uno splendido stile naif, illustrazioni e versetti legati alla vita ed ai i mestieri del caro estinto.

Nessun invasore è mai riuscito a vincere l’incrollabile fede nell’ottimismo degli abitanti di Sapanta che, immersa nel verde delle colline, durante la bella stagione sembra essere più adatta all’illustrazione di un libro di fiabe che un punto di ritrovo da turisti afflitti dalle idiosincrasie della ‘civiltà’ moderna.

Che Dio li aiuti, ora.

Perché questo invasore, non ha nulla da spartire con quelli che lo precedettero.

 

Notte. La falce della Luna era una lacrima lattea fra i cirri agitati dal vento. La temperatura, nonostante la giornata fosse stata limpida, era insolitamente bassa.

Nel Cimitero Felice, una nebbia lieve come un sussurro iniziò ad infiltrarsi fra le lapidi colorate. Al tocco dei suoi evanescenti tentacoli, le rose e qualunque altro fiore deposto sulle tombe si appassiva, le foglie si rinsecchivano e diventavano nere prima di cadere. I colori sbiadivano. Sul legno, restavano tracce di brina scintillante. Soffocante.

La nebbia si spandeva a macchia d’olio, incurante del vento, dotata di vita propria.

Poi, una parte del banco prese a condensarsi. Grumi di nebbia iniziarono a vorticare, attirando ognuno una porzione del banco, acquisendo una sempre maggiore densità...

Poi, iniziarono a distinguersi le forme. Dapprima dei grumi, poco più che cose informi...

...Poi, in un improvviso salto di velocità, le cose assunsero la loro forma e sostanza definitiva...

...Quella di un branco dei temutissimi Farkaskoldoi, i lupi-vampiro, mostri animaleschi devoti al male. Creature dalla mente primitiva, sanguinaria, obbedienti servitori del loro padrone...

Che, in questa circostanza, era il ben più temibile Barone Serjey D’Arby.

Il suo passato di umano era stato sepolto oltre 500 anni fa, insieme alla sua vita. Quello che ora camminava per il Cimitero Felice, vestito come il giorno della sua sepoltura, con un impeccabile abito nero con mantellina pure nera, seguito dalla sua orda infernale dai gialli occhi e le lunghe zanne lucide di bava, era un nonmorto, un vampiro.

Una breve apparizione della Luna si rifletté sul suo monocolo, facendolo brillare come una Luna piena in miniatura.

D’Arby si fermò ad un passo dal cancello del cimitero. I suoi servi si fermarono a loro volta, annusando l’aria ed emettendo borbottii e ringhi perplessi.

Con un gesto fluido, D’Arby puntò il suo bastone da passeggio verso un folto cespuglio. I raffinati intagli sul bastone, intagli che un mistico avrebbe subito riconosciuto come potenti rune, brillarono di un colore degno di un ferro arroventato.

I cespugli sembrarono esplodere! Si animarono della volontà del Barone, e i loro rami si allungarono come oscene braccia, nella cui morsa

stavano due ragazzi! Due ragazzi molto terrorizzati, nelle cui mani ancora stringevano lui una telecamera e lei una fotocamera digitale. Non avranno potuto avere più di diciotto anni, e vestivano con felpa e giubbotto di marca. La loro abbronzatura era stata virtualmente cancellata dal letale pallore della loro paura.

“*sigh* Vi sarete certo resi conto che se avessi dato ordine ai miei cuccioli di trovarvi, di voi non sarebbe rimasto che qualche osso, vero?” La voce di D’Arby era seducente, dolce come il miele...Ma era facile percepire il veleno del fiele sottostante.

“Uh...Uh...” il ragazzo era sveglio, ma la sua mente era sprofondata nel coma. Loro erano lì solo per riprendere qualche immagine per un documentario da mostrare al Liceo di Springwood, non per vivere un incubo!

Un lieve cenno di D’Arby, e i rami portarono le prede a un passo da lui, tenendone i piedi a qualche palmo dal suolo.

Il vampiro accarezzò la gola della ragazza, soddisfatto. Appoggiò il naso al collo di lei, annusò come si può annusare un fiore, ed annuì soddisfatto. “Sangue vergine. Il migliore, in un adolescente della tua età. Innocenza venata di desiderio, in bilico fra purezza e corruzione...” con un’unghia più simile ad un artiglio, D’Arby tagliò il collo della giacca della ragazza. “Hai un nome, fanciulla?” Intorno a loro, i Farkaskoldoi si agitavano, abbaiavano con un tono basso, atroce, sbavavano.

Lei esitò. Era assurdo! Quella creatura, che come i suoi mostri, non appariva sulla fotocamera, aveva intenzioni che definire ‘pericolose’ sarebbe stato il minimo...Eppure, il suo fascino esaltato dal pallore delle carni era altrettanto indiscutibile...

Esitò. Solo per un momento. “Shelley. Signore.” Il suo tono era assente, come di chi sia prossimo a un sonno irresistibile.

“NO!” gridò il ragazzo, finalmente trovando la forza di dimenarsi. Inutilmente, naturalmente –a meno di volere considerare come risultato l’acuirsi della morsa dei viticci, che segarono a sangue la pelle. Subito, i bestiali vampiri si misero a lappare i polsi e le caviglie sanguinanti.

D’Arby sorrise al ragazzo –il sorriso del Cocito, carico di un gelo che ti penetra nell’anima. “Considerati fortunato, giovane maleducato. Fra poco, sarai unito per sempre alla tua bella, e la tua insolenza diventerà devozione assoluta. E la vostra gioventù non appassirà mai.”

David Seymoure gemette come un’anima in pena, mentre la bocca dai lunghi canini si posava sulla giugulare di Shelley. Poi urlò, e i Farkaskoldoi abbaiarono il loro giubilo.

 

Il Monastero, a nordovest di Sapanta. 30 minuti prima.

 

“Stai scherzando? Tu stai scherzando. Quella grandissima *)!$£%@* non può averci fatto questo!” Nel salone centrale del castello che, fino a qualche ora prima, ospitava l’antico Ordine dei Decani, l’ex mercenario, cyborg, e redivivo Hobgoblin, misurava la stanza ai passi più larghi che potesse fase senza strapparsi le gambe. La maschera sotto il cappuccio seguiva fedelmente i suoi lineamenti, esacerbando con un’aguzza dentatura l’espressione di ira.

“Se stellone dice lo ha fatto,” ribatté con calma Moonhunter, seduto su una robusta sedia, le gambe appoggiate al lungo tavolo, “allora lo ha fatto. Pensi di poterlo capire o devi perderci la voce sopra, Hobbie?” E continuò a lucidare il fucile a doppia canna.

“Uh...Non per fare la disfattista,” fece Nightshade, guardandosi attorno nervosamente, le orecchie appiattite contro il cranio e il naso che non le smetteva di cogliere i mefitici odori nell’aria. Sotto la sua nera pelliccia, l’ex-umana ormai licantropa in virtù del siero ricavato dal sangue di Jack Russell era molto pallida. “Ma abbiamo altro a cui pensare, non credete?”

Osservazione come minimo logica, visto che erano passate ore dallo scontro fra Supernaturals e D’Arby in quel castello. Uno scontro preceduto dall’atroce massacro di tutti i Decani per mano dei Farkaskoldoi. Massacro che aveva lasciato un tappeto di cadaveri per tutto il castello.

Nebulon aveva ripulito il pavimento della sala dal sangue, ma le stesse pietre erano ormai pregne del dolciastro odore ferruginoso del fluido vitale e della putrefazione avviata dei morti.

E quello non era ancora il peggio!

“Se questi non sono veri e propri vampiri,” continuava la neo-licantropessa, “potrebbero risorgere già stanotte…Perché stiamo qui a litigare su qualcosa al di là della nostra portata quando dovremmo..?”

“Non ricordo alcunché in fatto di ‘dovremmo’,” rispose laconicamente il sinistro cadavere vivente che rispondeva al nome di Carrion. “Siamo costretti a stare insieme entro una determinata distanza solo in virtù del Caduceo degli Sterling che ci è stato imposto a nostra insaputa. Per quanto mi riguarda, non abbiamo alcun obbligo verso alcunché.”

Serjey D’Arby aveva posto fine alla battaglia[x], battendo in ritirata, lasciando i Supernaturals con una scelta: esorcizzare in qualche modo la maledizione inflitta dai morsi dei Farkaskoldoi, prima di trovarsi a dovere combattere un’intera armata di nonmorti licantropeschi, oppure corrergli dietro per salvare il villaggio vicino da una fine ugualmente atroce…

E qui erano iniziati i guai. Hobgoblin voleva solo andarsene, ed in fretta, e, come già successo quella mattina, arrivato ad una certa distanza dai suoi compagni, fu travolto da un dolore insopportabile!

Nebulon stesso aveva fatto una prova, allontanandosi dagli altri a sua volta…solo per soffrire le stesse conseguenze.

Ci sarebbe voluto un mistico versato, per scoprire il trucco. Un mistico, oppure l’Uomo Celestiale, ed il suo potere di interfacciarsi con le bioenergie ambientali. Era stato facile, scoprire il legame che univa i Supernaturals l’uno all’altro. Un legame originato proprio dallo stesso simbolo mistico che li aveva protetti contro l’influenza nefasta di D’Arby!

“Bisogna concederglielo,” disse Dreadknight, la sua voce alterata sinistramente dall’elmo a teschio. “Adesso dobbiamo per forza pensare in termini di gruppo. O vogliamo continuare a perdere tempo decidendo dove andare? La femmina ha ragione: che ci piaccia o no…”

Maledizione!” esplose Hobgoblin. “Non voglio salvare vite altrui del %$*ç!, voglio solo smetterla di dovere pensare alla prossima superminaccia! Schifosa puttana! Fammela solo capitare fra*” la frase gli morì in gola, quando captò un movimento con la coda dell’occhio.

Ma non era stato il cadavere di un Decano, a muoversi, bensì la figura di Blanca del Hierro, l’unica sopravvissuta all’eccidio. La poveretta aveva smesso di parlare. Il suo sguardo era vitreo, gli occhi cerchiati, il volto invecchiato di anni, coronato da capelli in cui il bianco si era fatta larga strada sul biondo.

L’unica eccezione alla sua regola del silenzio era un occasionale mormorare di preghiera, mentre impartiva l’ultimo rito ai compagni caduti, uno per uno.

“Terrestre,” disse Nebulon, avvicinandosi a lei, “ti rendi conto che c’è un solo modo per impedire che risorgano?”

Lei scosse la testa, un movimento secco, come quello di un bambino incapace di accettare una decisione difficile.

“Se non conosci un modo per impedire che…”

Altro ‘no-no’. Questa volta, la ragazza emise una specie di gemito strozzato. Senza badare all’alieno dalla pelle dorata, si diresse su un altro cadavere ormai rigido nel rigor mortis.

Nebulon tornò a rivolgersi agli altri. “Comunque sia, è ora di deciderci: se non fermiamo D’Arby adesso, la piaga del Vampirismo potrebbe diffondersi in modo incontrollato per l’intera Transilvania. E da lì...”

“E da lì ci penseranno gli altri super,” Hobgoblin fece un cenno di lasciar perdere. “Cavolo, scommetto che...EHI!” Quest’ultima gli uscì appena si scoprì avvolto da una bolla di solida energia. Passato l’attimo di smarrimento, iniziò a menare colpi contro la sua prigione. “Lasciami andare, figlio di..!”

“Mi hai stancato, Macendale,” disse Nebulon, scuotendo la testa in rassegnazione. “Ho voluto lasciarti tempo per rifletterci, ma vedo che non è servito. Ho deciso di rimuovere la minaccia di D’Arby, ed è quello che faremo. Quando saremo sul campo, dovrai combattere per forza. O morire per sua mano. Signori…”

Un rapido scambio di occhiate, ma tutti annuirono –dovettero, alla fine. Hobgoblin serrò i denti, ma disse, “Va bene. In fondo, credo che sia interesse comune sbarazzarci di questa trappola, appena ne avremo la possibilità. E ora lasciami, che non sia detto che P.J. Macendale vada alla guerra legato come un cane.”

Nebulon dissolse la bolla, quindi avvolse in una nuova bolla la giovane Blanca…E fu come averle dato la scossa: in un attimo, si gettò sulle pareti come una furia, schiumando alla bocca e tempestando di pugni fino a che i guanti della sua armatura presero a deformarsi. La sua mente era un delirio febbrile sconnesso –era tutta colpa loro, il mostro era tornato per prendersi la loro amica vampira! Lei era una Decana, non poteva permettere loro quest’ultima profanazione! Non poteva! Lei doveva ancora farla pagare, a quei mostri!

Il gruppo si avvicinò alla finestra, da cui un nitrito, ed il suono di un propulsore, salutarono l’arrivo dei mezzi di trasporto di Dreadknight e Moonhunter.

Il cavaliere saltò fuori,

ed atterrò in sella al suo destriero, Hellhorse, un cavallo nero geneticamente modificato come una versione carnivora di sé stesso, con ampie ali da drago. Moonhunter si accontentava di meno: il suo skycicle assomigliava alla versione meccanizzata di un lupo in corsa, con le ruote strette fra le zampe.

“Allora, pelliccetta?” fece il cacciatore di licantropi, ingranando giocando con i giri del motore come un bulletto di periferia, “Lo accetti, uno strappo?”

La breve esitazione di Nightshade durò appena il tempo di voltarsi a guardare quel tappeto di morti. Poi, si lanciò a bordo con un salto. Carrion e Nebulon uscirono levitando. Hobgoblin schizzò via con il suo aliante.

“Hobgoblin,” disse Nebulon.

Il mercenario mise mano alla bisaccia. Almeno, per quella parte, non avrebbe fatto certo storie –anzi, aveva proprio voglia di sfogarsi un po’!

Un rapido gesto, e una pioggia di ciottoli partì dalla sua mano. Ciottoli che, appena terminato l’effetto del Campo Pym della bisaccia, divennero le familiari, fiammeggianti bombe-zucca.

Contemporaneamente, il mercenario fece partire una salva di missili –nuova dotazione di armi ‘intelligenti’ per il nuovo modello di aliante ‘generosamente’ fornito dalla maledetta Mary Elizabeth Sterling.

Il Monastero aveva resistito nei secoli agli elementi, al fuoco dei cannoni e delle bombe. Era un monumento di solidità, protetto da innumerevoli sigilli contro una lunga lista di entità arcane.

Gli armamenti mys-tech delle industrie Sterling diedero la loro prima ed ultima prova di superiorità! Le esplosioni si susseguirono come colpi di una immane mitragliatrice. Ogni frammento di bomba esplodeva in altre comete fiammeggianti. Ogni missile esplodeva in una vampata che nessun suo equivalente ‘tradizionale’ poteva eguagliare. Ogni finestra, ogni pertugio, si trasformò in geyser di fiamme. Che le pareti esterne fossero rimaste in piedi, era la cosa più prossima ad un miracolo. Al suo interno, niente che non fosse combustibile poteva avere resistito alla violenta ‘purificazione’ che accese la notte.

“Almeno, una promessa l’ha saputa mantenere, quella donna” disse Hobgoblin, sinceramente ammirato.

Nella sua bolla, Blanca cadde in ginocchio.

Il gruppo partì alla volta di Sapanta.

 

Fu solo a metà strada, che la licantropa, che, soffrendo di vertigini, si teneva ben stretta a ‘Hunter, finalmente chiese, “Zachary. Come mai hai cambiato idea?”

“Hm?” Lui non mollò lo sguardo dal panorama.

“Il tuo…mestiere. Perché hai smesso di…”

La piatta maschera d’argento, dalla criniera spinata, non lasciava trasparire una sola emozione –tranne un’ostile determinazione dagli occhi rossi. Ma la voce dell’indiano era indubbiamente mesta, amara, mentre rispondeva, “Sei una dei pochi esseri umani che abbiano studiato a fondo il cosiddetto Popolo, come fregia di chiamarsi la specie dei mannari.

“Saprai, quindi, che io non sono il solo a portare questo nome. La mia tribù ha addestrato Moonhunters da tempo immemorabile, per sradicare i tuoi…simili dal mondo. Io non sono ne’ il migliore, ne’ l’ultimo…anzi, gli anziani staranno già provvedendo a preparare il rimpiazzo, se li conosco.

“Sono cresciuto odiando i lupi mannari. Stanarli ed ucciderli, come sai, è una mia seconda natura…o così credevo. Andavo a caccia seguendo le direttive degli anziani, trovavo un mostro e bam. Pronto per il prossimo…Sempre uno alla volta…

“Poi, successe qualcosa che quei vecchi rincoglioniti non avevano previsto. Successe dopo avere lasciato il mio posto dai Vendicatori.  Durante una missione, uccisi un maschio presso una foresta. Combatteva bene, il pelosone, con una determinazione che non credevo possibile. Lo freddai, e mi avvicinai alla sua tana; lì, trovai una femmina, che si rivelò non meno aggressiva.

“Sparai, naturalmente. E ricordo di quel suo terribile verso di disperazione, della quale mi feci gioco. Ricordo come si fosse accasciata sulle ginocchia, il ventre squarciato…E ricordo i cuccioli.” Qui, la sua voce ebbe un singhiozzo. “Nella foga, non avevo fatto caso alla sua gravidanza. Ne portava tre, e…fuoriuscirono da quello squarcio, con quel suono di angurie marce…mutilati. Morti…”

Nightshade trattenne a stento il bolo di vomito che si era formato nelle viscere. Strinse con una tale foga, che era sicura che gli artigli avrebbero potuto squarciare il metallo misticamente potenziato.

Moonhunter parlava a sé stesso, ora con un distacco irreale, riaprendo le ferite non per cercare l’assoluzione, ma per rinnovare il dolore. “Innocenti. Puri. Privi di alcun bene o male. Forse sarebbero cresciuti senza malizia, o forse no...Ma non lo avrei mai scoperto. Nessuno lo avrebbe scoperto.

“Spostai lo sguardo sugli adulti, e non erano più due mostri in meno –erano una famiglia. Furono i primi che seppellii, invocando perdono. Il giorno dopo...diedi le mie dimissioni, ma tenni questo costume con me. Lo tenni perché è un talismano potente, e quei vecchi bastardi dovranno sudare il sangue per metterne su un altro.” E tacque. Non aveva voglia di parlare delle visioni, del sangue che irrompeva nei suoi sogni lucidi, della terribile presenza delle sue vittime, che infestava i suoi pens...

“Non mi sembravi tanto esitante, nell’uccidere i Farkaskoldoi, però.”

Lo sentì irrigidirsi sotto le sue braccia, e il tono della voce tornare quello familiare. E seppe che quel prezioso momento di intimità era, per ora, perso. “Quelli sono mostri, pelliccetta. Corrotti. E quello che hanno fatto a quella gente lo farebbero su di noi, e non per sopravvivenza, ma per puro sadismo. Non mi sembra il caso di farlo notare; lo hai visto.”

I Supernaturals giunsero in quel momento al villaggio. In tempo per assistere al culmine della follia.

 

Sarebbe bello, potere dire che gli abitanti di Sapanta, vivendo in una regione tradizionalmente associata al folklore oscuro, erano preparati per questa invasione. Sarebbe bello, potere parlare di un’eroica resistenza casa per casa. Sarebbe bello, potere narrare dei corpi del nemico sparsi per le strade...

Non sarebbe vero. La verità era che il panico regnava supremo. I potenti vampiri-lupo sfondavano le più solide porte e finestre come cartone, e il semplice piombo era inutile contro di loro. Intere famiglie venivano massacrate in un batter d’occhio. La gente, quella che aveva capito che restare barricati era una sicura condanna a morte, si era riversata per le strade. I lampi dei fucili impazzavano, e più di una volta, un innocente veniva erroneamente colpito. Cadaveri umani costellavano le stradine, e i suoni del banchetto si alternavano alle grida di morte.

“Possiamo solo sperare che D’Arby li abbia portati tutti qui,” disse Nebulon. Ovunque voltasse lo sguardo, non c’era traccia di nebbia dentro o fuori il villaggio.

I Supernaturals si fermarono all’altezza della chiesa locale. L’edificio di legno era l’unico luogo in cui i mostri non potevano entrare. Era un’oasi circondata da una folla di creature che schiumavano bava mista a sangue e abbaiavano o ululavano la loro frustrazione, costretti a restare ad una distanza di diversi metri dal sacro edificio.

Nebulon calò la bolla davanti al portale della chiesa; la dissolse. Un mannaro si gettò addosso all’invitante boccone, ma lo scudo invisibile lo tenne a bada.

Nebulon si volse ai suoi compagni. “Aiutate i civili. Tenete impegnati i Farkaskoldoi, attirate l’attenzione su di voi.”

Non c’era altro tempo da perdere, adesso. Mentre il gruppo si sparpagliava, Nebulon concentrò la sua volontà –era vero, poteva concentrare i suoi colpi per abbattere lo stesso Hulk, era in grado di tenere a bada i Difensori[xi]…ma, alla fine, aveva imparato che ogni sfoggio di potere avveniva a spese della biosfera terrestre. E per quante nefandezze potesse avere commesso nella sua vita precedente, si era giurato di non ripeterle. Mai più.

 

Mestiere ingrato o no, Moonhunter era con i fucili quello che Occhio di Falco era con arco e frecce. Ogni colpo, un centro. I proiettili a deflagrazione, riempiti di microsfere coperte d’argento, a loro volta benedette da mistiche rune, annientavano i Farkaskoldoi come qualunque mortale. Il problema vero era che, con tutta la precisione del mondo, quei proiettili non erano destinati a durare per sempre, e allora… “Co..?”

Una forma di nebbia si era materializzata a un passo da lui! Di fatto, al farkaskoldoi sarebbe bastato un colpo di artiglio per sbalzare il cacciatore dallo Skycicle…

Non sarebbe avvenuto: un’altra forma si gettò sul mostro. La forma di Nightshade; la femmina era l’immagine stessa della furia lupina, zanne scoperte e un ruggito di sfida, il pelo irto quasi a volere esplodere dai resti stracciati del suo body.

“Mondo fifone!” esclamò Moonhunter, mentre i due precipitavano a terra, avvinghiati e troppo occupati a sbranarsi per accorgersene!

 

“Wa-HOO!!” Hobgoblin stava seminando morte per la strada principale come l’angelo sterminatore in persona. Procedeva a volo radente, e le ali affilate dell’aliante mozzavano teste come il fieno. I farkaskoldoi che non cadevano in tale modo erano bersaglio ideale delle raffiche dai guanti a tecnologia mys-tech. “Coraggio, mostri pelosi! Non ci si diverte tanto, a prenderle, vero?”

Purtroppo, tale cieca dedizione al massacro aveva le sue controindicazioni –una delle quali era dimenticarsi che questo nemico non era costretto a muoversi solo per la strada.

Hobgoblin non si accorse dei due vampiri piombare su di lui dal tetto…fino a quando una doppia scarica di energia non li incenerì sul posto! Hobgoblin fu investito da un’innocua pioggia di ceneri e pelo bruciato.

“Secondo la tua filosofia, avrei dovuto lasciarti al tuo destino,” disse Dreadknight. “Quando avrai tempo, pensaci un po’ su.” E si allontanò a combattere altri avversari.

 

Le morti proseguivano, gli attacchi ancora vigorosi, freschi, portati da creature che non conoscevano la stanchezza.

La famiglia –due uomini, di cui uno anziano, una donna, e tre bambini- aveva trovato rifugio nella soffitta. Inspiegabilmente, i crocefissi e le corone di aglio -anche se ormai queste ultime erano un occasionale tributo a una cultura in via di estinzione- appese alle porte erano del tutto inefficaci. I loro vicini, molto più devoti e sinceri nella loro fede, erano stati almeno abbastanza fortunati da morire in pochi istanti.

L’uomo e l’anziano impugnavano il primo un pugnale d’argento, l’altro una doppietta che, a suo tempo, quando era un ragazzino, era servita a sistemare più di un maledetto Nazista! La donna ed i bambini erano rannicchiate dietro di loro, in un angolo...

Un breve rumore di passi artigliati sul pavimento sottostante. Un grugnito.

La botola esplose. Il torso di un farkaskoldoi emerse dallo squarcio, grande come la Morte stessa.

Il vecchio sparò. La sua mira, nonostante gli anni, era ancora ferma. Colpì la creatura in pieno volto, aprendo uno squarcio orrendo, e letale...almeno, se il lupo-vampiro fosse stato vivo!

La creatura, invece, diventò di nebbia, e quando si ricostituì, a quattro zampe sul pavimento della soffitta, era perfettamente integra. Altri mostri emersero dallo squarcio, salutati da spari...fino a quando il grilletto non premette a vuoto.

Il branco, ormai radunato davanti alla famiglia, si era divertito –questi innocui mortali avevano dato loro un po’ di soddisfazione. Ora, era il momento di mangiare!

Saltarono in due. I bambini urlarono. L’uomo tese il braccio armato...

Avvenne in un attimo, così velocemente che gli umani crederono di avere avuto un’allucinazione.

Una mano coperta di laceri stracci afferrò uno dei mostri per la coda, e con unico gesto lo scaraventò contro il suo simile. Uggiolando, il farkaskoldoi terminò il suo volo contro il muro, sfondandolo come cartone! Il suo compagno lo seguì a ruota.

La prima cosa che, come uno solo, pensarono i membri della famiglia, tuttavia, fu di essere caduti dalla padella nella brace.

Non capitava tutti i giorni di essere ‘salvati’ da un cadavere vivente, che levitava attraverso lo squarcio nel pavimento.

Gli altri tre farkaskoldoi attaccarono.

Carrion li fissò –di norma, il suo sguardo zombificante sarebbe stato inutile su dei nonmorti...Ma era anche vero che se la zombificazione non avrebbe funzionato, c’era da sperare che la sua volontà...

Sì!

Gli occhi delle creature brillarono. In un attimo, esse dimenticarono il loro obiettivo, e presero a sbranarsi fra loro!

Carrion sorrise, e quell’espressione apparve persino più minacciosa della sua usuale, mortuaria impassibilità.

 

“Non ci credo! Con quella botta, avresti dovuto spezzarti le ossa a morte! Cosa c’era, in quel siero? La pozione di Asterix?”

Moonhunter stava in piedi, sempre al sicuro sul suo Skycicle. Volendo risparmiare sui proiettili, era passato alle armi bianche –una spada runica dalla lama d’argento mieteva qualunque demonio osasse saltargli addosso. Mini-pugnali a lama quadra, non dissimili da quelli usati dal mutante Longshot, si occupavano di tenere il cerchio di lupi quanto più ampio possibile.

Nightshade, per conto suo, si difendeva con una foga che non le aveva mai visto prima, addosso. Non sapeva se esserne ammirato o spaventato! Il più debole membro del gruppo sembrava posseduto. La sua forza era moltiplicata, la sua determinazione feroce al pari di quella del nemico.

La licantropa un’idea ce l’aveva eccome! Dal momento in cui il gruppo aveva messo piede nello spazio aereo del villaggio, uno dei suoi edifici aveva iniziato a brillare come una stella.

La chiesa.

Un fenomeno che solo Nightshade sembrava, per qualche ragione, notare. E quella stessa luce che sembrava volere fare esplodere le finestre, quella luce teneva a bada i farkaskoldoi! “Zac, ho bisogno che tu mi copra!” E detto ciò, la femmina si precipitò verso la chiesa!

“Co...EHI! Balordapalladipelo...” ma puntò il fucile, e fece saltare la testa di un vampiro troppo ardito. Si sedette, e guidò il velivolo a razzo a seguire la compagna.

 

La sua coscienza si espanse. Anni fa, Nebulon aveva fondato un movimento chiamato Controllo Celestiale della Mente, con lo scopo di liberare l’Uomo dalla propria follia sociale…Il movimento era fallito, ancora una volta a causa della sua arroganza –ma qualcosa, comunque, l’Uomo Celestiale aveva appreso. Preziosa esperienza.

Il modo di cercare le singole menti. Le forze vitali più vibranti della specie più diffusa al mondo.

Non gli piaceva, ma, semplicemente, non c’era altra scelta: in un attimo, Nebulon convogliò milioni di frazioni di energia vitale umana. Adesso, si trattava solo di saperla concentrare, ridirigere...Sperò solo di averne il tempo.

 

Nightshade oltrepassò il perimetro della ‘barriera’ della chiesa. Dietro di lei, i suoi inseguitori dovettero fermarsi, frustrati.

Non c’era il tempo di bussare alla porta. Pregò solo di non dovere venire fatta fuori da qualche ‘peone’, mentre si gettava attraverso una finestra.

 

Atterrò in una pioggia di schegge. L’interno era, a differenza dell’austero aspetto, quanto di più ornato e ricco potesse offrire l’arte dell’intaglio al servizio del Sacro.

All’arrivo di Nightshade, si sollevò un coro di urla terrorizzate. La licantropa nera le ignorò, così come ignorò gli interni...No, la sua attenzione era tutta concentrata su una teca. Un oggetto, apparentemente, assolutamente fuori posto...Eppure, non c’era dubbio: era il suo contenuto, la fonte della protezione della chiesa!

Un’armatura. Un oggetto di foggia indubbiamente antica, ma lucidato a specchio, e in tale stato di conservazione che lo si sarebbe detto uscito or ora dall’officina del fabbro.

Una folla minacciosa aveva circondato Nightshade. Ma lei continuava ad ignorarli; così come, senza accorgersene, teneva le orecchie basse e la coda bassa in un atteggiamento di lupina reverenza...

“Chi sei, creatura?” chiese qualcuno, rompendo la trance.

Nightshade si voltò. Alla testa della folla, vicino alla teca, stava un prete –un uomo magro, il volto di un trentenne ma consumato dalla saggezza, l’unica figura calma in quel mare di giustificata ostilità. “Padre...” fece per avvicinarsi all’uomo. Era come stordita, e il suo livello di attenzione calato.

Il colpo di pistola la centrò alla schiena un secondo prima di venire quasi assordata dalla detonazione. Fu spinta in avanti, fra le braccia di un sacerdote assai sorpreso. La tonaca nera si inzuppò presto del sangue della straniera.

 

All’esterno, ormai nessuno faceva più caso alla figura di Blanca del Hierro. Il volto della ragazza rifletteva ora una nuova determinazione. Il dolore, la paura –tutto era stato ormai ingolfato da una nuova emozione.

L’odio.

Odio per i servi di D’Arby, per D’Arby e per i Supernaturals. Odio profondo. Odio intenso come una nova, tale da deformarle il volto in una maschera quasi inumana.

Se avesse potuto disporre dei mezzi, sapeva esattamente come li avrebbe utilizzati! Oh, sì..!

°Se è così, mia discepola prediletta,° disse qualcuno dietro di lei, non attraverso la voce, o la mente, ma toccandole l’anima stessa. °Allora, lascia che ti aiuti a realizzare il tuo desiderio.°

Lei si voltò, passando dall’odio alla gioia con una tale subitaneità che quasi ne svenne. Davanti a lei stava un uomo anziano, di un volto e una corporatura che lo avrebbero fatto sembrare il gemello di Fra’ Tuck in tempi più remoti, che vestiva una tonaca su cui spiccava la rosa simbolo dell’Ordine dei Decani.

“Fratello Superiore...” disse Blanca, gettandosi in ginocchio ai piedi dello spirito –perché non c’era dubbio che lo fosse, essendo lui stato uno dei primi a cadere sotto le zanne dei Farkaskoldoi. E il suo corpo era ormai cenere nel Monastero. “Signore ti ringrazio...Io...”

Lo spirito le accarezzò la testa, sorridendole benignamente. °C’è poco tempo per le parole, mia prediletta. Adesso, preparati a ricevere la mia benedizione, insieme a quanto ti servirà per portare avanti la missione dell’Ordine. Le nostre speranze ora vivono in te. L’ultima.°

Blanca avrebbe fatto qualunque cosa, solo per risentire la voce che aveva riempito la sua infanzia. Avrebbe dato la sua anima, per vendicare i suoi Fratelli, la sua sola famiglia...

...Senza sapere che stava proprio per varcare l’abisso.

Lo ‘spirito’, non visto da lei, sorrise. E la scintilla nei suoi occhi era fuori di dubbio malevola come il suo sorriso.

 

Episodio 8 - Il sangue della rosa (IV parte)

 

Sede Centrale della Talon Corporation, Città di Zilnawa, capitale dell’omonimo stato, Africa meridionale.

 

Dicono di Alexander Thran che sia un genio. Che sappia leggere nelle menti. Che abbia fatto un patto col diavolo, per riuscire a dirigere praticamente da solo un impero con interessi nei più avanzati settori tecnologici, ad un’età relativamente giovane.

Niente di tutto questo. A parte il riferimento alla genialità.

Alexander Thran ha fondato un regno i cui prodotti sono destinati a sconvolgere, nel bene e nel male, più di una nazione. La Talon Corporation vende tali prodotti ai prezzi più alti –un modo di testare la volontà politica dei suoi clienti, perché solo un governo molto dedicato alla pace, o un individuo estremamente ricco anche se altrettanto figlio di puttana, può permetterseli.

Alexander Thran è quindi un uomo facoltoso. Molto. Personalità complessa e misteriosa, ha dedicato una parte di quelle ricchezze e dei suoi sforzi per aiutare alcuni fra i paesi più bisognosi...Certo, potrebbe fare molto di più –e potrebbe indirettamente scatenare la III Guerra Mondiale.

Ma non sarebbe successo. Non fin quando lui viveva. Non fin quando Progetto Exodus era in corso di realizzazione...

Ma non era a questo, che Thran stava pensando, in quel momento, seduto alla sua scrivania...nel mezzo di un verdeggiante prato fiorito, in una giornata di primavera, sotto un cielo azzurro illuminato da un sole mite e venato di cirri candidi.

Una farfalla si posò sulla sua spalla, e Thran sorrise...

“Signor Thran?”

Il finanziere sospirò mentalmente, non mostrando traccia alcuna di essere seccato –o, meglio, se fosse stato qualcun altro, ad interromperlo, ne avrebbe già ordinato il licenziamento.

Ma la donna che emerse da un albero, una figura compassata, severa nel suo taileur ed allo stesso tempo sexy abbastanza da fare sbavare un professionista dell’arte della fotografia, aveva ogni diritto e permesso concepibili. Formalmente una ‘segretaria particolare’, Krysten Palmer era l’ombra, l’eminenza grigia di Alexander Thran. A parte lui stesso, era l’unica che potesse muoversi indisturbata in tutti i segreti della Talon Corporation e quindi di Progetto Exodus.

La donna si fermò davanti alla scrivania. Thran le fece cenno di sedersi.

Krysten fece un gesto, ed una sedia emerse dal prato. L’erba ed i fiori che fino a quel momento occupavano la posizione del mobile sparirono in un effetto neve.

Una volta sedutasi, la donna porse il suo complesso notepad elettronico al suo principale. “Ho completato le indagini che mi aveva richiesto. Tutte le aziende che, di recente, avevano ordinato ingenti quantità di sangue clonato sono nel portfolio della Carfax Corporation. Esattamente come lei aveva sospettato.”

Thran esaminò il rapporto sullo schermo. Sorrise. “Un punto di merito al nostro elusivo V.T. Drake, per avere deciso, finalmente, di adeguarsi ai tempi. Con quel sangue, senza dubbio, potrà nutrire i suoi sottoposti, ed evitare di spargere senza volerlo il vampirismo in mezza Londra. Il che lo rende solo molto più pericoloso, naturalmente...” ridacchiò. “Anche se dovrebbe ricordarsi di...diversificare un po’ il su territorio di caccia.” Scorse fra le notizie di cronaca da Londra riguardanti le ‘morti misteriose’ di Whitechapel. Qualcuno pensava già ad un emulatore del famigerato Jack lo Squartatore.

Thran restituì il notepad a Krysten, mentre un passero becchettava sulla scrivania. “Ottimo lavoro. Adesso, basta solo indirizzare discretamente i media sui succhiasangue di Londra, e la crisi di Sapanta sarà trattata senza coinvolgere il Popolo...Peccato, però: il vecchio ‘Drake’ era pur sempre un buon cliente. C’est la guerre...Piuttosto, Krysten,” aggiunse, mentre la donna stava alzandosi. “Quasi dimenticavo: la consegna a Sapanta è avvenuta a buon fine, confido.”

La donna annuì, poi uscì svanendo attraverso l’albero da cui era venuta.

Thran assunse un’espressione pensosa –non gli era piaciuto particolarmente, rimuovere la sacra reliquia da Budesti...ma era anche vero che non aveva senso lasciarla lì ad arrugginire, non quando le equazioni psimatiche del software Seldon avevano –e senza fallo- previsto l’attacco a Sapanta.

Thran avrebbe volentieri lasciato la cosa cadere lì, non fosse stato che non solo i Supernaturals erano i portatori del Caduceo degli Sterling, ma che il nemico osava fare uso di membri del Popolo, per la sua sciagurata avventura di conquista. E quello non poteva essere tollerato!

 

Sapanta

 

Nel momento critico, la sua concentrazione fu spezzata!

Fu solo per miracolo, che Nebulon, l’Uomo Celestiale non perse l’energia vitale che aveva con tanta pazienza accumulato...Ma, per un po’, non gli sarebbe servita.

L’alieno dalla pelle dorata ed i capelli scintillanti atterrò nella piazza centrale del paese. Sarebbe stato fin troppo facile usare quelle energie in modo più drastico, distruggere l’intero paese per eliminare la piaga che lo stava distruggendo.

Ma quei giorni erano passati. Il redivivo Nebulon avrebbe semplicemente dovuto riprendere il tempo necessario per elaborare l’attacco pianificato...Anche se, prima, aveva un problema più urgente.

Cioè, sopravvivere ad un attacco incrociato di un branco di licantropi-vampiro ciecamente assetati di sangue. I Farkaskoldoi erano la manifestazione più potente dei servi degli ‘arcivampiri’. Combinavano le due manifestazioni sovrannaturali fra le più potenti, erano macchine assassine perfette, invulnerabili a molti dei rimedi che affliggevano una sola delle due specie. E come se non bastasse, il loro padrone le aveva ulteriormente potenziate!

Nebulon colpì tre dei mostri con una serie di bio-raffiche. Furono respinti, feriti –ma solo temporaneamente. Il fattore rigenerante licantropesco permise loro di tornare all’attacco, più furiosi di prima...

Quasi sommerso da una marea di aggressori, ancora Nebulon si chiedeva cosa potesse essere successo, per fargli percepire quella sensazione improvvisa di dolore...

“Su la testa, santone!” Nello stesso momento in cui la frase veniva pronunciata, raffiche di fuoco infernale dal cielo colpirono nella mucchia dei mostri lupini! Sensibili a quell’attacco mistico, le creature colpite bruciarono come fossero state fatte di paglia. Le altre fuggirono a precipizio, abbaiando e ringhiando.

“E fai più attenzione, no?” Hobgoblin volò radente accanto al teamleader dei Supernaturals. “Ti avrei lasciato volentieri a crepare, se non fosse che potrebbe succedere un casino a noialtri, con quell’incantesimo della &%$@”

Nebulon ebbe l’illuminazione! Macendale si riferiva al Caduceo, imposto a loro insaputa dalla loro ‘benefattrice’, Mary Elizabeth Sterling. In virtù di quell’incantesimo, i Supernaturals erano costretti a restare insieme entro una certa distanza, anche se avevano guadagnato l’invulnerabilità al vampirismo...

Quel dolore improvviso non poteva che essere stato l’avvertimento che uno di loro era in guai seri!

 

Li aveva studiati. Da tutte le angolazioni. Tutte le razze del mondo.

Nightshade era la massima autorità sui lupi mannari, arrivando a suo tempo addirittura a crearne, per farne il proprio esercito.

Era solo ironico, che fosse lei a sperimentare quale fosse uno dei loro punti deboli. Niente argento, no...Una bella rosa di pallini dritta nel cuore poteva bastare, se il danno era troppo esteso per il fattore rigenerante.

Perché, allora, era ancora viva?

La donna, che ora era una mannara lei stessa, in virtù del siero ricavato dal sangue di Jack Russell[xii], giaceva sul pavimento in legno di una chiesa interamente in legno. Le immagini sacre sembravano sorriderle in un perdono antico quanto l’Uomo.

Si sentiva la bocca impastata del proprio sangue. Ogni movimento dei polmoni era un’agonia. Ma viveva. Per ora.

Le voci della gente che si era rifugiata nell’edificio per sfuggire ai Farkaskoldoi erano concitate, chi adirato, chi sorpreso, chi spaventato...Che buffo...li capiva tutti...

“Padre, glielo giuro...Non volevo...” la voce di uno di loro, un giovane, era tinta di disperazione. “Avevo paura. Era nera come loro, io...”

La testa di lei era reclinata nel grembo intonacato di un prete, i cui trent’anni, in quella notte, erano stati drasticamente aumentati. L’uomo faceva del suo meglio per ripulirle la bocca e tenerla viva con niente più di un occasionale pizzico alle orecchie.

“Igor, per quanto non sia giusto infierire, sei sempre stato uno stolto,” il prete parlava con calma, senza smettere di fissare la femmina che gli stava morendo fra le braccia. “Avevo detto di usare le armi con giudizio. Come potevi pensare che un qualche essere corrotto potesse entrare qui, alla presenza della sacra armatura di Pintea, quando essa li sta tenendo a bada?

“Se non fosse per la reliquia, questa creatura sarebbe già morta. Possiamo solo sperare che avvenga il miracolo, o questo villaggio perirà per davvero.”

“Pi..?” una cosa era vera: da quando erano arrivati in quel villaggio, Nightshade si era sentita fortificata come non mai. Aveva visto i mostri tenersi lontani dalla chiesa, come respinti da una barriera che solo lei poteva vedere. Una barriera generata dall’armatura esposta in una teca cristallina.

“Hush, non sforzarti,” disse il prete. “Pintea, ‘Il Coraggioso’, era un tuo simile. Un eroe, un fuorilegge che ha combattuto al fianco delle genti oppresse per tanto, tanto tempo. Si diceva, a buon diritto, che solo le pallottole d’argento potessero ucciderlo –e così fu, infatti, dopo una lunga caccia. Pintea morì, ma la sua armatura, che ancora oggi custodisce la sua essenza, aspetta un nuovo proprietario...E, forse, era destino che proprio ieri la santa reliquia venisse portata qui per un gemellaggio...”

Le parole si confondevano. Fatti irrilevanti, dolore, chiacchiere...L’unica cosa che la neo-mannara sapeva era che, forse, quella ‘reliquia’ era la sua unica speranza di salvarsi.

Ansando, tossendo sangue, Nightshade levò prima la testa. Poi, facendosi forza, usando il braccio del prete come supporto, iniziò ad alzarsi. Dolore insopportabile –come facevano gli eroi che aveva combattuto in passato, a resistere ad una simile prova??

E, in fondo, poteva permettersi lei stessa di morire così?

Fu il prete stesso, aiutato dallo stesso giovane che le aveva sparato, ad aiutarla in piedi. Dio, se faceva male...

L’armatura era lì, un pezzo meraviglioso, leggero come modello, ma così scintillante che sembrava forgiato da una stella. E la stava chiamando, poteva sentirlo. Chiamava con una canzone senza parole, con le semplici emozioni, con la voce incoraggiante di un amico e l’ululato di un lupo...

A quel punto, la sacra armatura si mise veramente a brillare di fuochi arcani. La folla mormorò il suo stupore, perché quello era un segno che l’artefatto stava reagendo alla presenza del male.

Poi, la porta della chiesa esplose!

Ci furono urla, fra la folla. I bambini erano troppo spaventati per rimettersi a piangere. Ma, questa volta, quando si levarono le armi, nessuno aveva dubbi sulla natura dell’invasore...

...Anche se il suo aspetto fu sufficiente a causare non poca esitazione.

Perché, dalla soglia distrutta, entrò una donna. La sua armatura bianca sembrava volere rivaleggiare in brillantezza con quella nella teca. Sul petto, faceva bella mostra di sé la perfetta incisione di una rosa, il simbolo, in quella parte della Transilvania, associato con l’Ordine dei Decani.

La figura levò la spada. Un tremendo cerchio di fiamme nere, in contrasto con quelle argentate dell’armatura di Pintea, si levarono a formare una barriera fra la folla e la teca.

 “Sei Blanca del Hierro,” mormorò il prete, guardando con incredulità la giovane creatura che avanzava con una luce folle nello sguardo.  L’uomo lasciò che una donna prendesse il suo posto nel reggere la povera Nightshade. Poi, si mise davanti alla ragazza, a braccia spalancate. “Figliola! In nome di Dio, cosa ti succede? Sei una Decana!”

Il volto di Blanca, venato da strisce di sangue essiccato, i capelli una massa arruffata, era una maschera d’odio. Praticamente, guardava attraverso il sacerdote come se questi non esistesse neppure. Fissava la teca.

“Tutto questo...” ansimava, “Tutto questo a causa di questi mostri. Di quell’armatura maledetta...”

Il prete si avvicinò ancora; dietro di lui, Nightshade si avvicinava alla teca. “Non sai cosa stai dicendo, Blanca. Non so cosa ti sia successo, ma non puoi...”

“VUOI VEDERE SE NON POSSO?!?” Blanca levò la lama. In un solo arco, due lingue di fiamme oscure avvolsero i due paesani che reggevano Nightshade. Mentre i due umani cadevano a terra, agonizzando in una morsa di gelo interiore, la licantropessa crollava in ginocchio. Un nuovo fiotto di sangue schizzò dalla bocca, e quasi perse conoscenza.

Il prete indietreggiò, ergendosi a scudo per Nightshade.

“Allontanati, Padre,” disse Blanca, sorridendo come un’ebete. “Lei, i suoi compagni, tutti questi mostri ed i loro complici devono morire. Li ucciderò tutti, a partire dalla loro fonte di potere...”

Il prete la fissò negli occhi, ed ebbe paura. Perché la ragazza che aveva conosciuto fin dalla più tenera età, un’anima forte ma dolce, era visibilmente posseduta, consumata da un demone interiore che solo il buon senso, e tempo che non c’era, avrebbe potuto esorcizzare...

L’avrebbe pensata diversamente, il prete, se avesse visto quello che gli occhi di Blanca del Hierro vedevano? Se avesse visto cosa teneva il buon senso ben lontano dalla mente di lei?

Se avesse visto la spettrale figura del Fratello Superiore dell’Ordine incombere su di lei, spronandola in quella follia con un sorriso gentile e parole incoraggianti?

 

Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia Nord-Occidentale

 

“Non esitare, figlia mia. Fai la cosa giusta, e colpisci il ricettacolo del male. I mostri si piegheranno a te, di fronte alla forza del Signore. E fuggiranno nelle tenebre a cui appartengono.”

Le ingannevoli parole del Fratello Superiore suonavano ancora più sinistre, mentre uscivano dalle labbra di un uomo che, con il benevolente Ordine, non aveva nulla a che fare.

Vestiva di un costume rosso, dai garmenti dorati, sulla cui cintura metallica stava un sigillo pulsante di energie arcane. Di razza caucasica, i suoi capelli erano lunghi e corvini, e il suo volto, un tempo famoso nei cinema di mezzo mondo, mostrava un pizzo Faustiano, mentre la sua metà superiore era coperta da una maschera cornuta.

Seduto su un trono tempo immemorabile prima appartenuto a un Re, l’essere noto come Master Pandemonium osservava gli atti finali della tragedia attraverso uno specchio fluttuante. “La vittoria è così dolce, se condita con la corruzione di un’innocente...Non trovi, mio caro anfitrione?”

Il destinatario di quella domanda era un guscio rinsecchito e curvo, devastato, che fino a poco tempo prima era stato un essere umano[xiii].

Sir Victor, Conte di Salisgrave, si appoggiava alla parete con la sola forza di volontà, essendo il suo corpo stato ridotto allo stato della sua reale età. Attraverso i ciuffi di capelli bianchi e sottili, gli occhi del mago brillarono minacciosamente. “La vittoria è dolce solo quando...conseguita...usurpatore.” La sua voce era un gracchiante sibilo.

Pandemonium fece spallucce. “Una precisazione inutile, vista la situazione, non credi? Fra poco, molto poco, liberatomi di quell’artefatto, i Supernaturals diventeranno banchetto. E se dovessero sopravvivere a me, l’opinione pubblica li affosserà quali responsabili del massacro di quell’insignificante paese. O pensi di avere qualche asso nella manica tu?”

Era impossibile leggere, ormai, una qualunque espressione sul volto mummificato di Victor Salisgrave. Perché se Pandemonium avesse intuito le intenzioni della sua ‘vittima’, non sarebbe stato così sicuro di sé, e non sarebbe tornato tanto leggermente a concentrarsi sul suo burattino...

 

Eroe.

Che concetto assurdo, si era detta tante volte la Dottoressa Nightshade. Cosa spingeva qualcuno a fare qualcosa che non riguardasse la propria sopravvivenza?

L’armatura continuava a chiamarla, e lei si scopriva a rispondere, a strisciare verso di essa, mentre dietro di lei, un uomo senza alcun potere, senza niente altro che la fede in un Dio invisibile, affrontava un angelo della morte.

Perché? Non poteva essere per gloria, certo. Era solo per permetterle di indossare quella maledetta armatura? Perché poi lei salvasse tutta quella gente, oppure...

Il cuore era ancora leso, ma le ferite stavano rimarginandosi. Perdita di sangue consistente. Pensieri confusi. Lingua penzoloni. Debole. Solo un cinque metri, ma chilometri...Le orecchie fliccarono all’indietro. La ragazza aveva ripreso a parlare.

 

“Piccolo uomo inutile!” Blanca sollevò la spada. Avrebbe voluto obbedire subito al comando di uccidere quell’ostacolo insignificante, ma rispettava quell’uomo ancora troppo, per potere agire, e l’incertezza le rendeva il polso armato meno fermo. “Vattene. Vattene o morirai. Chiunque...Non sia con il Signore...Non può...essere...”

Il prete si avvicinò ancora, fino a poterle gentilmente prendere il polso. “Se hai fede, figliola, prega per liberarti del delirio che ottenebra la tua mente. Dentro di te, sai di stare ascoltando le lusinghe del Maligno. Devi resistere ad esse.”

Parole semplici, alimentate da un fuoco più antico dell’umanità. Parole più forti di qualunque rituale mistico, parole capaci di aprire un varco nei recessi più oscuri.

Parole che spinsero Blanca del Hierro a dubitare della sua ‘missione’. Per un momento.

Il tempo di farsi colpire alla schiena da una rosa di proiettili d’argento! E se l’argento non fosse stato un anatema sufficiente per le tetre forze che alimentavano il suo ardore, lo erano le rune incise su ogni proiettile.

Blanca urlò, in preda ad un dolore fisico come mai sentito prima! La sua schiena fu letteralmente bruciata, nel punto dell’impatto, anche se, ad essere seriamente danneggiata, fu solo la sua armatura alabastrina.

Blanca si voltò, ad incontrare lo sguardo degli occhi rossi della maschera di Moonhunter. L’ex-cacciatore di licantropi teneva il fucile a canne mozze puntato su di lei. “Se non ti allontani dalla pelosetta adesso, pupa, ti faccio venire un’acidità di stomaco che manco te la sogni!”

Blanca sorrideva maniacalmente, adesso. “Menzogne su menzogne, padre? Volevi solo guadagnare tempo per i tuoi blasfemi amici, vedo.” Il prete fece per rispondere, ma lei non gli badò. Invece, levò la spada, e la calò in un arco fiammeggiante.

Quando colpì il pavimento, questi si spaccò in due! Moonhunter sarebbe stato anche colto di sorpresa, non fosse per l’addestramento di una vita. Saltò via appena la crepa si formò, e a mezz’aria mise mano alla frusta al fianco. L’arma saettò come una cosa viva, ed andò ad avvolgersi intorno al collo di Blanca!

Moonhunter atterrò, e spianò nuovamente il fucile. “Tesoro, mi inviti a nozze. Pronta per...”

Fermo!

“Uh..?” il grido angosciato del prete lo distrasse un secondo di troppo. Un arco di fiamme nere gli venne addosso come una tonnellata, mentre la lama incantata spezzava la frusta!

“Casella 1 di nuovo, eh?” fece l’eroe, dopo avere sbattuto duramente contro la parete, accanto alla soglia –fortunatamente, quella strega della Sterling aveva coperto di rune anche l’uniforme d’argento che portava sulla pelle, o sarebbe stato fritto. “Sai, baby? Odio il gioco dell’oca!”

E odiava anche dovere tirare le castagne dal fuoco da solo, ma gli altri dovevano impedire che il resto di Sapanta diventasse un deserto...

 

“Non perdere altro tempo, mia coraggiosa. Non devi permetterle che tocchi quell’armatura, o tutto sarà perso.”

Pandemonium era totalmente concentrato sulle sue manipolazioni. Tempo prezioso, impiegato da Victor per strisciare fino ad una porzione di parete che, apparentemente, non possedeva alcunché di particolare da destare l’attenzione.

Naturalmente, per quanto riguardava le prospettive di un profano. Un maestro delle arti runiche quale lui era, discendente di una stirpe che datava fino all’Era Hyboreana quando l’estremo nord dell’Inghilterra era abitato dai selvaggi Pitti, non possedeva quel castello altrettanto antico senza avere preso delle precauzioni anche in caso di un evento infausto come quello che lo aveva appena colpito.

Pandemonium aveva commesso un errore fatale quando, anziché ucciderlo, lo aveva lasciato provvisto della sua indomabile volontà. Il Conte di Salisgrave si appoggiò con la schiena su quel particolare punto. Con la stessa ‘casualità’, con mani tremanti, iniziò a tracciare dei piccoli segni che, visti dal trono, potevano sembrare dei tremiti incontrollabili...

 

“Guardali bene, figlia mia. Guardali con gli occhi del cuore, e comprenderai cosa intendevo quando i demoni abitano nel corpo degli innocenti. Che devono essere sterminati, non importa la forma.”

Blanca seguì il dito accusatore del Fratello Superiore, e i suoi occhi videro la folla di bestie licantropesche ringhianti che un attimo prima era stata la folla dei superstiti di Sapanta!

Gli stessi mostri che avevano massacrato i suoi Fratelli, i suoi amici, davanti a lei, bagnandola del loro sangue!

Non esitò un momento. Iniziò a fare compiere un arco alla sua lama...Solo per venire bloccata, e questa da una presa la cui forza non poteva rompere altrettanto facilmente come con Moonhunter.

Perché questa morsa apparteneva alla mano di Lilith, la figlia di Dracula.

Blanca si voltò contro il nuovo avversario, ma Lilith, semplicemente, la scagliò via come fosse stata di pezza! “Insulsa ragazzina! È questa la ricompensa per chi ti salva la vita? Ucciderti sarebbe un atto di pietà!”

“Non credevo che sarei stato contento di vedere il tuo sorriso senzacarie,” disse Moonhunter. “Cosa vi ha trattenuto, piccioncini?”

L’altro ‘piccioncino’ in questione era Tagak, che stava aiutando Nightshade a coprire la distanza residua fino all’armatura. “L’avevo portata nella mia dimensione. C’è voluto tempo, per rimetterla in forze senza dovere ricorrere al sangue.” Arrivati alla teca, il Signore dei Leopardi la infranse con un pugno. “Adesso tocca a te, femmina. Devi essere capace di stendere la mano verso il tuo destino, o morire qui.”

Nightshade stese una mano tremante, coperta di sangue.

Blanca urlò in modo inumano, e si scagliò con tutta la forza del suo burattinaio contro Lilith. Presa di sorpresa, la vampira fu sbalzata all’indietro.

 

“Combatti, sgualdrina! Non cedere adesso!” Pandemonium aveva ormai perso il controllo, era diventato tutt’uno con il suo burattino, infondendogli forza con ogni iota di volontà.

Victor Salisgrave terminò di tracciare l’ultimo segmento. Un’elaborata, luminosa runa apparve nella parete, una runa circolare abbastanza grande da circondare il suo corpo!

“Cosa..?”

Cretino!” con nuova, insospettata forza, Sir Victor, Conte di Salisgrave, levò le mani contro Pandemonium.

Il mistico oscuro fu colpito in pieno! Il suo corpo fu praticamente stritolato, deformato da una serie di bande fiammeggianti.

“L’intero castello è tappezzato di riserve di energia mistica! Anche se insufficienti a ridarmi la giovinezza, bastano per occuparmi degli esseri insulsi tuoi pari! Pagherai con la tua stessa anima l’avere osato profanare la mia persona!”

Tuttavia, Pandemonium non lo ascoltava: era troppo occupato ad urlare un dolore indicibile, come solo Mefisto gli aveva inflitto!

Le bande strinsero ancora. Un corpo umano sarebbe stato praticamente spezzato, squartato da quell’incredibile pressione...Invece, quando quello di Pandemonium finalmente cedette, divenne chiaro perché si faceva chiamare ‘Dimora di tutti i Demoni’.

Il suo corpo esplose in uno stormo di demoni e demonietti! Come vampiri prima del sorgere del Sole, le creature si diressero verso una finestra, e fuggirono a perdifiato in un coro di battiti d’ali e versi osceni.

La figura dello stregone si lasciò scivolare seduta a terra. Almeno, una era fatta...

 

Il finale di una battaglia a migliaia di chilometri di distanza ebbe un effetto non meno rilevante sugli sviluppi in Sapanta.

La spinta in avanti di Blanca del Hierro si trasformò in caduta libera. L’armatura e la spada scomparvero insieme alla sua forza soprannaturale, insieme ai suoi sensi. Debole come un uccellino, atterrò fra le braccia di Tagak.

Nightshade toccò l’armatura. Il canto esplose nella sua mente.

 

All’esterno, la situazione era ad uno stallo. O i mostri venivano feriti in modo assolutamente letale, o bastava loro diventare nebbia e rigenerarsi. Mentre la forza dei paladini dell’oscurità scemava insieme alle disponibilità del loro arsenale.

“Se solo avessi pochi istanti di concentrazione a disposizione,” disse Nebulon, cercando di tenere a bada l’ennesimo, instancabile branco. “Solo pochi secondi...”

“Se solo ci fosse il classico miracolo disponibile, vuoi dire?” fece Dreadknight, con Hellhorse, il suo destriero, sanguinante da mille ferite, ed il mantello lacero dagli attacchi subiti. “E tu, cadavere? Cosa ci dici? Non avevi detto di essere in grado di ipnotizzare questo branco di assassini?”

Carrion, che levitava poco distante, rispose, “Appena si feriscono e diventano nebbia, si liberano del mio sguardo zombificante. Questa sembra proprio una battaglia persa...”

Ed il miracolo avvenne!

Un sole sembrò esplodere nella chiesa lignea. I Farkaskoldoi si irrigidirono, uggiolando un improvviso timore.

Una cometa d’argento emerse dalla chiesa!

Sotto gli occhi esterrefatti dei Supernaturals, la scia luminosa iniziò a falciare i mannari vampirici per le strade prima ancora che questi potessero organizzare una resistenza. Al solo contatto, i loro corpi diventavano cenere ardente, subito sparpagliata dalla scia argentata.

Hobgoblin fischiò la sua ammirazione. “Chiunque sia, ha la mia incondizionata ammirazione...Eh??”

La ‘cometa’ si fermò, rivelandosi essere una Nightshade tornata a nuova vita, fiera come non mai nell’armatura di un eroe, armata di alabarda e scudo. “Se ci fosse il tempo, ti ringrazierei. Ma ora, bisogna occuparsi di questi mostri!”

Per Nebulon, fu sufficiente. <Da qui, posso farlo io. Supernaturals, cercate riparo nella chiesa!> E, allo stesso tempo, concentrò il potere vitale trattenuto.

Carrion si teleportò via. Hobgoblin e Dreadknight fuggirono a gambe levate, appena in tempo per vedere l’Uomo Celestiale abbassare le mani, ed esplodere un colpo su Sapanta!

Istantaneamente, ad eccezione della chiesa, una specie di reticolato luminoso si formò sul terreno occupato dal villaggio, un reticolato delineato da un recinto infuocato.

I Farkaskoldoi compresero, ed ulularono la loro ira, un attimo prima che il ‘reticolato’ esplodesse in miriadi di saette! Ogni singolo mostro fu avvolto e consumato dalla purezza nata dalla stessa madre Terra. In pochi secondi, solo la devastazione rimase, a testimoniare il passaggio dell’invasore...

 

Era finita.

I Supernaturals avevano l’armatura di Pintea, e quel povero dilettante di Pandemonium se l’era squagliata. Una buona parte dei suoi servi ridotta in polvere...

Poteva andare peggio. Almeno, quei licantropi incapaci erano serviti a tenere i Supernaturals occupati, mentre lui si allontanava.

L’elegante essere, che di umano aveva solo l’aspetto e le origini perse nei secoli, ed il nome di Serjey D’Arby, osservava il panorama dal finestrino. Niente aereo: tutti i voli erano controllati con particolare attenzione, a causa della ‘fame’ del suo ‘collega’ Deacon Frost[xiv].

L’arcivampiro osservò il gruppo degli studenti addormentati nel resto del vagone. Presto, molto presto, due di quegli studenti sarebbero tornati alle loro case, per infestare le loro famiglie ed i loro amici. Vlad Tepes poteva accontentarsi di mantenere un profilo basso, costretto com’era a limitarsi per non esaurire il numero delle prede. Lui non aveva di simili problemi. Anzi.

D’Arby osservò il Sole al tramonto, sicuro della protezione fornitagli dai suoi incantesimi. Un nuovo mondo di vampiri, le cui fondamenta sarebbero affondate nel Nuovo Mondo di cui i suoi primi adepti umani gli avevano parlato, era esattamente quello che sognava dal giorno in cui si fece vampirizzare lui stesso. Lui poteva permetterselo.

Per questo, alla fine, avrebbe vinto!

 

Episodio 9 - Fuoco contro fuoco (I parte) (un Inferno2 tie-in)

 

Salisgrave Castle, Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia Nord-Occidentale

 

Nello scorrere della storia, il tetro castello, scolpito nella viva roccia di una immane scogliera, battuto e fortificato dal clima più impervio del Nord Europa, ha funto da imprendibile fortezza contro molte minacce di questo e di altri mondi. Una corazzata Tedesca, durante la II Guerra Mondiale, tentò invano di demolire le solide mura del castello di Cape Cliff. Stregoni, come orde di demoni, hanno tentato invano di vincere le difese mistiche erette dai tempi in cui le isole emerse erano parte di un supercontinente che univa Eurasia ed Africa.

Nel 21° secolo d.C, qualcuno aveva, alla fine, compreso il punto debole di tali difese, basate sulla potente magia runica. Un qualcuno chiamato Master Pandemonium, una creatura umana solo nella forma.

Introdottosi nel castello sotto false sembianze, Pandemonium aveva attaccato direttamente il padrone stesso del castello, trasformando un uomo di apparentemente 30 anni nella sua reale figura, quella di un vecchio ultracentenario, fiacco nel corpo.

Ma non fiacco nello spirito, come lo stesso uomo-demone aveva imparato a sue spese[xv]...Eppure, ugualmente, per una seconda volta, le difese del castello dei Salisgrave erano state violate. E questa volta da un mistico venuto da quelle lontane ere che videro la nascita del primo della stirpe dei futuri Salisgrave.

Quel mistico si chiamava Gonar[xvi]. Ed era occorso non poco sforzo ai Supernaturals, al Conte Dracula ed alla sua nuova compagna Rachel van Helsing, per tenere a bada le legioni dei Figli della Notte, mentre il Conte Salisgrave predisponeva una nuova stregoneria per debellare loro e scacciare il loro padrone.

La vittoria era giunta, ma aveva importanza? Era già difficile accettare che le difese del castello fossero state violate una volta. Una seconda, addirittura, proprio. Non. Gli. Andava. A. Genio.

 

La sera successiva a quell’attacco, una riunione si tenne nel salone centrale del castello. Come da tradizione, vassoi d’argento di tartine e pastine erano serviti su una tavola coperta da raffinate tovaglie decorate con lo stemma araldico, come si conveniva a Sir Victor Salisgrave, Cavaliere dell’Ordine della Giarrettiera e dell’Ordine del Cardo, Signore del Castello di Salisgrave, 25° Lord di Cape Cliff, 19° Conte di Salisgrave.

Presenti, naturalmente, i Supernaturals, vale a dire:

-        Nebulon, l’Uomo Celestiale, alieno redivivo, ex supercriminale e nemico della prima formazione dei Difensori.

-        Carrion, il morto vivevnte, portatore dell’omonimo virus senziente.

-        Hobgoblin, altro criminale redivivo, mercenario, assassino e nemesi dell’Uomo Ragno.

-        Dreadknight, sinistro aspirante al Trono di Latveria, costretto dal Dottor Destino a portare una maschera fusa molecolarmente alle carni del suo cranio.

-        Moonhunter, ex cacciatore di licantropi, ma ancora sulla cresta dell’onda quanto a combattente.

-        Nightshade, la cosiddetta ‘regina dei licantropi’, arrivata al punto di fare di sé stessa una mannara.

-        Lilith, la sinistra quanto bellissima figlia di Dracula.

-        Tagak, il Principe-Leopardo, originario di una dimensione aliena, dimensione devastata dalle stesse forze oscure per combattere le quali si era unito a questa strana formazione.

E tutti fissavano con estrema attenzione, in un silenzio carico chi di odio, chi di speranza, chi di semplice curiosità, il loro anfitrione, che ricambiava i loro sguardi con una fermezza da costringerli al silenzio.

Il Conte sorseggiò da una tazza di tè fumante. Depositando la tazza con un movimento deliberatamente lento, disse, “Sherlock Holmes disse che, una volta eliminato tutto quanto di possibile o probabile potesse essere accaduto, quel che rimane, per quanto illogico o impossibile, è ciò che è realmente avvenuto. Una considerazione che l’ultimo degli apprendisti, nel campo della magia, deve conoscere nel momento in cui apre la propria mente all’insegnante.

“E’ quindi mia conclusione che le difese di questo castello non siano state violate. Semplicemente, esse non si sono mai attivate.” Altro sorso. “Del resto, esse non considerano un Salisgrave un nemico da cui guardarsi...O, meglio, non considerano pericoloso un portatore del sangue dei Salisgrave.”

“E in che modo queste fesserie dovrebbero riguardarci?” fece Hobgoblin, fregandosene di mostrarsi impaziente. “Noi la nostra parte, con te, l’abbiamo fatta. Siamo rimasti solo perché ci hai detto di sapere come toglierci di dosso questo incantesimo del cazzo impostoci a tradimento da quella strega di Mary Elizabeth Sterling[xvii].”

Victor Salisgrave ridacchiò, un verso che dalla sua gola arrochita aveva una cadenza da fare venire i brividi. “Vedete, signori, io non ho alcun desiderio di rimuovere il Caduceo. Innanzitutto, pur essendovi riconoscente per avere cercato di salvare questo misero, anche vostro, mondo da nuove sofferenze, non intendo rimuovere un sigillo di tale potenza, quando non conosco le ragioni o le circostanze che hanno spinto una Sterling a imporvelo. E non intendo rimuoverlo, rischiando così l’ira di una strega di una volontà quasi pari alla mia.

“Ma intendo esservi riconoscente abbastanza da indicarvi una persona capace di fare quello che io non oserei. Una mia...sorella, per così dire.”

Scambio di occhiate incuriosite. Mutismo completo.

“*sigh* Dunque, dovete sapere che nella mia famiglia, da mille anni, i soli a potere detenere il titolo di Mistico sono i maschi, per discendenza patrilineare. Discendenza diretta. Un figlio maschio, un mistico. Senza eccezioni.

“Prima dell’anno 1000 dell’Era Cristiana, anche le femmine potevano detenere tale titolo, o i maschi per discendenza matrilineare...Poi, la fusione con le tribù degli Scoti cambiò bruscamente le tradizioni...Un fatto che le femmine della mia stirpe non debbono avere apprezzato.

“Ho fatto qualche ricerca, ed effettivamente l’ultima strega della mia stirpe scomparve spontaneamente, fece perdere le proprie tracce, dopo avere partorito. Deve avere generato una propria discendenza, una linea di sangue parallela, ma al femminile.”

“Quindi, abbiamo di fronte una tua oppositrice, dotata della tua stessa conoscenza,” disse Tagak, annuendo. “Una strega che può liberarci dal Caduceo.”

“Esatto. Una strega abile sicuramente quanto me, per essere riuscita a tenersi nascosta fino a ieri. Una strega...imprudente, vendicativa, propensa a commettere un errore tale da attaccare senza essersi assicurata di avere la situazione sotto controllo. Deve essere molto giovane, per essere stata così imprudente. E per essere così giovane, deve stare ancora completando il suo addestramento sotto la tutela della madre.

“Quindi, avete ben due scelte: trovate le streghe, e persuadete almeno una di loro...Impresa che vi riuscirà alquanto più semplice, se esse dovessero convincersi che voi siete miei...affiliati. Per ‘indebolirmi’, credo arriverebbero a farvi questo ‘favore’.”

Scacco matto! Nessuno degli 8 super-esseri ebbe bisogno di osservare il lieve sorriso incartapecorito del Conte, per capire che erano stati incaprettati e serviti!

“Mettiamola così, lurido figlio di puttana,” disse Hobgoblin. “E se ce ne fottessimo, dei tuoi...NYARRGH!!” qualunque cosa volesse dire o fare, gli fu preclusa dall’insopportabile fitta di dolore, che lo divorò dalla testa ai piedi. Fu solo per un miracolo, che il mercenario rimase in piedi, pur piegandosi in due, reggendosi lo stomaco. “No...Non può essere!” ora il suo corpo tremava come la sua voce.

“Cosa ti succede, Hobbie, mangiato pesante?” ironia per nascondere la tensione, da parte di Moonhunter, che già aveva messo mano al calcio del suo fedele fucile a canne mozze.

Un altra fitta. La voce un urlo quasi stridulo. “E’ tornato! Il mio persecutore è tornato!

Gli altri erano concentrati sul loro ‘compagno’, e nessuno si accorse della scintilla che si accese negli occhi del Conte –il quale bene aveva capito che il vero problema era un altro..!

“Quale persecutore?” con tutta la buona volontà, Lilith, che effettivamente percepiva una violenta mutazione nell’etere, non avvertiva niente e nessun estraneo nella sala, fra di loro. “Se hai deciso di impazzire adesso, mortale, io...” due mani insospettabilmente forti la afferrarono per le spalle e portarono il suo volto all’altezza della grottesca maschera del supercriminale.

"Ed ora stammi ad ascoltare" sibilò Macendale “Io sono fuori di testa nello stesso modo in cui tu sei una donna gentile e premurosa! Un tempo, quando ero un essere molto più ingenuo, feci un patto scellerato, nel tentativo di diventare migliore, più forte di quanto non fossi prima. Fu un demone il mio interlocutore, scelta davvero pessima, e la pagai venendo trasformato in un mostro![xviii]

“Ne guarii, alla fine, anche se mantenni questa maledetta immortalità...Però, come tutte le sue creature avevo una sorta di collegamento psichico con lui ed è grazie a ciò che ora so che, pochi istanti fa, è stato richiamato su questo piano d' esistenza!”.

“Lasciami subito… ANDARE!” urlò Lilith. Hobgoblin eseguì, ma non certo per paura o rispetto. La verità era che il solo contatto con un essere così...ripugnante come un vampiro non lo esaltava di certo!

“Credo a quello che dici, Macendale,” disse Nebulon, osservando fuori dalla finestra, percependo con sempre maggiore chiarezza il disturbo nel mana. “E credo che questa volta non ci saranno obiezioni, ad indagare su questo nuovo sviluppo...” fece una pausa, attendendo obiezioni. Non ascoltandone.

Solo Lilith sembrava in dubbio...Ma poteva farci qualcosa? Non poteva restare separata dai suoi ‘compagni’, non senza rischiare la vita...Non sapeva ancora perché la separazione non avesse causato effetti collaterali quando Tagak l’aveva portata nella sua dimensione[xix], ma non voleva testarne la bontà ora che si trovava su questo piano...

Come a leggerle il pensiero, il Principe-Leopardo le si avvicinò. “Milady, posso portarla al sicuro da me, se...”

Lei sorrise, mostrando i canini della sua razza. “No, verrò con voi. Giusto per darvi questo dispiacere,” e guardò verso Hobgoblin.

“Macendale,” disse Nebulon. “Il tuo legame ti dice dove si trova questo demone?”

Hobgoblin annuì. “Sento aria di casa, signori. Perché N’Astirh si aggira nuovamente per New York!”

 

Pochi minuti dopo, i Supernaturals erano andati via, scomparsi nell’effetto di teletrasporto di Nebulon.

Victor Salisgrave rimase solo, seduto davanti al camino ardente. Con molta discrezione, il suo fedele maggiordomo gli porse un pesante plaid –inutile sprecare forze in un incantesimo del calore, quando c’erano mezzi più semplici per raggiungere lo scopo.

Non aveva tentato di dissuadere quegli angeli dell’oscurità dal loro proposito. Per due buone ragioni:

-        Per cominciare, anche se, basicamente, erano tutti immuni alla tensione psichica che questo nuovo Inferno stava diffondendo, correre rischi tenendoli fra le mura del castello era da stolti. Sopratutto quando Nebulon, da solo, poteva fare non pochi danni.

-        Secondo, se fossero morti, lui non ci avrebbe certo rimesso. Sì, potevano tornare utili nel confronto con le femmine Salisgrave, ma se avessero vinto, significava che lui stesso avrebbe potuto avere non poche difficoltà, a sbarazzarsene...

 

New York City – Cuore di Inferno

 

"'Indagare', si era detto? Io propongo di svignarcela molto, molto in fretta."

La città era stata trasformata in un tableau dell'orrore. Ogni singolo edificio era un atroce miscuglio di cemento, acciaio e qualcosa di organico che aderiva come muffa; le finestre di non pochi erano occhiaie fiammeggianti. Il cielo era verde, venato di nuvole filiformi e contornate dai fulmini. Gli incendi costellavano le strade.

Ed i demoni erano ovunque. Nel cielo, per le strade, nei palazzi, e urlavano, ridevano, mescolando i loro osceni versi al tormento delle loro vittime. L'aria era fetida di zolfo, fumo e sangue.

"Concordo pienamente, pellerossa," disse Hobgoblin. Dalla loro posizione sulla cima di un palazzo, i Supernaturals potevano abbracciare quel panorama senza intravedere una sola oasi dall'orrore che andava da un orizzonte all'altro...

Nebulon scosse la testa. "Temo che questa opzione ci sia preclusa, signori." E mentre gli altri si voltavano a guardarlo, interrogativamente, lui aggiunse, "La crisi non è locale. Il mondo intero ne è affetto. Sovrapposizione dimensionale."

"Siamo fottuti, insomma," disse Dreaknight, dopo un lungo attimo di silenzio.

"Sbagliato!"

Tutti si voltarono a guardare all'insù, per incontrare gli sguardi di un piccolo esercito di mostri alati.

"Sbagliato! Sbagliato!" rise uno di loro con voce stridula. "Non siete fottuti! Siete nostri!"

E si gettarono, decine e decine contro solo otto, troppo veloci per essere fermati...

Per un attimo, sembrò essere la fine. Gli angeli dell'oscurità furono letteralmente travolti, sommersi, scomparvero sotto la massa urlante e ghignante...

Poi, il Sole stesso sembrò accendersi in mezzo a quella massa! Le urla di trionfo si trasformarono in sovrannaturale agonia, urla sommerse dal grido dell'energia arcana che si levò in una specie di colonna,

una colonna che assunse la forma di un cerchio di anime umane intorno alla figura di un caduceo, dove un drago ad ali spiegate avvolgeva un lupo rampante.

 

Alla fine, il Caduceo degli Sterling scomparve, e con esso ogni demone che aveva osato attaccare i Supernaturals.

"Fico. Lo rifacciamo?"

Lilith Guardò Moonhunter come fosse stato qualcosa da schiacciare. "Umani. La prima cosa che vi viene in mente con il potere è usarlo a man bassa, così tipico...Tagak!"

Senza preavviso, l'eroe extradimensionale era saltato giù dal bordo del palazzo!

 

Tagak era cieco, e per un certo periodo aveva compensato attraverso un legame mentale con il suo leopardo. Dalla morte dell'animale, il Principe-Leopardo aveva imparato ad affidarsi agli altri sensi, a discipline marziali che ora trasformavano il tessuto spazio-temporale in una dimensione in cui muoversi agevolmente come su un orizzonte piano, su cui ogni particolare risaltava più nitido che alla vista perduta.

Per questo, Tagak riusciva a correre lungo il fianco verticale del palazzo come se l'inclinazione di 90° non esistesse. Spacconeria? No: semplicemente, il guerriero aveva percepito

un innocente in pericolo! Un bambino ed una donna circondati da un'orda di mostri. Due esseri umani risparmiati in qualche modo dall'orrore della mente, ma decisamente più vulnerabili nel corpo...Come testimoniavano le ferite che costellavano torso, volto ed arti...

Il guaio era che Tagak era troppo distante. Non poteva arrivare in tempo, neanche con un

salto?

Vide solo una specie di cometa d'argento, tale era la velocità, lanciarsi dall'alto all'attacco –una cometa che portava il nome di Nightshade!

Arrivata a terra, paratasi davanti ai due innocenti, pelo dritto e zanne snudate, la nera mannara, vestita dell'armatura d'argento che era appartenuta al leggendario Pintea, concentrò la sua volontà. Due placche dell'armatura scomparvero, per lasciare il posto ad uno scudo ed una spada!

I demoni non erano stupidi –almeno, la loro natura corrotta riconobbe il potere del talismano, e fecero quello che era più naturale: fuggirono.

Nightshade lanciò il suo scudo, e l'oggetto colpì in pieno un demone, dissolvendolo. Altri due demoni furono annientati, a sorpresa, rispettivamente da un raggio laser e da una scarica di pallettoni!

Hobgoblin, Moonhunter ed il resto dei Supernaturals giunsero subito dopo. "Non è stato certo per farvi un favore, incoscienti, disse Macendale. "Non possiamo restare separati, ve ne siete dimenticati?"

"Per quanto mi riguarda, sarei intervenuta comunque," disse Nightshade, chinandosi sui due umani. "Sono intervenuta perché loro sono...Uh?"

Donna e bambino avevano gli occhi sgranati, in una muta espressione di...ammirazione? "L'armatura di Pintea," mormorò la donna.  "E' un miracolo. Nessuno l'ha indossata per secoli..."

Nightshade annuì. "E' stato lo spirito stesso di Pintea, a chiamarmi[xx]...Ma come mai voi non sembrate preda della follia?" In effetti, intorno a loro, la gente era come invasata, occupati chi a lottare fratello contro fratello, chi a distruggere quello che poteva, chi a starsene in disparte, in stato catatonico...

"Non è ovvio?" fece la donna, scomparendo, lasciando lo spazio ad una lupa mannara. Il bambino subì identica metamorfosi, rifugiandosi poi fra le braccia dal pelo rossiccio della madre. "Il sangue dei miei antenati non fu corrotto dal Darkhold, ed il mio lato di lupo, puro, è inattaccabile dal male. Come per te. I demoni lo sanno, e non lo sopportano. Nuova Pintea, devi fare qualcosa! I nostri fratelli e sorelle, i nostri cuccioli...sono tutti in pericolo!"

"Io..."

Nel vedere la 'compagna' esitare, Hobgoblin si batté una mano sulla fronte. "Ci sta pensando. Ci sta pensando davvero! Magnifico!"

E cosa poteva fare, Nightshade? Per la prima volta, nella sua vita, si trovava di fronte ad una scelta di responsabilità. Il suo titolo di 'Regina', per lei, significava lo sfruttamento dei suoi 'sudditi', e nulla più, non avendoli mai considerati più di bruti...In fondo, lei li creava come tali..!

Ma questa creatura era intelligente, parlava! E si fidava di lei...

"Esitazione, dubbio. Dolce nettare per condire la sconfitta."

Sopra di loro! Di nuovo!

"N'Astirh!" urlò Hobgoblin.

Sospeso a mezz'aria dalle sue potenti ali, il demone torreggiava come un angelo sterminatore, un ghigno osceno sul suo muso lungo, equino, scintillante, come il resto del corpo, nella sua carne tecno-organica. "Hai fatto strada, Macendale, complimenti. Da lupo solitario a membro di un branco...Per quello che ti servirà..."

In risposta, Hobgoblin lanciò raffiche laser dai suoi guanti; potenza sufficiente a demolire un edificio.

Assolutamente inutile contro il demone, che assorbì l'energia come una spugna. N'Astirh rise "Grazie per la ricarica, inutile inetto. Sai fare altro?"

La risposta venne da Nebulon. La reazione fu spontanea: N'Astirh era un distillato vivente di male puro, antitesi di tutto quello in cui l'alieno aveva finito con il fare proprio. Il mana infestava New York con una concentrazione mai vista prima, era estremamente manipolabile. E Nebulon lo concetrò in un colpo tale

che N'Astirh non poté evitare di esserne decisamente scosso! Il volo all'indietro del demone terminò contro il 5° piano di un edificio, dove si incassò.

Nebulon avvolse N'Astirh in una bolla di energia. "I tentacoli psichici dei tuoi demoni non possono nulla contro chi non è di questo mondo, abominio. Tagak è alieno come me, e gli altri hanno già abbracciato il loro lato oscuro. La tua è una battaglia persa, ed ora rispondi: sei tu il responsabile di questa follia?"

N'Astirh...sorrise. "Oh, no. Sono solo un...consulente. I responsabili sono altri, e sono altrove. E mi hanno incaricato di 'intrattenere' i portoghesi a questa festa. Cosa che farò con estremo piacere!"

Spalancò le braccia e le ali. Infranse la bolla, con la quale lo stesso Hulk era stato facilmente trattenuto!

"Fesso! Il mio nuovo stato mi rende invulnerabile ai vostri inutili trucchi!"

"Sorridi quando lo dici, Furia," disse Moonhunter, e sparò. La sua mira era virtualmente infallibile, si era allenato per una vita, a colpire bersagli, a quella distanza, ben più piccoli

di un occhio. D'argento o no, i proiettili da soli sarebbero stati poco efficaci contro N'Astirh. Ma questi proiettili erano costellati di mistiche rune incise da Victor Salisgrave in persona. La carne metallica fu trapassata come burro, la ferita emise una fontana di ectoplasma!

N'Astirh urlò orrendamente, tenendosi la ferita che ora pulsava di circuiti sibilanti di archi voltaici, impegnati in una frenetica autoriparazione. Altri colpi partirono da Moonhunter, ma già N'Astirh stava volando via, evitando una raffica dopo l'altra. "Mi hai fatto male!" e, mano a mano che i secondi passavano, la sua voce assumeva un tono sempre meno irato. "Ma va...bene così. Siete potenti, spietati. Potete essere ottimi alleati per i miei piani." li fissò con intensità. "Fui 'ucciso' la prima volta per avere cercato il conflitto con un branco di eroi. Il vostro cuore è, in fondo, nero come il mio. Darklady e Grace Cross sono solo due umane con manie di grandezza, destinate alla caduta. Se lavorerete con me, avrete modo di realizzare i vostri sogni più tetri. Siederete alla mia destra, sarete la lama della mia spada con la quale stroncherò le ambizioni di quelle due sciocche!"

"Toccante. Quanto falso tentativo di guadagnare tempo." Nel pronunciare tali parole, Carrion, apparso alle spalle di N'Astirh, allungò una mano a toccare il demone.

La risposta di N'Astirh fu altrettanto lesta. La cresta della sua schiena divenne un viluppo di circuiti viventi! Essi si avvolsero intorno al braccio del morto vivente, prima, intorno al resto del suo corpo poi, fulminei. Implacabili. "Teleportarti non puoi, commistione di vivo e di morto. Ed ora..."

Nel momento in cui N'Astirh trasformava Carrion in un bozzolo tecno-organico, Moonhunter e Dreadknight levavano le armi. Prima di potere sparare, demoni li avevano assaliti alle spalle, serrandoli in una stretta invincibile.

Nebulon attaccò nuovamente N'Astirh. Stessa tattica, ma questa volta senza più alcun contenimento... "Cosa..?"

Il colpo andò a segno...Senza produrre alcun effetto!

"Tut tut...Forse, non hai considerato che non puoi ferirmi con le mie stesse energie, alieno. Prima mi sono solo divertito a testare la tua forza. E ora che so cosa vali..." un colpo mistico dagli occhi.

Nebulon fu investito fin nella sua essenza. Fu semplicemente troppo!

Mentre l'Uomo celestiale crollava a terra, Tagak tentava la sua carta. Una parte dei suoi insegnamenti gli aveva permesso di dare concretezza ai propri riflessi. E il lucido metallo della carne di N'Astirh era un vero e proprio specchio!

Tagak percepì i riflessi emergere dal corpo del demone...e un attimo dopo, quegli stessi riflessi, ombre al negativo del guerriero, attaccarono invece il loro padrone! Lo stupore di Tagak durò il tempo di farsi sopraffare dai riflessi. Poi, più niente...

Rimanevano Nightshade, Hobgoblin e Lilith. Costretti a restare, tutt'altro che disposti a cadere senza lottare.

Buone intenzioni. Inutili per cambiare il risultato.

L'armatura di Pintea poteva essere invincibile, ma la sua proprietaria lo era di meno. Una scarica karmica la tramortì senza scampo. Hobgoblin fu abbattuto alla stessa maniera. Lilith tentò di diventare nebbia, ma la sua coscienza era ancora vulnerabile, come scoprì quando fu dolorosamente costretta a concretizzarsi.

"Divertente," disse N'Astirh, gongolando sui corpi dei caduti. "Ed ora, pensiamo al dovere. E presto la fetta grossa della torta sarà mia."

 

Episodio 10 - Fuoco contro fuoco (II parte) (Un Inferno2 tie-in)

 

Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia Nord-Occidentale. Inferno, giorno 2.

 

“I miei più sentiti complimenti, Conte...ma non mi aspettavo di meno, a dire il vero: solo una volontà invincibile può efficacemente usare il Medaglione di Ramaar. Fortunatamente, Y’Garon non è abituato a pensare in tali termini, di noi mortali.”

Stavano in piedi nel mezzo del salone centrale, davanti ad un camino enorme, in cui brillava una fiamma sufficiente a scaldare l’intero ambiente. Victor Salisgrave, il padrone del castello, e Vlad Tepes Dracul, o V.T. Drake, o Dracula, il Signore dei Vampiri.

All’ultima frase, Dracula, solenne nell’antico abito che aveva rispolverato per l’incontro con il Conte di Cape Cliff, si irrigidì impercettibilmente. Ugualmente, tenendo fede al proprio impegno, restituì il medaglione al suo proprietario. “Attento a te, Conte: ho ucciso per insulti molto più leggeri.”

Victor non sembrava davvero all’altezza del suo ospite, almeno seguendo le apparenze: un uomo fino a pochi giorni prima nel pieno del suo vigore fisico era stato ridotto ad un guscio rinsecchito, i capelli folti ma bianchissimi, gli occhi così ritratti nelle orbite da essere ridotti, con il giusto gioco d’ombre, a due scintille nel nero. Il suo fisico era quello di un ultracentenario, ma la sua volontà di ferro lo manteneva in grado di guardare Dracula direttamente negli occhi.

Victor afferrò il medaglione, e ridacchiò. “Caro Vlad...è bello sapere che non sei cambiato. Molti vampiri cedono alle lusinghe dei tempi moderni, si rammolliscono...Ma non intendevo insultarti. In fondo, per esseri come Y’Garon, anche tu sei un ‘mortale’ che si può uccidere.”

Un’osservazione educata, espressa nel tono corretto –ma anche una precisa frecciata per ricordare a Dracula a chi dovesse la sua vita! Senza quel medaglione, la sua vittoria sarebbe stata lontana dal giungere[xxi]...Ma Dracula poté permettersi di inghiottire l’amaro calice –in fondo, senza il suo intervento, Victor Salisgrave sarebbe stato consumato vivo dalla magia del medaglione... “Cos’hai intenzione di fare con mia figlia?”

Victor si sedette su una sedia di fronte alla fiamma. Il suo sguardo si perse, meditabondo, nelle fiamme. “Lilith? Il suo destino non è nelle mie mani, Conte.

“La ragazza non lo sa, o forse ne ha una vaga idea, ma, deve adempiere ad un disegno più grande. Insieme ai suoi compagni, porta in sé un frammento del Caduceo degli Sterling, un talismano di rara potenza...Non hai ragione di temere per la sua vita, Vlad Tepes: in quanto membro di un gruppo, Lilith è più al sicuro che alla tua corte di non-morti. Il mio contributo è puramente...logistico. Se hai delle domande, falle all’ultima Sterling vivente, Mary Elizabeth...Anche se credo avrai qualche difficoltà, a trovarla[xxii].”

Dracula si voltò, e si diresse verso le scale che conducevano alla cima della torre principale. Senza guardarsi indietro, disse, “Mi fido di te, Salisgrave, ed è un onore non da poco, per un mortale. Tradisci questa fiducia...” non ebbe bisogno di terminare la frase. Il tormento a cui avrebbe sottoposto l’umano stregone sarebbe stato peggio di qualunque girone dantesco!

Salisgrave aspettò che i passi di Dracula fossero scomparsi, prima di rilasciare un sospiro, mentre continuava a fissare le fiamme come fossero state lo schermo di una TV.

Chissà se Dracula avrebbe considerato le ‘circostanze attenuanti’, se a Lilith fosse successo qualcosa adesso, a mezzo mondo di distanza...

 

Empire State Building, New York City. Epicentro di Inferno.

 

“Così tanto da fare, e così poco tempo...” La mano artigliata, un arto, come il resto del corpo, composto da tessuti fatti di circuiti, teneva stretta a sé un teschio umano la cui mandibola era spalancata in un ultimo urlo di terrore. Decisamente l’espressione più apprezzata dal proprietario di quella mano,

il demone N’Astirh. “Ormai manca poco,” disse il demone, voltando la testa, sbriciolando distrattamente il teschio.

A quel punto, un’esplosione di luce sopra di lui attrasse la sua attenzione. La luce si spense, rivelando la tetra figura di Darklady. “N’Astirh, l’ora dello scontro finale con i campioni di questo mondo si avvicina: a che punto è il rito per l’apertura del cancello omnidimensionale?”

“Aspetta solo noi.” Il demone indicò con un braccio il pentagramma sospeso nel cielo. Le sue punte, e tre dei punti occupati dalle intersezioni interne, erano composti dalle più recenti ‘acquisizioni’ di N’Astirh:

-        Nebulon, l’alieno il cui potere di interfacciarsi con la biosfera terrestre si era rivelato inutile.

-        Carrion, il morto vivente.

-        Hobgoblin, un mercenario il cui potere e la cui vita derivavano da un ‘dono’, ironicamente, di N’Astirh stesso. Un potere anch’esso inutile.

-        Lilith, completamente incapacitata dalle tremende energie mistiche che serravano la sua volontà come la più forte catena.

-        Tagak, l’alieno extradimensionale

-        Moonhunter, la cui armatura runica d’argento era non più utile di un giocattolo.

-        Nightshade, la licantropa.

-        Dreadknight.

“Appena io e Grace Cross ci saremo disposti nelle ultime due intersezioni, tu, al centro del pentagramma, assorbirai l’intero potere del Caduceo, e con il nostro supporto, potrai sferrare l’attacco decisivo al Palazzo Radiale.”

Darklady annuì. “Opal Luna Saturnyne ha commesso un errore madornale, portando Phaze al suo soglio[xxiii]. Un evento inaspettato...ma la chiave della vittoria sta nel sapere cogliere ogni singola occasione. Con la conquista della Crux, il Nesso di Tutte le Realtà, l’Omniverso stesso sarà nostro! N’Astirh,” qui, il suo tono si fece bruscamente ammonitore, “pazienta ancora per poco: gli ‘eroi’ stanno per giungere a me, e Grace sta per infliggere il colpo di grazia ai suoi avversari nel Limbo. Non osare perdere uno solo degli agnelli sacrificali, o ti farò desiderare di essere rimasto nel tuo stato di dispersione.” Detto ciò, scomparve.

N’Astirh aspettò, prudentemente, qualche istante...prima di sorridere sinistramente. “Povera, stolta, vacca. Neppure io avrei osato mettermi in una simile situazione.” Guardò nuovamente verso il pentagramma. “Se fosse venuta subito, mi sarei accontentato di una porzione dell’infinito quale compenso...Ma non credo che sarà più possibile, ormai.

“Fra poco, si scatenerà il confronto finale. Darklady e Grace Cross verranno sconfitte, è poco ma sicuro...Ma, dalle energie che scaturiranno dalla lotta, ricaverò abbastanza forza da usare quel pentagramma per aprire un cancello fra il Limbo stesso e la Realtà. Un cancello instabile, che durerà per qualche secolo appena...ma abbastanza a lungo da permettermi di consolidare il mio regno su entrambi i piani!” N’Astirh rise orrendamente, un verso che riuscì a prevalere sulle grida dei milioni di demoni nel cielo e sul caos nelle strade...

 

“Se qualcuno ha un’idea, fosse anche un lancio di Hostess Snack Cakes, sono pronto ad accettarla.”

Le parole di Moonhunter si persero nel tetro silenzio dei suoi camerati.

“La situazione non è senza speranza,” disse finalmente Nebulon. “Sebbene il Caduceo sia inutile, perché esso reagisce solo a fronte di un pericolo fisico immediato, e noi non lo siamo; sebbene i nostri poteri siano incapacitati, possiamo venire liberati. Il pentagramma non è molto stabile, mancando ancora due vertici interni. Un attacco ad uno di essi spezzerebbe quell’equilibrio…” spiegò brevemente il succo del piano…poi, esitò.

Nessuno osava chiedere perché avesse taciuto, ma non c’era dubbio che fosse per una ragione seria...

“Il problema è che serve tempo,” riprese lui, infatti. “Non molto, ma N’Astirh capirebbe la tattica, e interverrebbe.”

“Distrarlo, dunque? Tutto qui?” Lilith sorrise. Il demone era stato molto attento, ad imprigionarli in modo da impedire loro di usare le loro armi od i loro poteri...Ma aveva dimenticato che essere una Principessa dei Vampiri designata da Dracula in persona aveva vantaggi che non richiedevano alcun potere... “Consideralo fatto, alieno,” e si concentrò. Non si trattava di un qualche superpotere: semplicemente, se Lilith decideva di chiamare a se dei suoi legittimi sudditi, questi dovevano rispondere. E basta!

Per quanto ‘sfoltire’ le fila di suo padre era stata una tentazione, in passato, Lilith era abbastanza in sintonia con i suoi simili da non desiderarne un inutile sterminio. Per tale ragione, ed anche per provarsi degna di suo padre, non aveva osato chiamare a sé le sue legioni nella prima battaglia contro il demone. Ma ora...

 

Dapprincipio, N’Astirh non ci fece neppure caso –del resto, in quel caos che per estensione superava l’impresa da lui stesso concepita la prima volta, anche le creature delle tenebre della Realtà erano a loro agio come i demoni. Quindi, perché preoccuparsi di una manciata di vampiri...?

Tali erano i pensieri dell’essere tecno-organico...prima che si rendesse conto che, col passare dei secondi, quei vampiri stavano aumentando di numero!

Erano fitti come un banco di nuvole, e stavano gettandosi addosso a lui! “Cosa..?”

N’Astirh reagì, emettendo scariche mistiche ad ampio raggio. “Bah! Via, insignificanti pulci! Il vostro affetto per Lilith è quantomeno sprecato, adesso!” vampiri su vampiri furono inceneriti come dal fuoco sacro, ma l’attacco proseguì. N’Astirh avrebbe avuto più possibilità cercando di scavare in una nuvola con un cucchiaio...

...In breve, il demone si trovò scomparve in una nube fremente di non-morti in forma sia di uomo che di pipistrello.

 

“Ricordami di non invitarli mai a cena,” disse Moonhunter, deglutendo, mentre iniziava in quel momento il grande attacco. Poi, “Ehi, facciallegra, ti ci vuole ancora molto?”

Le orbite del teschio umano alato che era la maschera di Dreadknight si accesero di giallo. “Già fatto, pellerossa! Comincia a pregare che non ce la facciamo, o per quest’insulto te la farò pagare.”

 

Successe allo stesso tempo: in cima all’Empire State Building, una sfera di energia esplose nel mezzo della ‘nuvola’ di vampiri. I non-morti che non furono inceneriti all’istante dalla sfera in rapida espansione furono dispersi come foglie al vento.

“N’Astirh si erse sul cumulo di cenere e corpi, senza neanche un graffio. “Patetici. Cosa speravate di ottenere con questa sciarada, io…Oh, no!” ebbe appena il tempo di passare dall’esaltazione alla disfatta.

 

Piovve dal cielo oscuro come una forza della natura, veloce come il lampo. Il suo nome era Batwing, ed era il destriero di Dreadknight! Un animale fantastico, misto di cavallo e di drago; spacciato per costrutto genetico dal primo Cavaliere nero moderno, Batwing era il risultato di un misto di scienza e di magia. Magia più che sufficiente, quando l’animale colpì il pentagramma, a fare quanto Nebulon aveva previsto!

 

N’Astirh vide il pentagramma dissolversi insieme al suo sogno di conquista. Gli sfuggì un sibilo rabbioso, condito di archi voltaici intorno al muso. “La prossima volta, mortali, mi curerò di tessere un incantesimo alimentato dai vostri cadaveri. Per ora…” si lanciò all’attacco…solo per essere colpito da una raffica mistica di potenza insospettata!

N’Astirh ricadde contro il tetto dell’edificio –questa l’aveva sentita, ma come..?

Ebbe la risposta osservando Nebulon. L’alieno si librava nell’aria, percorso da archi di energia arcana. Persino il ‘campo stellare’ del suo costume era più brillante del solito. Era chiaro che aveva imparato ad attingere direttamente dal potere del Limbo che permeava l’etere!

Una constatazione che richiese un istante. Un istante sfruttato da Nebulon per lanciare un nuovo attacco!

Un istante sufficiente a N’Astirh per ‘dissolversi’ in una nube di componenti elettronici. Solo una frazione minima della sua massa fu effettivamente incenerita. Il resto prese a sparpagliarsi in un’area più ampia possibile, per rendersi inattaccabile dal potere di Nebulon…

“Furbo tu, ma io lo sono di più!” Lilith dovette solo concentrarsi. Levare le braccia fu un gesto puramente scenografico…ma il risultato ne era degno. L’atmosfera satura di magia rispose al suo comando con facilità irrisoria, e in un attimo, la ‘nube’ in cui si era trasformato N’Astirh fu avvolta da una tempesta di proporzioni inaudite!

Adesso il demone era sì ancora disperso…ma era altresì impossibilitato ad allontanarsi dall’area dello scontro! Per giunta, ogni tentativo di riagglomerarsi veniva regolarmente frustrato dai poderosi fulmini scatenati dalla Principessa dei Vampiri, potenti come cannonate, che mandavano in corto la coerenza del tessuto tecno-organico.

“Dolcezza, ti amo!” esclamò Moonhunter, schioccando le dita. “Questo è fare sul serio.”

Lilith non perse un secondo di concentrazione. Ancora poco, e del maledetto sarebbe rimasto solo…

“Lascialo a me.”

*?*

Hobgoblin le era venuto dietro, quieto come uno spettro, in piedi sul suo aliante. Il gioco d’ombre faceva scomparire la sua faccia sotto il cappuccio, lasciando vedere solo i brillanti occhi rossi, malevoli. “Lui è mio. Abbiamo un vecchio conto in sospeso.” A sottolineare ciò, accese di energia la sua mano destra.

Lilith guardò verso Nebulon. L’Uomo Celestiale annuì –male che andasse, N’Astirh non sarebbe andato lontano comunque.

Un cenno, e la tempesta cessò di colpo come era giunta. Altrettanto velocemente, la nube di circuiti tornò alla sua forma originale. “Già indebolita, strega? Permettimi di alleviare le tue pene!”

E questa volta, i Supernaturals scoprirono di avere dimenticato che N’Astirh non era il solo demone della città!

Tuttavia, mentre nei cieli si scatenava una battaglia frontale, una figura si portò all’attacco di N’Astirh, da sola: Hobgoblin!

N’Astirh lanciò una raffica fiammeggiante dalla bocca. Il mercenario la evitò con facilità.

Hobgoblin mise mano alla sacca. Ne estrasse una manciata di minuscole sfere. Lanciò, e in un secondo, quegli oggetti si rivelarono essere bombe-zucca. Uno sciame di comete fiammeggianti, numeroso e sparpagliato al punto che N’Astirh non poté che fare del suo meglio per assorbire la catena di esplosioni, una potenza sufficiente a demolire un edificio.

 

“Tutto sommato, Hobby se la cava mica male,” disse Moonhunter, seduto sul suo skycicle, senza lesinare i colpi. Era davvero felice di non essere da solo, o anche se avesse avuto un Uzi al posto della doppietta, sarebbe stato sopraffatto alla grande!

Accanto a lui, ci pensava Dreadknight a sfoltire le fila nemiche; fino a quel momento, la lancia sembrava bastare. “Ma non riesci a fare passare un minuto senza dire qualche sciocchezza?” Tuttavia, l’efficacia dell’arma era gravemente limitata, per la breve gittata, dalle proprie dimensioni…Poi, il cavaliere si ricordò dello scudo appeso alla sua schiena…

 

Una cosa doveva riconoscerla: si stava divertendo. E questo le faceva paura! Mai Nightshade avrebbe immaginato di possedere una natura così selvaggia, così decisa a vincere a qualunque costo. Più la licantropa combatteva, più aveva voglia di combattere, più diventava forte! La sua velocità era tale che la sua lama da sola costituiva un ostacolo insormontabile per i demoni. E quelli che riuscivano a superare fortunosamente la lama, incontravano il metallo incantato dell’armatura che fu di Pintea. Un metallo capace di esorcizzare efficacemente il male, come scoprivano nel tempo che serviva loro per dissolversi al solo contatto!

Tuttavia, l’armatura non copriva che in parte il cranio della femmina. Era solo questione di tempo, prima che un demone riuscisse a trovare un varco per affondare i propri artigli e*

Un tentativo abortito sul nascere da una scarica di Nebulon! L’unica cosa che atterrarono sul cranio di Nightshade furono dei miseri pezzetti di artiglio. Lei reagì facendo un verso di disgusto.

 

Sono in troppi, pensò l’Uomo Celestiale. Nonostante l’aiuto dei vampiri, nonostante una nuova tempesta evocata da Lilith, i demoni erano una marea inarrestabile. Erano milioni, letteralmente -niente di strano che N’Astirh non intervenisse personalmente: non ne aveva bisogno.

Vaporizzò altri demoni sul punto di fare un pasto di Tagak –almeno, non doveva preoccuparsi di stancarsi: poteva attingere ad una fonte quasi infinita.

 

“SI’!” Hobgoblin quasi fece un salto sul suo aliante. I pochi vetri intatti degli edifici dell’intero isolato erano andati in pezzi sotto l’onda d’urto. L’aria stessa bruciava sotto gli effetti di quella mostruosa combustione. Un fumo nero e denso aveva riempito l’aria davanti a lui.

No, il mostro non poteva essere materialmente sopravvissuto a un simile attacco, non dopo quello che aveva appena passato…Ma la prudenza non era mai troppa. Il mercenario unì gli indici per preparare una scarica combinata. Il colpo di…

Ridendo, assolutamente inattaccato, N’Astirh esplose attraverso il fumo pirotecnico! Fu troppo veloce, e senza alcun problema arrivò ad afferrare Hobgoblin per la gola con una zampa! “Umano, stai cercando di ammazzare uno studente di Belasco! Credimi, è un insegnante che permette solo ai forti di sopravvivere!”

La presa era ferrea, e subito il mercenario stava vedendo le stelle negli occhi. Strinse una mano carica di energia intorno al polso metallico, diede massima carica, ma era inutile!

N’Astirh sorrise, portando il muso di fronte alla maschera. “La prima volta che ci incontrammo, uomo, eri poco più di un vermiciattolo strisciante. Ricordi? Mi offristi la tua inutile anima per un po’ di potere…E ti feci un favore non da poco, mi sembra: ti diedi il potere senza chiederti nulla in cambio.”

Hobgoblin trovò la forza di digrignare i denti. “Mi…trasformasti…in un mostro..!” Senza contare lo stato di follia che ne era derivato…No, decisamente non fu un ‘favore’…

Il sorriso demoniaco si accentuò. “Un po’ di sano divertimento, Macendale. Insisto: avrei potuto ucciderti per il solo gusto di farlo, ma mi avevi divertito…Vuoi divertirmi ancora?”

La stretta si allentò. Il riflusso di sangue fu tanto violento che a Hobgoblin venne un mal di testa. Tossì più volte, prima di dire, “Cosa…ti passa per la…”

“Semplice: sei tosto, adesso. Il coraggio non ti manca, e sei potente abbastanza per servirmi. Un luogotenente umano come te mi farebbe comodo.” Indicò i Supernaturals impegnati nella lotta. “Uccidili. Prendili alle spalle, ed avrai gioco facile; è la tua tattica preferita, in fondo. Provami la tua lealtà con il loro sangue, e questa volta avrai il potere che hai sempre cercato: posso permettermi di essere generoso, con i miei fedeli alleati. Morti loro, toglierti il Caduceo sarà una sciocchezza”

Hobgoblin sobbalzò: N’Astirh gli stava offrendo praticamente la libertà. Certo, avrebbe dovuto obbedire ad un nuovo padrone…ma, in fondo, lui era un mercenario. Cambiava solo il datore di lavoro…

D’altronde, aveva scelta? Se anche avesse deciso di tentare un contrattacco adesso, l’iniziativa era perduta: sarebbe stato fermato ed ucciso in un colpo solo!

Puntò le dita. Nebulon era troppo occupato per degnarsi di lui –quel buffone cosmico sarebbe stato il primo, a fare la fine che meritava…

Dicono che, ad un passo dalla morte, tutta la vita ti scorra davanti agli occhi. In un istante, con una chiarezza cinematografica, si vede tutto, fin dal primo vagito…E’ in simili occasioni, che anche il più nero dei cuori mortali è capace di trovare la sola scintilla di luce capace di renderlo degno della luce in fondo al tunnel.

Nel caso di Jason Philip Macendale, una sola immagine, un solo ricordo, bastò a farlo esitare.

Suo figlio! Suo figlio, James Philip, forse l’unico essere al mondo che avesse proclamato un sincero affetto per lui –non come quella vigliacca di sua moglie, che lo aveva abbandonato…

Nei suoi ricordi, aveva cercato di…uccidere suo figlio? Era davvero arrivato al punto di tentare una simile porcata?

Le mani tremarono. Perché stava pensando a suo figlio proprio ora? Una volta avuto il potere, suo figlio sarebbe stato…

…al sicuro?

Il suo occhio destro, ora una protesi cibernetica capace di conferirgli una visione degna di un’aquila, si spostò da Nebulon al suolo, dove l’umanità si era ridotta ad un calderone di folli, comatosi, catatonici, assassini…

Suo figlio era lì in mezzo. Non era al sicuro.

Non lo sarebbe mai stato!

 

N’Astirh capì che la sua presa sull’umano era venuta meno nel momento in cui la sua determinazione aveva vacillato –peccato, voleva dire che lo avrebbe usato comunque…una volta possedutolo.

Il demone sollevò il braccio. La sua era la velocità di una macchina perfetta, e Hobgoblin era solo…

Il colpo fu fermato dal pugno della sua ‘vittima’! “Cosa..?”

Il ghigno di Hobgoblin era terribile, il suo respiro ansante per l’ira. “Indovina un po’, tecnofesso: non sono neppure del tutto umano, adesso!” Un velocissimo pugno del braccio partì all’indirizzo del muso di N’Astirh, facendolo vacillare. Un altro, questa volta carico di energia, seguì, ed un altro ancora –presto, una vera tempesta di colpi infierì sul demone.

In risposta, N’Astirh iniziò a cambiare forma. Divenne piatto come un lenzuolo, ed avvolse il mercenario. “Miserabile! La tua resistenza sarà ammirevole, ma ora mi hai stancato! Ti schiaccerò…Uh?”

Il bozzolo si era già avvolto intorno a Hobgoblin, quando successe l’impensabile. Archi di energia percorsero la superficie di N’Astirh. Il senso di trionfo si trasformò in un momento in un puro dolore! La forma del demone si increspò, si agitò, come a volersi staccare, ma avrebbe potuto essere fissata ad una calamita, per quello che servì.

Se N’Astirh ebbe da dire qualcosa, la sua voce si perse nell’esplosione finale che, per un momento, illuminò il cielo di Manhattan!

 

La battaglia nel cielo cessò altrettanto bruscamente. Anche nelle strade, per qualche istante, si fece il silenzio.

I Supernaturals avevano gli occhi sgranati dalla sorpresa, dimentichi dei loro avversari.

Per conto loro, i demoni non ne approfittarono, anzi! Avevano visto un loro signore cadere, e non sarebbero rimasti a condividerne il fato!

Laceri, contusi, feriti, i Supernaturals volanti atterrarono sul tetto dell’edificio per riunirsi ai loro camerati non meglio conciati.

“Una sola parola, Moonhunter, e ti...” Ma l’avvertimento di Dreadknight non fu necessario: l’attenzione del cacciatore di licantropi, come degli altri, era concentrata sulla figura di Hobgoblin. L’uomo era prostrato, visibilmente sfinito, coperto di una specie di cenere dai riflessi metallici...ma era vivo. Mestamente, il suo aliante si diresse verso l’edificio.

“Era abbastanza semplice, in fondo,” disse Macendale, la testa china. “Gli impianti che mi hanno reso un cyborg servono, fra le altre cose, a sifonare energia. La Sterling mi aveva avvisato: in virtù della magia che mi mantiene in vita, avrei potuto anche sifonare energie arcane...ed è quello che ho fatto.”

Gli altri tacevano. Il cielo e le strade erano tornate ad essere la tristemente familiare cacofonia.

Hobgoblin si spazzò il costume dalla cenere metallica. “In qualche modo, il frammento del Caduceo che porto in me ha interagito con quell’energia, creando come uno scudo: ho tentato il tutto per tutto, a quel punto. Ho svuotato la sacca di tutte le mie bombe. E senza le sue energie arcane, il corpo di N’Astirh...” non aveva bisogno di aggiungere altro. La spiegazione che aveva dato poteva essere la verità, come poteva essere qualunque altra cosa –non gli importava. Credeva che fosse così, e tanto gli bastava. Che ci pensasse il cervellone alieno, a un’altra...

Hobgoblin si incamminò verso uno degli ascensori. “Scusate, ma credo di volere restare solo. Solo per un po’...”

“Jason...” fece Moonhunter. Per una volta, non aveva in mente alcuna spiritosaggine. Voleva solo congratularsi con lui, sinceramente, per il... “Per il Grande Spirito..!”

In tutto quel tempo, il mercenario aveva tenuto la testa china, il volto nascosto dal cappuccio. Alla chiamata di Moonhunter, aveva voltato la testa, mostrando il suo volto demoniaco.

Il gruppo si irrigidì, fra gli stupiti, i nauseati, e chi lo comprendeva –per una volta nella sua vita, un pluriomicida senza scrupoli aveva rischiato la vita, senza alcun intento egoista. E la dannazione eterna, il risultato del contatto con la magia di N’Astirh, era stata il prezzo da pagare...

 



[1] Power Pack #3

[2] Captain America Man and Wolf saga



[i] Power Pack #2

[ii] GIXM #6

[iii] KT7 #1

[iv] vedi infatti ‘Teomachia’ su THOR

[v] UOMO RAGNO DELUXE #34

[vi] QUASAR #29 e RANGERS #8

[vii] Tutto questo su VENDICATORI DELLA COSTA OVEST Mita

[viii] vedi LA TOMBA DI DRACULA

[ix] e potrebbero anche rilassarsi, se si leggessero KNIGHTS TEAM 7

[x] Ep. precedente

[xi] La vecchia formazione MUSA, s’intende J

[xii] Ep. #1

[xiii] Ep. #4

[xiv] TOMBA DI DRACULA #7-8

[xv] Ep. #8

[xvi] Come visto in TOMBA DI DRACULA #9

[xvii] Ep. #7

[xviii] UOMO RAGNO #100 Star

[xix] Ep. #6

[xx] Ep. #8

[xxi] LA TOMBA DI DRACULA #11

[xxii] La donna, infatti, si trova correntemente su Altro Regno, nei panni del nuovo Seminatore di Morte, in KNIGHTS TEAM 7

[xxiii] VENDICATORI DEI GRANDI LAGHI #5